‘Mindfullness’ significa portare attenzione al momento presente in modo curioso e non giudicante.

(Kabat-Zinn, 1994)

Ultimamente, si parla in maniera diffusa di Mindfullness, non solo in ambito psicologico. Il termine è diventato l’argomento preferito di dibattiti, conferenze, seminari, percorsi di crescita personale, corsi di aggiornamento e ha cominciato a interessare anche l’ambiente medico-scientifico. Proprio per fare un po’ di chiarezza in merito, ho pensato di riportare i risultati di studi da me personalmente condotti, affiancandoli con alcune considerazioni importanti.

Cominciamo con l’affermare che la Mindfullness è un processo che coltiva la capacità di portare attenzione al momento presente, consapevolezza e accettazione del momento attuale. Secondo tale definizione, lo scopo del praticarla è quello di eliminare la sofferenza inutile, coltivando una comprensione e accettazione profonda di qualunque cosa accada attraverso un lavoro attivo con i propri stati mentali. Secondo la tradizione originaria, essa permetterebbe di passare da uno stato di disequilibrio e sofferenza a uno di maggiore percezione soggettiva di benessere, grazie a una conoscenza profonda degli stati e dei processi mentali.

Le origini di ricerca della Mindfullness non possono essere riconducibili a un periodo preciso, in quanto sono rintracciabili, seppur con nomi diversi, tra la Grecia e la Cina, in un periodo compreso tra 2800 e 2200 anni fa. Probabilmente, la pratica meditativa buddista e la sua dottrina costituiscono la tradizione che più rispecchia il tema della consapevolezza. Infatti, gli insegnamenti di Buddha ci indicano quei fattori mentali che permettono all’individuo di cogliere l’essenza e la natura di ciascuna esperienza: l’aspirazione, la fiducia, l’attenzione, la discriminazione e, ovviamente, la consapevolezza. Anche originariamente Mindfullness traduce il termine sanscrito “sati”, difficilmente traducibile con una sola parola. Sati, secondo i buddhisti, è una facoltà da coltivare come percorso per arrivare alla riduzione delle sofferenze umane, considerate collegate a un’errata percezione di un io individuale permanente. Il superare questa illusione consentirebbe di raggiungere un equilibrio emozionale e un benessere psicologico duraturi. “Per raggiungere questo obiettivo, il buddhismo consiglia di non cercare un cambiamento esterno, ma un cambiamento dell’individuo stesso sia a livello cognitivo che emotivo, per correggere quegli errori che la mente umana commette di frequente quando non sia stata allenata e disciplinata” (Gethin, 2001).

Dall’Oriente, la Mindfullness viene colta e protocollata in percorsi ben definiti da Kabat Zin, un biologo che si era stancato di stare nel suo laboratorio e che ha cominciato a incuriosirsi degli effetti positivi di questa pratica. Il primo protocollo Mindfullness nasce per la riduzione dello stress. Da allora in poi sono nati diversi protocolli, dedicati, oltre allo stress, ad altre problematiche, ad esempio, quella alimentare (mindful eating).

Tornando alla Mindfullness come pratica meditativa, essa si basa su 7 principi, utili per approcciarsi non solo alla meditazione Mindfullness, ma anche alla vita, con un atteggiamento e un’apertura mentale che aiutano a sviluppare la nostra innata capacità ad accettare le cose così come sono. Questi principi sono:

  1. Non giudizio: la nostra mente, nel momento in cui produce un pensiero, emette un giudizio e, nella maggior parte dei casi, finisce con l’appesantirci. La Mindfullness può essere utile nel prendere consapevolezza della nostra tendenza a giudicare e a imparare, a osservare semplicemente, questa nostra attitudine.
  2. Pazienza: quando viviamo un momento difficile, desideriamo che le cose possano risolversi subito, oppure, quando stiamo per imparare qualcosa, siamo impazienti perché vogliamo apprendere tutto e subito, abbiamo l’ansia del risultato. A dire il vero, siamo tutti dotati della capacità di apprendimento e di adattamento, pertanto, basterebbe, con un po’ di pazienza, lasciare che il corpo e la mente si adoperino da soli per raggiungere questi obiettivi. E la pazienza è la principale forma di saggezza, essa è la virtù dei forti. Certamente, non è facile da mettere in pratica, tuttavia si può riuscire tranquillamente a conquistarla proprio con la mindfulness;
  3. Mente del principiante: ciò significa avere la stessa spontaneità dei bambini nel vivere ogni giorno come se fosse sempre un qualcosa di nuovo da scoprire e apprendere;
  4. Fiducia: significa aver fede del fatto che cambierò, che apprenderò cose nuove, che raggiungerò i miei obiettivi, che ci riuscirò sicuramente perché la vita mi ama e l’universo mi assiste;
  5. Assenza di ricerca del risultato: andando disperatamente dietro al risultato del mio obiettivo, distoglierò la mia mente da altri aspetti interessanti della mia vita, mentre, concentrandomi su questi, raggiungerò la pace interiore;
  6. Accettazione: significa accettare la situazione così com’è, senza cercare il risultato. Infatti, l’accettazione porta al raggiungimento dell’obiettivo e dà origine a un grande senso di liberazione;
  7. Lasciar andare: come precedentemente spiegato, una volta che avremo accettato che le nostre esperienze, emozioni, sensazioni e situazioni siano così come sono, ossia come esperienze del presente, allora lasceremo andare tutto più facilmente e ci sentiremo più rilassati e leggeri.

A questo punto, ritengo sia utile dare alcuni consigli sui modi che esistono per praticare la meditazione Mindfullness, che, in poche parole, significa allenare la nostra mente a sostare nel qui e ora. Essi sono principalmente due:

  1. la pratica formale, che richiede un impegno costante in quanto si tratta di meditare minimo una volta al giorno. L’oggetto della meditazione potrebbe essere il respiro, per far sì che essa abbia maggior risultato oppure qualsiasi altro oggetto da voi preferito. La pratica consiste semplicemente nel rimanere concentrati sull’oggetto scelto per circa 20 minuti;
  2. la pratica informale, che, al contrario della precedente che richiede un impegno costante e fisso, si può praticare in qualsiasi momento della giornata e in qualsiasi situazione. Per esempio, mentre mangi, puoi concentrarti sui sapori di ciò che mangi, oppure, quando sei immerso nella natura, puoi concentrarti sulle sensazioni visive e uditive che quella scena ti suscita.

Una volta che avrai fatto abbastanza pratica da rimanere concentrato nel qui e ora, quando i vari pensieri sopraggiungeranno nel tentativo di distrarre la tua mente e, di conseguenza, di far prevalere l’ego, sarai perfettamente in grado di mantenere la calma e riportare la tua concentrazione sul respiro o sull’oggetto che avrai scelto per fare allenamento mentale.

Per finire, ti avviso circa eventuali fraintendimenti che possono insorgere spontanei quando ci si accinge a studiare questa nuova e interessante pratica. Infatti, essa non è una tecnica di rilassamento, per quanto si parli di meditazione. Infatti, l’obiettivo della Mindfullness non è il rilassamento, bensì una sensazione di benessere psico-fisico che non è necessariamente da collegare alla sensazione di relax che si ottiene con la meditazione. Si tratta piuttosto di liberare la mente da eventuali detriti del passato che la offuscano e che le impediscono di concentrarsi sullo stato attuale delle cose. Tuttavia, attenzione, qui si può generare un altro fraintendimento, in quanto la Mindfullness potrebbe risultare come la soluzione ideale per vivere serenamente senza pensieri. In realtà, non si tratta di svuotare letteralmente la mente dai pensieri, bensì di accettarli e lentamente lasciarli andare per sostituirli con pensieri nuovi e positivi che ci riportano al presente.

Bene, ora non ti rimane che passare alla pratica!

Chiunque plachi i pensieri incessanti, come la pioggia fa con una nube di polvere, con la consapevolezza che deriva dal pensiero placato, raggiunge qui e ora la dimora della pace.

(Itivuttaka)