"Poiché nella mia vita non ho mai gustato la vera felicità dell'amore, voglio innalzare a questo che è il più bello di tutti i sogni un monumento nel quale, dal principio alla fine, sfogherò fino a saziarlo appieno questo amore. Ho in mente l'idea di un Tristano e Isotta, una concezione musicale della massima semplicità e però quant'altra mai intensa e concreta: dopo, nella bandiera nera che sventola alla fine, voglio avvolgermi e morire". In questa lettera che Wagner scrisse a Franz Liszt c’è già tutta l’essenza dell’opera: desiderio d’amore assoluto, desiderio di morte.
E in verità le emozioni suscitate dalla invincibile (e adultera) passione narrata nell’opera hanno dato luogo alle più febbrili reazioni, già dalle prime rappresentazioni: il compositore francese Emmanuel Chabrier durante il preludio ruppe in irrefrenabili singhiozzi, mentre un altro compositore, Guillaume Lekeu svenne durante un’esecuzione.
Sbrigativo e iconoclastico fu il commento Mark Twain, che dopo aver ascoltato il Tristano a Bayreuth, all’uscita dal teatro disse: ”Mi sento come l'unica persona sana di mente in una comunità di pazzi".
L’ala della follia ha accompagnato Tristano fin dall'inizio. Wagner era certo che il suo ascolto avrebbe scatenato "qualcosa di spaventoso", tanto che scrisse: “Solo le esecuzioni mediocri mi possono salvare! Quelle buone sono destinate a far impazzire la gente!”.
Oltre alla fama di pazzia e di morte che circondava l’opera fin dalla nascita, Tristano si è anche fatta la reputazione di essere il pezzo di musica più erotico mai scritto: nei romanzetti popolari di inizio ‘900 la sua musica era spesso associata a pulsioni sessuali; addirittura il compositore americano Virgil Thomson si disse certo che Wagner nel secondo atto aveva raffigurato sette orgasmi simultanei e che l’aria finale di Isotta, il “Liebestod”, non è altro che la ricerca spasmodica del climax erotico.
Ancora, nel racconto di Thomas Mann Tristano, la protagonista tubercolotica, Gabriele Kloeterjahn, subisce una ricaduta mortale della malattia, dopo aver suonato al piano la musica di Wagner, che ha indotto in lei uno stato di estrema eccitazione sessuale ed emotiva. Insomma, l'equazione di amore, di sesso e morte, attorno alla quale ruota l'opera, è uno dei motivi per cui Tristano e Isotta rimane un'esperienza unica e inquietante.
Wagner ovviamente si confrontava con i parametri culturali e sociali del 19° secolo, che prevedevano che le donne che rompono con le convenzioni sociali e apertamente affermano la propria sessualità sono destinate a una brutta fine. Anna Karenina, Emma Bovary, Effi Brest sono esempi tipici di donne che alla pari di Isotta mettono in moto tragiche catene di eventi. Tuttavia, in questo Wagner è ancora più radicale rispetto a Tolstoj, Flaubert e Fontane: descrive, è vero, l'amore di Tristano e Isotta come un’unione di anime in grado di trascendere la tomba, ma va ben oltre. I due amanti, nel celebre “Duetto d’amore”, mostrano l’uno per l’altra un desiderio così intenso che la realtà fisica non lo può contenere, per cui la sua unica realizzazione consiste nell’abbracciare volontariamente il "piacere supremo" (le parole di chiusura del libretto) della totale dissoluzione dell'identità, dell'essere e della vita stessa. Insomma, la metafora rinascimentale dell’orgasmo come "piccola morte" è drammaturgicamente spinta all’estremo.
La passione sempre inappagata dei due amanti trova espressione nella musica, che si muove continuamente sospesa tra eccitazione e climax. Il desiderio resta perennemente insoddisfatto; l'unico sollievo è perdersi in quello che Isotta, nel “Liebestod” finale, chiama "la totalità del respiro in movimento del mondo".
La musica si presenta come un flusso incessante, perennemente mutevole, che non trova mai una risoluzione melodica o armonica. L'intera partitura si compone di lunghe cadenze cromatiche dissonanti, al cui conturbante fascino né i personaggi in scena né l'ascoltatore riescono a sfuggire: le uniche risposte possibili sono o rifiutare l’opera nella sua interezza oppure accettare di immergersi totalmente in essa.
Nella storia della musica c’è un “prima“ e un “dopo” Tristano: molti musicisti che comporranno dopo di esso, lo prenderanno come riferimento, o per assimilarlo o per contrastarlo: Mahler, Strauss e Debussy e tutti gli altri sono impensabili senza di esso. Il sistema dodecafonico di Arnold Schoenberg e Alban Berg è la diretta conseguenza della irresolutezza armonica del Tristano.
L'influenza di Tristano e Isotta riguarda le rivoluzionarie innovazioni nella partitura, ma non solo: la descrizione della passione più estrema mai messa in scena, le sue implicazioni letterarie, filosofiche e metafisiche, la costruzione drammatica, la sapiente orditura del libretto (scritto dallo stesso Wagner) hanno profondamente condizionato la cultura del Novecento. Non a caso, Nietzsche la considerava la massima espressione dell’arte occidentale e, ad oggi, Tristano e Isotta rimane una delle opere più sconvolgenti e trasgressive mai scritte. Tutto quel che si può fare di fronte ad essa è ascoltarla in un attonito silenzio e farsi soggiogare dal fascino radicale che promana da essa.