Guidare una nave, salvare migranti e portarli nel più vicino porto sicuro è cosa che rientra nelle normative di diritto internazionale.
Riporto testualmente le parole di Francesca De Vittor, docente di Diritto Internazionale e Diritti dell’Uomo alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica:
La comandante della nave Sea Watch 3, Carola Rakete (…) non ha fatto altro che rispettare un obbligo imposto dal diritto internazionale e dalle leggi sia italiane sia del suo Stato di bandiera. Ciò che in tutta questa vicenda appare invece manifestamente illegittimo, sia dal punto di vista del diritto costituzionale italiano sia del diritto internazionale è proprio il Decreto Sicurezza bis. L’obbligo di soccorso in mare è previsto sia dal diritto internazionale consuetudinario, sia dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e dalla Convenzione di Amburgo sulla ricerca e il soccorso in mare (entrambe ratificate dall’Italia e che nel nostro ordinamento hanno valore di legge, anzi superiore alla legge per l’art.117 della Costituzione). Per previsione espressa di quest’ultima Convenzione, il soccorso si conclude solo con lo sbarco delle persone in un porto sicuro, che è un porto in cui la loro vita non è più in pericolo e i diritti umani fondamentali sono loro garantiti.
(AgenSIR – Agenzia di informazione, 28 giugno 2019)
I diritti dell’uomo equivalgono ad altrettanti doveri. Le regole sul diritto umanitario non sono altro che il desiderio di stabilire degli universali e di mettere per scritto delle normative di base, accettate da tutti i Paesi che si dicono civili.
Possiamo dire che non sarebbe neppure necessaria una normativa di diritto internazionale, in quanto i princìpi di base sono profondamente insiti nell’essere umano, essendo già presenti alla nascita.
I bambini, anche molto piccoli, manifestano le emozioni, possiedono e padroneggiano l’empatia. L’educazione morale e civica non fa altro che ribadire e spiegare cose che sono già in ogni essere umano.
La mancanza di educazione crea danni, indiscutibilmente. L’ignoranza di princìpi, di valori, di progressi della scienza, la mancanza di conoscenza della Costituzione, l’assenza di esempio positivo delle figure adulte hanno generato distorsioni e aberrazioni della reazione comportamentale agli eventi.
La classe politica che ci governa, rappresentandoci, non possiede in genere una cultura di base che sarebbe doverosa per il ruolo che ricopre e la funzione che svolge.
L’istigazione all’odio, la mancanza di empatia, di umanità, l’assenza di esempio di civiltà hanno portato a una situazione di mancanza dei “diritti umani fondamentali”, che oggi evidentemente non sono garantiti nel nostro territorio.
Erroneamente, dunque, l’Italia è stata considerata un “porto sicuro”; si è visto, infatti, il livello di civiltà espresso dalle frasi pronunciate da alcune persone al momento dello sbarco della Sea Watch sul territorio italiano.
La nostra terra, culla di civiltà, oggi non è un Paese civile. Anche se ci sono tantissime persone civili, come Paese e a livello istituzionale noi non lo siamo più.
Faccio appello a tutte le persone che sentono violati i diritti dell’uomo, e quindi anche i propri, a che si affrettino a far sentire la propria voce, soprattutto verso i giovani, attraverso tutti i canali civili di espressione, utilizzando le armi della conoscenza, della cultura e del rispetto.
Voglio vivere in un Paese nel quale i giovani vedano che ci sono dei modelli positivi, di civiltà, che esistono e che hanno la forza di affermare i princìpi universali della Civiltà.