Senza fiato il pubblico che, alla Biennale del 2011, ha ammirato l'opera di Urs Fischer (Zurigo, 1973) la candela in scala in scala 1:1 de Il Ratto delle Sabine di Giambologna. Allora la Biennale ha consegnato le gesta di un artista che ha elaborato il concetto di transitorio nell'arte contemporanea, riassumendo la precarietà dell'opera stessa e il riconoscimento dei confini dell'artista (non più estesi oltre l'immaginazione ma racchiusi entro il suo stesso recinto) facendo leva sul concetto, probabilmente heideggeriano, della finitudine dell'uomo.
Un anno dopo Urs Fischer è a Palazzo Grassi a Venezia, dove provocazione e ironia sono il sostrato artistico sul quale regge il mondo capovolto dell'artista. Un mondo senza regole, dove plasticità dei materiali e vacuità del contenuto spiazzano il pubblico coinvolgendolo, tuttavia, in un percorso in cui gli echi surrealisti si mescolano con l'arte classica e la matrice americana sfacciatamente pop dell'ultimo ventennio. Per non parlare di quanto l'artista zurighese è stato acclamato durante le personali da Gavin Brown, Eva Presenhuber e Sadie Coles: fascinazione e misticismo sono state le componenti che hanno attirato il pubblico verso le sue opere.
Un artista che stupisce e che si lascia stupire. La creazione è sempre all'insegna del nuovo e la novità non smette di attingere alla storia. Passato e presente si intrecciano creando una sinfonia porosa nei cui interstizi rientrano, appieno, le vocalità artistiche delle personalità più influenti dell'arte moderna e contemporanea.
Quest'anno la Gagosian Gallery di Roma ospiterà opere cardine del percorso artistico di Fischer ma anche pezzi inediti. L'ironia di Fischer continua a farsi sentire e, come un fil rouge, tende a rappresentare un mondo interiore che trasfigura il quotidiano attraverso l'utilizzo di materiali che provengono proprio dalla vita di tutti i giorni. L'artista zurighese racconta un mondo alla Chagall, reinventa le leggi scomponendo frammenti di una storia collettiva all'interno della quale anche il singolo trova una sua collocazione. Eppure il romanticismo di Chagall viene accantonato, quasi rifiutato, per abbracciare la follia, quella componente che caratterizza un altro grande artista vivente, Damien Hirst.
Associazioni bizzarre, che non temono di affondare nel grottesco per rinascere quali monumentali sculture illuminate da una luce fulgida e ravvivate da un significato estetico del tutto innovativo. Ma Fischer non si distingue solo per la maestosità e il valore intrinseco delle sue opere. Alla Gagosian, la personale sarà visitabile fino al 26 ottobre, ciò che colpisce è la presenza dell'uomo accostato, in una modulazione studiata e curata nei dettagli, a oggetti inanimati, quasi a completamento del significante uomo (maschio o femmina che sia).
Le opere di Urs Fischer sono un modo per studiare da vicino un punto d'osservazione e d'esplorazione intrigante, avvolgente, curioso e interpretativo (talvolta tenero e dolce) dell'arte moderna e contemporanea, per un esteta un po' genio e po' imprenditore.