È un grido che vuole essere ascoltato. Parte dal profondo, dalle viscere dell’amore per giungere in ogni parte del mondo: non occhi ma cuori quelli che si posano sulle opere della collettiva Mother & Child in mostra alla Dorothy Circus Gallery fino al 9 Giugno 2019 sia nella sede romana sia nella sede londinese. Da oltre dieci anni la Dorothy Circus Gallery si fa portavoce di tematiche culturali attraverso la scelta figurativa di artisti della scena nazionale e internazionale. Con il nuovo ciclo di incontri, inaugurato agli inizi dell’anno di cui fa parte anche questa mostra, abbiamo avuto il grande piacere di parlare con Alexandra Mazzanti, direttrice e anima della Dorothy Circus Gallery.
La Madonna con Bambino nella storia dell'arte è uno dei soggetti che meglio rappresentano la maternità, in tutte le sue sfumature. La collettiva Mother & Child affonda le radici proprio nelle reinterpretazioni della Madonna con Bambino che, dal medioevo ad oggi, sono appartenute a luoghi di culto quali chiese, basiliche e, più tardi, a musei anche a cielo aperto. Quali sono le caratteristiche emotive che legano le più famose rappresentazioni della Madonna con Bambino (penso, ad esempio, alla gentilezza dello stile della Madonna con Bambino del Mantegna oppure al vigore di quella rappresentata da Donatello) con le opere realizzate dagli oltre trenta artisti internazionali?
Trattandosi di Maternità di epoca contemporanea il mood delle Madonne di Mother & Child appare a un primo sguardo molto differente dall’immagine cinquecentesca, sia per atmosfera che per il ruolo femminile e il suo contesto. Facendo un passo indietro però ripercorrendo la storia del culto mariano, nato dall’intento di San Bernardo di sensibilizzare e innamorare per incentivare le nascite in un momento di crisi demografica dell’Europa dell’alto Medioevo, possiamo ritrovare in queste opere, così come nel messaggio di questa intera mostra, il significato legato al potere emotivo dell’icona della maternità, che invariato nei secoli è chiamato a evocare sentimenti di amore, pietà e dolcezza. Questo il sentimento che ritroviamo nelle opere e il messaggio di rispetto che ne deriva.
È un'indagine artistica e letteraria quella che è stata inaugurata in questo primo trimestre 2019 dalla Dorothy Circus Gallery con la personale dell’Artista iraniana di Theran, Afarin Sajedi, dal titolo Ecce Mulier. Moglie, sposa e adesso madre: Mother & Child racconta la Donna attraverso la sua funzione di genitrice con implicazioni filosofiche e sociologiche. Quale apporto offre l'arte iper-contemporanea degli oltre trenta artisti che fanno parte della collettiva?
Gli spunti di riflessione sono tanti, si parla di maternità e del suo difficile inserimento in un contesto lavorativo, si parla di adozione, (La ‘capra simbolo dell’adozione’ di Gato Chimney) di paternità e di inclusione paterna, (Matthew Grabelsky) di femminilità, di rapporti con figli difficili, di accettazione della fragilità in questo senso anche di figli ‘diversi’. Quello che ho voluto proporre è un dialogo che fonda la sua prima ricerca sulla nascita e che pone le basi di un’evoluzione umana sul rapporto materno e familiare dal quale nessuno di noi prescinde. Il risultato di questa ricerca artistica è una caleidoscopica panoramica, che attraverso una percezione multiculturale, ferma in immagine la poesia e la bellezza della maternità di oggi.
La maternità è stata trattata in vari contesti e in differenti situazioni: ogni quadro è una storia. Si parla di maternità biologica e maternità simbolica, di maternità come protezione, rifugio e percorso. Un percorso che, spesso, la Donna deve proteggere da forze esterne che cercano di ostacolare il normale svolgersi degli accadimenti. Alla luce di tutto ciò, possiamo parlare di racconto corale che emerge dalle storie presentate da ogni Artista?
Esattamente. In questo racconto ci siamo tutti noi e c’è spazio per ciascuna delle nostre storie. Perché la maternità non è un’equazione biologica ma un’infinita e imprevedibile combinazione di dettagli e sentimenti che originano storie d’amore incredibili e stupefacenti. Storie di maternità umana, storie di maternità in natura, storie di vita e di sopravvivenza.
Mother & Child descrive una Donna fortemente umanizzata e in totale sintonia con il proprio figlio. Il rapporto raccontato tra madre e figlio può essere definito esclusivo, volutamente separato da una società che, spesso, ostacola la Donna-Madre mettendo, nel peggiore dei casi, a repentaglio la stessa maternità?
C’è sintonia e conflitto, solitudine e unione, nei racconti di questi artisti. La lettura è profonda. Gli sguardi della Donna e della Mamma coesistono, così come il duello di sentimenti che definiscono la capacità di rinuncia dell’Io che è implicita nella creazione e nella nascita dell’Altro e del nuovo Io.
Mother & Child, dopo una private view riservata ai collezionisti e alla stampa, aprirà al pubblico sabato 13 aprile 2019 in entrambe le sedi della Dorothy Circus Gallery, Roma e Londra. Come pensa che reagirà la critica italiana e quella britannica di fronte a un tema così delicato? E quali reazioni si aspetta dal pubblico italiano e dal pubblico inglese?
Nei confronti delle tematiche femminili c’è grande solidarietà e attenzione, ma il nostro messaggio vuole rivolgersi alla società più che alla critica. L’arte parla con il pubblico del web, parla con milioni di condivisioni e viaggia lontano per portare i suoi messaggi. Il pubblico internazionale che abbiamo raggiunto fin ora, con la condivisone di un sempre più ampio circuito di artisti, ha reagito con grande emozione. Abbiamo avuto una fortissima risposta dall’Asia, non da un pubblico di mamme ma da un pubblico di figli, dall’Europa le donne e le famiglie. Il tema ha decisamente commosso e fatto riflettere e questo era il goal prefissato. Le opere quasi tutte sold out viaggeranno per raggiungere le collezioni più lontane.