Che lavoro fai sembra essere diventato il quesito più difficile cui rispondere da circa venti anni a questa parte. La verità è che quello che facciamo, così come è formulato, non esisteva all’epoca e ancora oggi raramente incontriamo un competitor. Di preciso noi andiamo a caccia di proprietà su richiesta di società estere, siamo property hunters, le mettiamo a reddito e, qualche volta, se il fato è benevolo e portiamo i risultati aspettati, ce le affidano in toto: dalla cura del giardino al rifacimento della piscina, dall’arredamento alla ristrutturazione vera e propria.

Quando la proprietà è entrata in pochi ma selezionatissimi portfoli, inizia a produrre quel reddito che abbiamo promesso: non cambia molto che siano camere, un affitto in esclusiva, un evento, un set fotografico per una rivista, sia quel che sia, purché sia conveniente e non intacchi il valore della casa. Un dipartimento multilingua della società veglia ventiquattrore su ventiquattro i clienti che sono nella casa al momento di utilizzo, risponde alle loro esigenze ma anche ai loro desideri più disparati: “domani vogliamo che tutti gli alberi davanti alla villa profumino di pesche mature” - et voilà, con scale, ventilatori e essenze delle più magnifiche il risultato è raggiunto.

Viviamo per la soddisfazione del sogno altrui e, mentre lo realizziamo, ingrandiamo e portiamo a compimento il nostro obiettivo, quella che, con un pochino di esagerazione, si chiama missione di un’azienda. E’ come un gioco di abilità: fino a dove sapremo arrivare? Sapremo dimenticare noi stessi per ascoltare la voce del nostro cliente senza reinterpretarne i desideri?

Non siamo un’agenzia che fa affitti, perché quelli sono i nostri clienti, non siamo un’immobiliare perché non compriamo e non vendiamo, non siamo un’agenzia di servizi perché quella è un nostro fornitore. Siamo una piccola membrana fra il proprietario e il mondo esterno che, più di tutto, gli fa prendere buone decisioni per il futuro della sua casa e delle sue finanze e, contemporaneamente, siamo un’armata a disposizione dei clienti che sono in Italia, affinché la realtà superi le aspettative di grande misura.

L’aspetto del mio lavoro che mi ha colpito di più in questi anni è quel desiderio di ritorno alla cava che è il leit motiv di The Croods, ad esempio: tutti gli uomini e le donne di grande successo che ho incontrato, con quelle vite che noi sognamo ad occhi aperti quando guardiamo la televisione, quando vengono in Italia non desiderano altro che tornare in un luogo confortevole, materno e protetto.

Non importa quanto alto sia il grado sociale cui appartengono o il risultato straordinario che hanno ottenuto nel corso della loro vita: crollano (con piacere) davanti a una delle signore che per noi preparano la pappa al pomodoro. Si sciolgono quando qualcuno offre loro un inaspettato viaggio dal contadino a prendere le uova, o per uno scorcio di giardino che profuma di fiori mai visti in un negozio: cose da niente, cose di infinita grazia.

Tanto più il loro ruolo nella società comporta responsabilità e decisioni da prendere, tanto più tempo passeranno nel porticato, fissando i gladioli per ore, e ore, e ore.

Ho incontrato questa stessa tendenza a Earl’s Court 100% design, con cucce insonorizzate per leggere in pace, moduli abitativi protetti come un cocoon, pezzi di terra fertile letteralmente impiantati nell’isola della cucina - per coltivarci basilico, origano, erbette - docce che sono case di acqua in cui ritrovare il proprio karma: l’uomo, che ha lasciato la campagna per scalare i grattacieli, si vuole riappropriare della cava, della madre terra e, se i substrati che ha costruito per se stesso non gli permettono di ritornare nella campagna, allora se ne porta un pezzo in casa.

E' un uomo che ha bisogno di conformarsi a grandi identità, che ama il brand perché consolatorio, meno terrorizzante rispetto a un destino glorioso da Re del Creato. La cava si copre di graffiti, così le pareti degli uffici si ricoprono di richiami alla società per cui lavoriamo o che ci fornisce beni di qualunque tipo: Acrylicize lavora con artisti proprio per questo, per consolidare un logo, un'idea, presso chi vi lavora.

Tutto il rumore che facciamo, il traffico in auto che costituiamo, lo lasciamo alle spalle in questi cubi con prese, radio per segnale internet, schermi liquidi ad altissima precisione. E’ possibile appoggiare la faccia su un bel prato, solo che sta sulla parete e non sul pavimento - Bright Green Walls. Good and Green espande l'idea di verde in casa ribaltando il concetto, ovvero case preconfezionate e modulari che si installano nel verde, ma anche sui tetti dei grattacieli, dovunque ci sia una vista strepitosa. Ovvero un punto di vista sul futuro, sulla scelta e sull’energia: lo stand è piccolo, ma il prodotto è grandioso.

Ci sono manierismi che non capisco bene, come la macchina che si interfaccia all’iPad per fare il caffè mediante un impianto che non si vede, ma nel complesso mi ritrovo nell’escapologia del nostro tempo e di questo design: anche io vorrei avere un podere nel centro di Londra e fare l’aperitivo in mezzo alle galline, senza perdere l’opportunità di abitare nel cuore della city.

Poco mi entusiasma, ma il padiglione dello Shenzen ha davvero un altro respiro rispetto al resto: è in Cina che si stanno muovendo le cose e sarà bene accorgersene a breve, per non rimanere schiacciati dal nuovo che avanza.

Per maggiori informazioni:
http://www.100percentdesign.co.uk/