Dal palco allo studio, dal live alla registrazione. El Tango nasce all’indomani dei concerti del duo: come mai avete deciso di passare in sala d’incisione?
Il disco è stato concepito come un prosieguo ideale del repertorio del duo (in precedenza dedito principalmente alla diffusione del repertorio sudamericano). Il Tango, come genere musicale, nacque con flauto e chitarra nell’Argentina di inizio ‘900. Per noi tutto ebbe inizio con Histoire du Tango, tra i capolavori di Astor Piazzolla. L’ultimo movimento, concert d’aujourd’hui, rappresenta le tendenze moderniste del tango europeo. Qui comincia il nostro percorso, riscoprendo composizioni mai o raramente incise, inseguendo non solo una solidità tecnico-performativa, bensì la lettura “duale” delle partiture canoniche.
L’elemento centrale del progetto è una vera e propria sfida: dare spazio a composizioni – di cui quattro in prima internazionale – di autori contemporanei come Amici, Santucci, Di Marino e altri. Rispetto al tango classico oppure alle reinvenzioni tra jazz ed elettronica nel vostro caso ha senso parlare di “tango d’autore”?
Tutti i compositori, accettando il nostro invito a scrivere per Opus Ludere, hanno detto, in modi diversi: “ho una visione del tango tutta mia, siete pronti a percorrerla insieme?”. Questa polifonia compositiva è sfociata in ciò che noi amiamo chiamare “eufonia creativa”.
In questa avventura nella quale viene prediletto l’ascolto rispetto alla fisicità dalla danza, quanto è importante la vostra provenienza eurocolta?
La storia rimarca icasticamente che il Tango nasce in Argentina. Esso, però, rappresenta un pot pourrì stilistico all’interno nel quale furono gli immigrati europei (in particolare, permetteteci di affermarlo con orgoglio, del Sud Italia) a suggerire l’utilizzo di stilemi esecutivi tipici del vecchio continente. Lo stesso Piazzolla è da considerarsi un innovatore del genere, in grado di sublimare l’unione di due mondi contrastanti. L’impostazione classica di Domenico, il flautista, frutto di innumerevoli esperienze orchestrali e cameristiche, ha aiutato a interpretare partiture il più delle volte complesse e articolate. L’interesse per i linguaggi contemporanei, coadiuvato da una provenienza musicale border line del chitarrista, Davide, ha reso evidenti gli elementi extra-colti del repertorio.
Nel disco compare anche una sonata per flauto e chitarra: in cosa si differenzia dagli altri brani?
La Sonata di Di Marino fa parte di una raccolta di composizioni definite dall’autore A Touch of Tango. Siamo rimasti colpiti dal virtuosismo strumentale, mai fine a se stesso e dall’eterogeneità dei movimenti, all’interno della classica disposizione di Allegro-Adagio-Allegro, che richiama stili e periodi passati ma non finiti. Per ciò che concerne le altre composizioni incluse in El Tango, esse, anche quando concepite in un unico tempo, presentano elementi musicali sempre nuovi, movimenti contrastanti, “dialetti” frizzanti e variegati. L’estro imprevedibile del multiforme ingegno di Joe Schittino, i sognanti metasignificati del Maestro Amici, la voluttuosa carnalità “dell’usignolo” Francesco Santucci. Ciascuno a suo modo parte di un unicum discografico, Uno, nessuno e centomila volti di un genere che, parallelamente al duo, è in continua evoluzione.
El tango il brano di Andrea Amici, che dà anche il titolo all’album è stato composto per voi: nell’affidarvelo e dedicarvelo quali elementi ha valorizzato dalla vostra fisionomia artistica?
Andrea Amici è un compositore che conosciamo ormai da diversi anni e con il quale abbiamo collaborato più volte, avendo suonato sue musiche originali e suoi arrangiamenti in vari ensemble sotto la sua direzione. Il brano che ha scritto per noi è particolarmente “tagliato” sulle nostre peculiarità tecniche, proprio grazie alla nostra reciproca conoscenza, ma anche perché sia noi come strumentisti che lui come compositore crediamo fortemente nel rapporto di mutuo scambio e di arricchimento che si ottiene quando chi scrive lo fa a stretto contatto con i destinatari del brano, in un clima di serena collaborazione e di proficuo scambio di idee.
Inoltre, la sua continua ricerca di stimoli extramusicali e letterari, che in questo caso lo ha spinto ad accostare la scrittura musicale ai versi del grande poeta argentino Borges, ci ha portato al cuore delle origini “polverose” e oscure del tango, che non è solo una danza ma un simbolo dell’unica memoria che rimane del tempo che travolge tutto. Queste idee sono vive nelle note di El Tango e in questo senso la convergenza fra tecnica e senso extramusicale ha significato un valore aggiunto che alla fine ci ha anche convinto a dare questo titolo all’intero progetto discografico.