La PhotoGallery del MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia), centro polifunzionale e spazio espositivo realizzato a Bologna dalla omonima Fondazione MAST dell'imprenditrice e filantropa Isabella Seragnoli, ospita Nature & Politics, 25 fotografie di grande formato di Thomas Struth, uno tra i fotografi più noti della scena internazionale.
“Nel 2007 ho avviato un’indagine su un nuovo corpus di opere che mette in discussione il rapporto tra queste due categorie e lo sviluppo della tecnologia come promessa unica del progresso umano. Più di recente ho aggiunto a questo filone tre opere eseguite all’ospedale universitario della Charité di Berlino, che riguardano il rapporto diretto tra corpo umano e tecnologia e il tema della mortalità. In questo ambito, desidero indagare i processi attraverso i quali operano l’immaginazione e la fantasia” spiega il fotografo tedesco.
Struth, nato nel 1954 ha studiato a Düsseldorf negli anni Settanta, prima pittura con Gerald Richter e poi fotografia con Bernd e Hilla Becher e, con Andreas Gursky, Thomas Ruff e Candida Höfer, è diventato uno degli esponenti di spicco della cosiddetta Scuola di Düsseldorf. Artista-fotografo tra più quotati al mondo con le sue tante immagini tra vedute urbane, Family Portraits, la serie Paradise o le sue Museum Photographs, proprio nel 2007, dopo aver visitato un enorme cantiere navale nell’isola di Geoje in Corea del Sud, decide di dedicarsi al tema della scienza e della tecnologia.
Il percorso della mostra conduce alla scoperta di luoghi inaccessibili al pubblico come laboratori di ricerca spaziale, impianti nucleari, sale operatorie o piattaforme di perforazione, uno spaccato di un universo sconosciuto legato all’innovazione tecnologica. “Struth ci mostra una serie di sperimentazioni scientifiche e ipertecnologiche, di nuovi sviluppi, ricerche, misurazioni e interventi che in un momento imprecisato, nel presente o nel futuro, in modo diretto oppure mediato, faranno irruzione nella nostra vita e ne muteranno il corso”, osserva Urs Stahel il curatore del MAST di Bologna e della mostra.
Thomas Struth non crede alla funzione esplicativa delle didascalie “Per me è questione di chiedersi in che modo qualcosa che non esisteva in precedenza nella mente si possa materializzare in un concetto e diventare parte della realtà” dice. E il curatore approfondisce: “Le fotografie tecnologiche, pur essendo così nitide, precise e bilanciate, non sono mai in grado di trasmetterci informazioni precise. Questi universi sono e restano insondabili, senza legende, senza spiegazioni e contestualizzazioni”.
L’artista ha realizzato grandiose immagini del mondo della ricerca contemporanea e dell’alta tecnologia e, come puntualizza Stahel: “Attraverso le sue fotografie siamo in grado di percepire tutta la complessità, la portata, la forza dei processi, ma anche di intuire il potere, la politica della conoscenza e del commercio che essi celano. Col tempo impariamo a dare un nome alle singole parti di questi processi, ce ne appropriamo integrandoli nel mondo che conosciamo, ma il nesso complessivo sfugge alla nostra comprensione e non ci resta altro che un grande stupore, a volte divertito, di fronte all’alterità straniante di questi ingranaggi ipertecnologici”. Infatti molte delle foto a carattere scientifico e tecno-logico, a prima vista sembrano ritrarre una gran confusione di oggetti, un caos. E lo sguardo dello spettatore si trova perdersi in un groviglio di cavi, sbarre, coperture metalliche, rivestimenti plastici e dispenser di nastro adesivo. “Per chi non è del mestiere” continua Urs Stahel “trovare un senso a questa accozzaglia di oggetti appare praticamente impossibile e ci limitiamo a osservare con curiosità, ma anche con una certa cautela, nel tentativo di comprendere il significato di questi accostamenti”.
Riflette ancora Thomas Struth: “Se io volessi delle immagini esplicite non farei queste immagini, io voglio lavorare con un pubblico che voglia anche un po’ cercare da solo quello che vuole vedere. Io non sono strumento di propaganda. Non è che io affermi delle cose in maniera dichiarata. Non è come mettere una barchetta di carta sull’acqua e lasciare che il vento la trasporti e qualcuno la vede come la vuole vedere in qualche modo sperando che arrivi a porti diversi. Io penso che viviamo in un’epoca in cui siamo molto colpiti da qualcosa che è invisibile. Per esempio nessuno di noi ha mai visto Internet ma la parte finale di Internet ce l’abbiamo tutti in tasca. E quindi ciò che non vediamo ha una forte influenza su noi. Ma quello che non vediamo deriva dagli umani che l’hanno realizzato e che gli hanno dato forma. La leadership politica che c’è dietro questo tipo di sforzi è comunque evidente e sono contento che da parte di qualcuno ci sia una consapevolezza anche se abbiamo un futuro davanti che non è poi così certo e tranquillo e tutto queste cose non si vedono ma sono cose importanti e non si può deviare da ciò che è importante nella vita. Se potessi, direi di mandare in vacanza i politici e di affidare i loro ruoli a scienziati e tecnologi di nazioni e di background diversi in modo da portare Silicon Valley nelle stanze del potere perché loro sono in grado di trovare soluzioni”.
Al livello 0 della Gallery, nella video proiezione Read This like Seeing It for the First Time del 2003, l’artista rappresenta la capacità dell’uomo di operare con la massima precisione manuale e artistica. È un video che registra cinque lezioni di chitarra classica svolte da Frank Bungarten nell’Accademia musicale di Lucerna e illustra lo scambio necessario tra insegnamento e apprendimento.