Ho conosciuto l’antropologa Laura Marchetti al Convegno Internazionale sulla Fiaba intitolato La fiaba cifra dell’identità Europea svoltosi a Roma il 15 maggio 2019 su iniziativa della Regione Puglia e dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani. La Marchetti è stata la principale organizzatrice dell’evento nel quale è riuscita a coinvolgere i più autorevoli intellettuali del panorama culturale italiano esperti sul tema della Fiaba.
Laura Marchetti insegna Didattica delle Culture presso l’Università di Foggia ed è autrice di numerosi volumi, monografie e saggi su molteplici temi quali la Fiaba, l’Ambiente e la Femminilità. Inoltre, si occupa da anni di politica perseguendo ideologie pacifiste ed ecologiste, antinucleari e antimilitariste, impegnandosi particolarmente nella difesa dell’Ambiente e della Donna.
Nei suoi originali studi sui Fratelli Grimm (pubblicati in La Fiaba, la Natura, la Matria, Ed. Il Melangolo) ha evidenziato i valori politici della Fiaba e la natura sia maschile che femminile della parola ‘patria’. In tedesco essa compare, infatti, sotto le voci ‘Vaterland’ (terra del padre e dei patrimoni) e ‘Heimat’, tradotta con il neologismo ‘Matria’. Ma è davvero interessante il risvolto politico che la Marchetti attribuisce a questa parola, per cui è “possibile un’alternativa alla “Patria” legata a un modello di Pater patriarca e padrone e, soprattutto, proprietario di patrimoni (diritti e beni) per secoli lasciati in eredità solo al figlio maschio”.
Secondo l’accezione femminile, invece, si “potrebbe configurare come “Matria”, ossia una terra di madri e padri/madri, terra natale comune, destino comune, dal cui abbraccio nessuno può essere escluso”.
Del resto, nel suo intervento al Convegno ha spiegato che “le Fiabe sono scritte da adulti per adulti, anche se spesso i personaggi che le abitano sono bambini. Esse scaturiscono dal popolo, sono quella parte di storia scritta dalla gente comune, dagli sconfitti, dai deboli e dai diseredati, che esula da una narrazione storicistica che ha finito per tramandare solo la storia dei vincitori”.
Peraltro, le Fiabe, diversamente dalle Favole, sono assolutamente prive di morale, sono storie narrate fin dalla notte dei tempi in tutto il Mondo dalle quali emergono principi ormai dimenticati. Rappresentano il patrimonio poetico e immaginario del popolo travolto dalla storia che avanza e che trova comunque strade alternative dove giunge sempre l’aiuto di tutta la comunità.
In questa Poesia popolare che è la Fiaba, la Marchetti ritrova dei valori comuni. “Il primo sarebbe la Gentilezza, un atteggiamento dimenticato dai contemporanei. Chi si occupa di Fiaba deve essere per forza gentile. Hannah Arendt fa risalire l’etimologia della parola “politica” non alla “polis” – il luogo fortificato, militare, dell’aggressione – ma proprio alla parola “polites”, Gentilezza, intesa come cortesia, amicizia ed anche come scambio”. Il valore della Gentilezza è rimarcato anche da un grande frequentatore di Fiabe, Walter Benjiamin. “Nel libro dal titolo ironico Uomini Tedeschi, egli espone la storia segreta della Germania, da Kant a Brentano a tutti i filosofi romantici, passando per i fratelli Grimm come punto fondamentale rilevando come siano tutti accomunati dal Valore di una Gentilezza colta, fatta di garbo, attenzione per le vite fragili e soprattutto per il valore della Fratellanza”.
I Fratelli Grimm sono l’esempio del valore della Fratellanza intanto perché l’hanno praticata tutta la vita soccorrendosi vicendevolmente proprio come accade ai protagonisti delle Fiabe, Fratellino e Sorellina, Hansel e Gretel, I tre Fratelli. In secondo luogo perché: “Nelle Fiabe, i fratelli si aiutano, ma il valore della Fratellanza è ancora più ampio perché abbraccia la terra intera. L’aiuto arriva sempre perché la Natura è una comunità di mutuo soccorso che partecipa alla vicenda dell’eroe, dal bosco, agli animali, alle pietre, agli uomini stessi. Come aveva ben intuito Antonio Gramsci, c’è una Fratellanza umana che si ristabilisce, in cui nessuno si salva mai da solo”.
Dalla Fiaba emerge anche un altro importante valore, quello dell’Uguaglianza. Si tratta, secondo Laura Marchetti, di “un’Uguaglianza profonda, ontologica: infatti, il Re e la Regina hanno lo stesso statuto dell’Oste e dell’Ostessa, del Contadino, del Pescatore e perfino di quello che i Grimm chiamano ‘Popolo Piccino’, fatto di nani, di marginali, di gente che sembra apparentemente idiota ma che, nella disabilità e nella apparente idiozia, può risolvere la situazione difficile”.
Inoltre, secondo la nostra Antropologa, la Fiaba è costitutiva dell’Uguaglianza perché supera uno dei pregiudizi più gravi della nostra cultura occidentale: l’orrore per i bambini. La parola bambino, infatti, deriva da “bambo” – una forma arcaica che sta per “babbeo”, “sciocco” – oppure dal greco “βαμβαινω” (“bambaino” = “balbettare”), quindi, il bambino è un ‘balbuziente’. “Insomma, per il mondo adulto reale si tratta di uno scimunito balbuziente, mentre nella Fiaba egli è protagonista e mette in moto quell’intelligenza etologica che gli adulti hanno perso. I bambini sono cooperativi, come le Donne”.
Le Donne, poi, sono protagoniste nella struttura tragica della Fiaba in quanto essa ha l’obiettivo di mettere insieme gli opposti. L’eroe può essere indifferentemente uomo o donna, ma “la Donna in più ha una risonanza con Madre Natura ed è, inoltre, narratrice. Le Fiabe, infatti, hanno una duplice origine: una proviene dal mare, dai canti dei marinai che alla fine della giornata raccontavano Fiabe, l’altra nasce da Donne analfabete che, di bocca in bocca, si tramandavano le storie accanto a un focolare, a un telaio… Le Donne che tessono, che tramano, possiedono un sapere segreto, oscurato dal sapere ufficiale del Patriarcato degli uomini, ma che ritorna sotterraneamente attraverso questa filosofia del filatoio, delle cucine, delle tessitrici”.
L’uguaglianza ontologica tra l’Uomo e la Natura è la proposta epistemologica più avanzata che fornisce la Fiaba. Poiché l’uomo costituisce la parte intelligente della Natura e con essa stabilisce un rapporto di solidarietà cosmo-biologica. Infatti, sottolinea la Marchetti, “questo è evidente perché nella Fiaba tutti parlano. Possono testimoniare il Re, la Regina, il Sole, la Luna, l’Albero, il Gatto, la Farfalla. Il mondo è pervaso da un grande animismo che è più potente di tutte le nostre leggi ambientali, perché se dentro un albero c’è uno Gnomo e nella sorgente una Ninfa, si è portati a riflettere un po’ prima di distruggerli. Inoltre, in questa uguaglianza di Esseri, è presente una possibilità di Metamorfosi di uno nell’altro. La fanciulla può essere trasformata in Pianta, in animale, in pietra, l’eroe può vivere la sua vita e tante possibili altre vite, come in una catena che può essere rappresentata dalla grande danza di Shiva”.
Nelle Fiabe dei fratelli Grimm è evidente anche un altro valore sancito dalla nostra Costituzione, quello della Felicità, tanto nella loro vite personali, quanto nel percorso dell’eroe: per superare le difficoltà della vita è importante possedere solide basi che affondano le loro radici nell’abbraccio dell’infanzia e nella comunità familiare allargata che agisce nella Fiaba.
Un altro importante valore che ci trasmette la Fiaba è quello della Libertà. “Nella Fiaba è un concetto complesso, si tratta di una Libertà contrattata. L’eroe, esattamente come nel Mito, si scontra con il destino che pone un limite alla sua Hybris, cioè alla sua ‘prevaricazione’ o ‘eccesso’. Egli ha la tragicità di tendere verso il suo desiderio, ma è consapevole che ci sono cose più grandi che frenano il desiderio e che, se dovesse eccedere, gli infliggeranno una punizione. Egli deve rispettare una Libertà più ampia, quella dei popoli e delle comunità. Nel contempo, i Beni comuni, come il Bosco e l’Acqua, sono accessibili a tutti perché tutto il popolo è legato alla terra, alla lingua della terra, alle radici, al profumo delle erbe. La Fiaba non è mai personale, ma è sempre di una comunità che si è scelta un ‘recinto protettivo’ in cui ha fondato la propria strana sovranità” sottolinea ancora la Marchetti.
Insomma, la Matria è un recinto protettivo che non rappresenta un ostacolo per chi è fuori, ma protegge chi è dentro lasciando delle aperture in modo che possano approdare al suo interno tante diversità. Il radicamento alla propria terra significa anche aprirsi alla possibilità di accogliere lo straniero.
La struttura stessa della Fiaba, come afferma Propp, presuppone un’esperienza di Viaggio. “La crescita dell’eroe, che si chiami Ulisse, Cenerentola o Pollicino, si verifica a valle di un percorso, di un viaggio iniziatico e conoscitivo di se stessi, degli uomini e della Natura che lo circonda. La civiltà stessa non può che crescere attraverso la Fiaba perché è proprio il diverso che, donandoci l’esperienza di un altro mondo, ci arricchisce. Anzi possiamo sostenere che la Fiaba stessa non sarebbe potuta esistere con i confini e che l’emigrazione non è un fatto di polizia, ma è la possibilità stessa di costituire la Poesia popolare”.
Secondo il pensiero di Walter Benjamin, l’uomo moderno è come un Angelo Malinconico che attraversa il suo tempo accompagnato da un’ombra che incombe su di lui. Egli va inesorabilmente verso il progresso con le ali distese, “porta notizie di una integrità e felicità originale del genere umano infranta dallo scorrere del tempo e dall’avvenimento del ‘progresso’. Una tempesta è infatti il progresso, un vento distruttivo che travolge e cancella persone, popoli, lingue, memorie, culture e l’angelo stesso che vi vola dentro, sospinto suo malgrado in avanti ma con lo sguardo rivolto al passato, bloccato dall’orrore per quel massacro, per quelle macerie che non possono salire verso il cielo”.
Tutto questo si presenta come un’ombra oscura che lo trascina in uno stato di crescente malinconia per una “insanabile lacerazione, una sempre più radicale perdita di senso, un decadimento dell'umano e della storia”. Da questo stato affiora però la voglia di dare un senso alla vita e la tensione emotiva volta a trovare indicazioni per il futuro. “Ed è proprio la Fiaba che ci fornisce dei Valori positivi, nonostante la sua logica di chiaroscuro e di assenza di una morale, realizzando alcuni stili di vita individuali e collettivi che possono aprire nuovi orizzonti”.