Ha appena superato le 60.000 visite la mostra Caravaggio Napoli, al Museo Real Bosco di Capodimonte di Napoli, visibile fino al 14 luglio. L'esposizione, curata da Maria Cristina Terzaghi e dal direttore Sylvain Bellenger, prodotta e organizzata da Electa, ripercorre l'ultimo periodo, travagliato, di Michelangelo Merisi da Caravaggio. Due i periodi, per un totale di 18 mesi che vanno dall'ottobre del 1606 al giugno 1607 e dall'autunno del 1609, quando era in fuga da Roma, ricercato per l'omicidio di Ranuccio Tomassini, fino alla morte a Porto Ercole nel 1610.
"Un'immersione entro una realtà quotidiana violenta e mimica, disperatamente popolare", così descrive il periodo napoletano, Roberto Longhi, tra i primi a riscoprire il pittore dimenticato, prima con la sua tesi nel 1911 e poi con la grande mostra monografica a Milano del 1951.
La mostra indaga non solo sul periodo napoletano dell'artista, di cui si sa meno rispetto a quello romano, ma sul forte impatto che il suo genio avrà sulla scuola e la poetica pittorica attiva a Napoli. Il realismo caravaggesco influenzerà difatti i giovani Battistello Caracciolo, Fabrizio Santafede, fino al Ribera e a Massimo Stazione.
Ben sei le opere del Caravaggio in mostra, 22 quelle degli artisti che ne subirono il fascino. Non certo poche se si pensa alle difficoltà di spostamento e restauro delle opere, non certo numerose, dell'artista. Per la prima volta dopo 35 anni, è possibile vedere assieme le due Flagellazioni, quella conservata a Capodimonte ma realizzata dal Merisi per la chiesa di San Domenico Maggiore e quella, appena restaurata, prestata dal Musée des Beaux Art di Rouen.
In sala anche la copia di Rouen, che era stata in passato attribuita al Merisi, la Flagellazione attribuita a Fabrizio Santafede, il Cristo alla colonna di Battistello Caracciolo e il Cristo legato alla colonna del Ribera. Un altro dialogo importante viene dal confronto tra le due Salomé con la testa del Battista del Caravaggio, provenienti rispettivamente dalla National Gallery di Londra e dal Palacio Real di Madrid, esposte assieme alle versioni postume del Caracciolo e di Stanzione.
Altro raffronto inedito, è tra il San Giovanni Battista della Collezione Borghese di Caravaggio con quello del Tanzio da Varallo, tra i caravaggeschi napoletani più attivi e dotati dell'epoca.
In mostra, per la prima volta in Italia, anche le opere di Louis Finson, tra i primi copisti che esportò il linguaggio del Caravaggio in Europa. Chiude il percorso, documentato da un diario che raccoglie le fonti storiche-biografiche del periodo, il Martirio di Sant'Orsola, l'ultimo dipinto del Merisi in dialogo con Il Battesimo di Cristo del Caracciolo, del Martirio di San Sebastiano del Vitale e del San Francesco di Carlo Sellitto, che potrebbe essere una testimonianza delle opere perdute che il Caravaggio realizzò per la cappella Fenaroli in Sant'Anna dei Lombardi.
Nel progetto di mostra rientra il capolavoro Sette opere di Misericordia, realizzato nel 1607 da Caravaggio per la cappella del Pio Monte della Misericordia, visibile ad alta risoluzione e nei minimi dettagli, assieme alla Flagellazione e al Martirio di Sant'Orsola attraverso l'esplorazione touch screen della tecnologia Art Camera di Google Arts&Culture. Nell'Auditorium del Museo, inoltre, sono previste nel mese di giugno conferenze con interventi di Stefano Causa che parlerà di "Battistello Caracciolo protagonista del naturalismo napoletano" e a seguire Loredana Gazzara, Saverio Ricci e Riccardo Lattuada.