Non è possibile trascurare il ribollire negli alambicchi. Ci si affaccia di continuo per controllare le reazioni chimiche. Giancarlo Cauteruccio mentre fa una cosa ne avvia sempre un’altra perché si sente in un laboratorio scientifico e non può lasciare le sue provette. I cento anni della Bauhaus, Carlo Maria Cipolla e Leonardo da Vinci sono, in disordine cronologico, le ultime provette del regista, scenografo, architetto, attore e docente, calabrese di nascita e fiorentino di scelta.
1919 Germania, 2019 Firenze. La sesta edizione del Chiostro delle Geometrie, laboratorio sperimentale di teatro architettura, lo ha dedicato alla Bauhaus.
La Bauhaus, creata con l’intento di mettere in scena le diverse discipline dell’arte, è stata per me la prima grande fonte d’ispirazione tant’è che quando nell’82 fondai Kripton lo chiamai “gruppo di ricerca multimedia” e la parola multimedia ancora non esisteva.
Io devo molto, forse tutto, alla Bauhaus, in particolare a Oskar Schlemmer che, per primo, capì che il teatro, l’architettura, le arti, potevano creare un’opera nuova che rispondesse alla nascita di un secolo nuovo e ne interpretasse le necessità. All’inizio del Novecento fu determinante il transito dalla cultura agricola a una cultura industriale, quindi il rapporto tra uomo e macchina doveva essere affrontato, sviluppato, sfruttato. Schlemmer dichiarò che l’uomo, quindi il creatore, deve stare chiuso nella cabina di regia per manovrare la festa degli occhi.
Quello che fa il maestro Cauteruccio quando non recita: manovra…
Schlemmer aveva capito che la figura dell’artista, del regista, non era più quella del capo-comico che inventa, ma poi si mette in scena. No, il manipolatore non si vede e muove quella macchina che dal Seicento è il teatro. Quando parlo agli studenti delle università ripercorro il mio percorso e mi rendo conto che tutte le opere che ho realizzato hanno sempre in comune l’intersecazione dei linguaggi e allora quest’anno per il centenario della sua nascita non potevo che dedicare alla Bauhaus, l’edizione del Chiostro delle Geometrie.
Senza intenti celebrativi, visto il titolo: Sommer Bauhaus.
Con leggerezza, un lavoro estivo. Non mi interessa la celebrazione, vorrei far arrivare agli allievi, al pubblico e ai giovani artisti la poetica di questa scuola che ha influenzato il Novecento e ancora oggi ci influenza: magari non ce ne accorgiamo, ma le sedie sulle quali siamo seduti adesso, durante l’intervista, provengono da quella intuizione del design.
Sono impegnato intensamente con gli studenti per preparare un’installazione dinamica, immersiva, con i materiali prodotti dalla Bauhaus, utilizzandoli come materia viva e spero che il pubblico possa calarsi anche nel movimento che ai tempi della scuola tedesca ancora non si poteva sviluppare dal punto di vista visivo. Tutto quello che avevano intuito i protagonisti della Bauhaus cerco di riproporlo per far capire ai ragazzi quanto sia importante avere dei punti di riferimento per trovare strade, visioni.
Anche come antidoto all’idiozia, no? Cambiamo provetta: Allegro, ma non troppo. Le regole fondamentali della stupidità umana di Carlo Maria Cipolla è ora un’opera lirica.
È stata commissionata dal Maggio Musicale Fiorentino a uno dei più giovani compositori italiani, Vittorio Montalti, per la passione che suscita questo libro, nato come divertimento da regalare agli amici per Natale, che appena uscì vendette 400mila copie ed è tradotto in tredici lingue.
Trovarsi di fronte al tema complesso della stupidità, parlarne, è molto impegnativo perché la stupidità è… diffusa, specialmente in alcuni ambienti.
Ho lavorato un anno insieme con il musicista e con l’autore del libretto Giuliano Compagno perché serviva un progetto a sei mani: non si poteva scrivere la musica senza avere l’idea della regia o senza capire il senso che può assumere un testo, riscritto per l’opera musicale, senza tradire l’originale, traendo tutto ciò che di scientifico, ironico, filosofico è contenuto in questo breve ma enorme scritto.
Ho tenuto conto dell’orrore determinato nel Novecento dalla stupidità “alta” e incontrollata: basti citare le due guerre mondiali, l’Olocausto. Mi sono convinto che gli elementi fondanti la condizione umana non sono solo l’intelligenza e la stupidità ma, come sostiene Cipolla, anche il banditismo e la sprovvedutezza perché proprio la relazione fra queste quattro categorie ci porta a definire la critica identità contemporanea. È sempre stato così, ma oggi in particolare, il balletto tra le condizioni è diventato vitale perché se l’intelligenza non avesse una buona dose di stupidità forse le grandi scoperte non sarebbero avvenute, la scienza non avrebbe raggiunto il livello che ha raggiunto, forse la politica non avrebbe provocato quello che sta provocando e tutti questi elementi sono entrati a far parte di una visione estetica che richiama in gioco la Bauhaus: in questa opera lirica tradizione e innovazione possono convivere, dialogare e anche confliggere. Lo spettacolo mette sapientemente insieme le regole della tradizione con le frantumazioni del contemporaneo, proprio a livello estetico.
C’entra la dimestichezza con il teatro di Beckett?
Sì, e quella legata agli importanti movimenti visivi contemporanei. Ma il paesaggio tecnologico che sempre di più confonde, si disperde nell’accumulazione dei segni, delle parole e della comunicazione ci fa toccare ormai un punto zero. Quest’opera credo abbia prodotto una diversa logica interpretativa del teatro musicale e mentre temevo di dovermi scontrare con il pubblico del Maggio Musicale Fiorentino che, come sappiamo, è molto selettivo, molto tradizionalista, ho avuto una rivelazione. Molte signore e signori, “quei” signori, sono venuti a complimentarsi. Io non mi nascondo mai nei camerini, sono sempre fuori a fumare, sia prima che dopo: mi piace confrontarmi, guardare i volti degli spettatori. La signora Cipolla, che con la figlia ha assistito a tutte le repliche, ogni volta mi ha detto: “A mio marito sarebbe piaciuto”. Avere queste due persone in platea è stato un sostegno, una presenza energetica. La famiglia Cipolla è molto legata a Firenze. Lui aveva insegnato all’Università europea e la signora, che è inglese, vive fra Firenze e Londra.
Cipolla scrisse la prima versione in inglese e quando l’autore viaggia in due lingue e si auto-traduce, come faceva Beckett, mette meglio a fuoco le parole, si confronta su due ritmi.
Ci sarà un proseguo per questa “Stupidità”?
L’esperienza è stata interessante e speriamo possa essere ripresa: c’è stata molta attenzione della critica, l’opera è stata accolta con grande positività però non è quello che mi interessa di più, mi interessa che questo lavoro abbia aperto territori d’indagine anche ai giovani che hanno assistito e collaborato: venti studenti dell’Accademia di Belle Arti che hanno seguito il workshop e sono andati in scena e ai quali ho spiegato che prima di proporsi agli altri bisogna diventare consapevoli del proprio corpo, per entrare nei panni dello spettatore. Quando noi proponiamo un’opera, la proponiamo ai corpi degli altri e se non conosciamo il nostro corpo, non riusciamo a farlo. Lo dico pure agli studenti di Architettura che devono conoscere il loro corpo prima di progettare per i corpi di altri. E questo è il senso del laboratorio del Chiostro delle Geometrie che svolge una funzione culturale. Quest’anno avremo Italo Rota, un esempio di architetto multidisciplinare che spazia dall’architettura al design, al teatro. La cosa importante sarà riuscire a proporre tutti gli aspetti della Bauhaus, con lavori sulla danza, sulla musica, sul teatro, sull’architettura.
Speriamo di costruire virtualmente il total theatre di Walter Gropius, mai realizzato, in un teatro storico qual è il Niccolini di Firenze.
Poi si fa sempre più urgente creare un laboratorio permanente a Firenze, che è portatrice di enormi insegnamenti, un laboratorio internazionale che faccia attività formativa per i giovani europei.
Organizzato da Cauteruccio?
Io sono già pronto! È il mio sogno. Lo faccio sempre, in maniera separata, cambiando di luogo. Al Goldoni, al Tenax, all’Accademia di Belle Arti di Perugia. Gli artisti che hanno raggiunto una certa età, come me, credo debbano impegnarsi davvero nel trasferimento di quei pochi saperi che hanno.
Il laboratorio dovrebbe considerare le possibilità dell’opera, del teatro di prosa (scrittura, spazio, tempo): la commedia di oggi sui palcoscenici italiani ha più a vedere con il linguaggio televisivo che con la magia dello spazio teatrale. Dobbiamo recuperare la percezione come valore perché ormai gli strumenti tecnologici l’hanno privata della sua aura. Ti passano davanti miliardi di informazioni, non scegli la qualità e questo è peccato.
La voce recitante nell’opera tratta da Cipolla è la sua, così inconfondibile, che il pubblico l’ha accolta con una sorta di benvenuto silente.
La voce off, per dirla alla Beckett. Montalti inserisce sempre una voce al di fuori del tracciato musicale e non sapevo come affrontare il fatto di chiamare un attore: sarebbe diventata una rappresentazione. Allora ho pensato che il regista era lì e potesse in qualche modo partecipare attraverso la sua voce. Per me è stato significativo che fosse la voce del regista a dare indicazioni. È sempre stato un divertimento mettermi in gioco in prima persona, assumermi la responsabilità di una proposta. Ho cercato di leggere il testo senza molta enfasi, come fossi stato registrato durante il progetto.
Dulcis in fundo: Leonardo da Vinci.
Il diluvio di Leonardo è stato materia del mio corso di regia e scenografia all’Accademia di Perugia con uno studio finale aperto al pubblico.
Leonardo si pone il problema del perché l’acqua che è generatrice di vita, calma e ferma, si rivolta e diventa distruttiva, assassina. Ho messo in relazione la forza poetica, attraverso l’interpretazione del suo poemetto magnifico, col fatto che dai suoi interrogativi potesse nascere una visione contemporanea. La gestione dell’acqua: andiamo al supermercato e acquistiamo sei bottiglie che sono un mattone e costruiamo dei muri acqua pazzeschi, produciamo plastica che finisce nell’acqua ed è un fenomeno dirompente.
Se la lasciassimo, l’acqua sarebbe ferma come nel caso del Nilo, che è senza argini e si dilata con dolcezza, e lentamente viene assorbita dalla terra e non provoca danni. Invece la costringiamo ed esonda, devastatrice.
Ecco l’arte può anche guidarci a comprendere il presente a lavorare per il futuro.