Cosa sappiamo del tempo?
Perché tanto interesse per il tempo? Che cosa c’è di così misterioso? Apparentemente nulla. Il tempo scorre inesorabile e sornione portandosi con sé la vita e ciò che di buono, cattivo e bizzarro la contraddistingue. Questa cosa ogni cosa divora, ciò che ha vita, la fauna e la flora; i re abbatte, e così le città, rode il ferro, la calce già dura; e dei monti pianure farà (Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien).
La peculiare capacità dell’uomo di percepire il tempo ci consente di guardare al passato e di immaginare il futuro; di emozionarci di fronte a un ricordo, di pianificare la vita e di prevedere la vecchiaia, compresa la morte, anche se di solito preferiamo non parlare. L’esperienza ci suggerisce che possiamo vivere solo il presente e che il tempo procede in un’unica direzione, senza alcuna possibilità (a parte i racconti di fantascienza) di assistere, sia pur per un istante, a una inversione temporale o a una fuga nel futuro.
Non senza difficoltà, nel corso dei secoli abbiamo messo a punto ingegnosi strumenti capaci di misurare il tempo in modo sempre più preciso, fino al punto di registrare, mediante orologi atomici, intervalli di dimensioni inimmaginabili: millesimi di miliardesimi di secondo. Dunque, il tempo passa, scorre in una sola direzione e si può misurare perfettamente. Cos’altro c’è da sapere? Perché filosofi, scienziati e artisti da millenni seguitano a interrogarsi sulla natura del tempo senza arrivare a una conclusione soddisfacente. Cosa c’è d’inafferrabile? Quali altri enigmi vi sono racchiusi?
Come capita spesso, la realtà è sempre più complessa di come si presenta ai nostri sensi. Il sole sembra girarci intorno, la terra appare piatta, la materia si mostra compatta, l’uomo pare essere sempre esistito e il tempo sembra solo un modo per mettere in ordine gli eventi. Eppure, sotto una superficie di apparente semplicità il tempo si rivela un fenomeno assai complesso e la sua natura multiforme si presta a tante diverse concezioni capaci di influenzare la nostra vita e il nostro benessere. Vediamo brevemente di cosa si tratta.
Il tempo meccanico
Il tempo meccanico, quello che i greci chiamavano Kronos, è la nozione di tempo che ci è più familiare. È il tempo lineare che di solito associamo all’oscillazione del pendolo o al lento roteare delle lancette sul quadrante dell’orologio. Esso scandisce le nostre giornate e regola le nostre azioni: ci sveglia al mattino, ci fa scuocere la pasta o perdere il treno; stabilisce quando andremo in vacanza e quanto durerà il viaggio in autostrada, misura la durata di una visita medica o la velocità del processore del computer.
Questo genere di tempo, detto anche anche assoluto, si compone di una successione di istanti che possiamo suddividere all’infinito e che si susseguono in modo costante e indipendente, dal passato al futuro, senza alcuna relazione con le cose e gli eventi del mondo. Questo è anche il piccolo t che abbiamo imparato a conoscere sui testi di matematica e che ritroviamo nelle equazioni utilizzate da Newton per dar forma all’universo deterministico, di cui la nostra cultura è tuttora pervasa.
Sebbene sul piano empirico questa idea di tempo mantenga tuttora il suo interesse, la scoperta della relatività da parte di Einstein e l’avvento della meccanica quantistica le hanno inferto un duro colpo. In primo luogo si è scoperto che il tempo è inscindibile dallo spazio, poi si è visto che non scorre sempre allo stesso modo ma può rallentare o accelerare e infine si è constatato che, almeno nelle piccolissime dimensioni, non vale neppure la freccia del tempo: in pratica non c’è alcuna distinzione tra passato e futuro. Un vero sconquasso dal punto di vista della ragione! Ciò che ritenevamo un’entità fisica autonoma, soggetta a regole chiare e sicure, non è che un’immagine ingenua e grossolana, adatta a soddisfare i nostri sensi ma destinata a sgretolarsi non appena ci addentriamo nella straordinaria complessità della realtà.
Il tempo ciclico
Oltre alla rappresentazione lineare è stata proposta una concezione ciclica del tempo che si richiama ai processi rigenerativi della natura, ai miti arcaici dell’eterno ritorno, al ciclo della morte e della rinascita (in questo mondo per i buddisti o nel regno dei cieli per i cristiani) e alla teoria dell’universo oscillante che si espande e si contrae ritmicamente, per l’eternità.
Mitologia e astronomia a parte, è comunque accertato che tutte le cellule delle piante e degli animali possiedono una sorta di orologio biologico interno che regola le loro funzioni vitali in base alle cadenze cicliche degli eventi naturali. Per esempio, la concentrazione di alcuni ormoni, i valori pressori, la temperatura corporea, l’attività mentale seguono un ritmo interno circadiano (di circa un giorno) che sono in grado di mantenere anche indipendentemente dal grado di illuminazione. Ma gli organismi viventi seguono anche altre cadenze ritmiche come ad esempio i cicli lunari, le maree o le stagioni e con essi sintonizzano i processi connessi alla nascita, alla crescita, alla riproduzione e alla morte. Insomma, di cronobiologia e di bioritmi ne sappiamo ancora poco ma è certo che l’universo è governato da oscillazioni cicliche e che gli organismi viventi ne sono fortemente influenzati.
Il tempo propizio
C’è, infine un terzo modo di concepire il tempo: quello che i greci chiamavano kairos. Kairos è il tempo propizio, il momento giusto per fare le cose giuste. In questa nozione qualitativa del tempo non c’è consequenzialità, c’è solo quella particolare composizione di eventi in cui si riflette anche la nostra soggettività (psiche). Indifferenza, calma, piacere, impazienza, irritazione si mescolano agli eventi e compongono immagini emotive capaci di rallentare o accelerare la percezione del tempo.
Questa è anche l’immagine del tempo che emerge dal pensiero orientale dove gli eventi non sono connessi da relazioni temporali di causa ed effetto, bensì da indissolubili legami di significato. Mentre la mentalità occidentale accuratamente separa, pesa, sceglie, classifica, isola, ecc., l’immagine cinese del momento contiene ogni particolare fino al più minuto assurdo dettaglio, perché l’istante è il totale di tutti gli ingredienti, ci ricorda Jung nella sua mirabile prefazione all’I King, nella traduzione di Richard Wilhelm.
In questo senso, le diverse configurazioni che si ottengono attraverso il lancio ripetuto di tre monete, che per il pensiero occidentale non sono altro che l’effetto del caso e pertanto prive di ogni significato pratico, per l’antico cinese rappresentano la porta d’ingresso di una realtà profonda, che l’oracolo o il libro oracolare sono in grado di interpretare. Più o meno quello che fece Guglielmo, nel Nome della rosa, quando prima di giungere all’Abbazia, osservando le varie tracce sparse casualmente sulla neve, poté risalire al tipo di cavallo che le aveva lasciate, al luogo dove si sarebbe recato e perfino al suo vero nome, lasciando attoniti il cellario del monastero e gli stallieri.
Tornando al lancio delle monete, le indicazioni che discendono da quella specifica immagine della realtà non sono da intendere come profezie (predizione di eventi futuri) ma vanno recepite come le tracce con cui il mondo ci parla e da cui si possono trarre raccomandazioni, consigli e aiuti per costruire il futuro. A pensarci bene, non è altro che quello che in modo più o meno consapevole facciamo in ogni istante della nostra vita, soprattutto quando siamo in difficoltà. Osserviamo il presente, ci aggiungiamo la nostra situazione personale e decidiamo cosa fare, magari cercando il consiglio di un amico, ancorché, di solito, non si presenti con le sembianze dell’oracolo.
Riappropriamoci del tempo
A questo punto possiamo chiederci: queste diverse concezioni del tempo sono solo riflessioni per scienziati, filosofi e perditempo oppure hanno una qualche implicazione pratica nella vita individuale e sociale? In quale modo una diversa concezione del tempo potrebbe influenzare la vita e il benessere delle persone? JT Fraser, uno dei più eminenti studiosi contemporanei del tempo, ci ricorda che la concezione preferita della vita è essenzialmente una visione del tempo e per cambiare sé stessi si deve in primo luogo essere disposti a cambiare il proprio pensiero sulla natura del tempo.
La manipolazione sociale del tempo
La concezione comune del tempo si richiama al susseguirsi lineare degli eventi e viene associata all’approccio meccanicistico. Questo orientamento temporale esalta l’idea di velocità, di consumo, di produttività, di crescita e di accumulo. Il tempo, si dice, è denaro e non va sprecato, anche perché, a differenza dei soldi, non si può conservare, né cedere ad altri, né accumulare: si può solo utilizzare e subito. È curioso osservare, però, che tutti gli sforzi e i vari trucchi messi in atto per risparmiare il tempo abbiano finito per trasformarsi in trappole capaci di farci sentire in ansia e in perenne ritardo. Di fatto, l’aumentata efficienza dei trasporti, delle comunicazioni, dell’automazione, dei sistemi di gestione dei dati e dei processi di produzione, hanno impresso una forte accelerazione a tutti gli aspetti della vita individuale e sociale, con il risultato paradossale di aver ridotto il tempo disponibile per noi stessi, per rilassarci e goderci la vita.
In un mondo dominato dalla velocità siamo costretti a occupare ogni istante della nostra vita e a gestire gli eventi in rapida successione, senza poter stabilire le priorità, distinguere ciò che è urgente da ciò può è rinviabile e soprattutto senza poter riflettere sulle conseguenze, anche indirette, delle nostre scelte. Sempre di corsa, incalzati dagli eventi, isoliamo una piccola parte degli avvenimenti che giungono alla nostra attenzione e su questi frammenti di realtà concentriamo tutto l’interesse perdendo di vista l’insieme: come ingranaggi di una grande macchina che deve funzionare sempre più velocemente ma di cui non comprendiamo più le finalità.
La prospettiva slow
Per uscire da questa pericolosa spirale occorre in primo luogo acquisire una nuova concezione del tempo che ci aiuti a ritornare in sintonia con i ritmi lenti della natura, anziché costringerci a inseguire le incombenze di un sistema sociale in cui domina l’idea che fare di più sia sempre meglio. Un diverso orientamento temporale potrebbe aiutarci a riorientare le attività sociali ed economiche verso un modello di sviluppo compatibile con i ritmi fisiologici della vita e della natura e con le capacità degli ecosistemi di ripristinare le risorse naturali e di riciclare i rifiuti.
Nel campo della salute, riappropriarsi del controllo del tempo in una prospettiva slow significa rendersi conto che il paziente non è solo un insieme di organi da analizzare e da aggiustare ricorrendo a tecnologie sempre più sofisticate, ma è una persona che ha bisogno di attenzione, ascolto, empatia e che può mettere in gioco una grande varietà di risorse fisiche e psichiche a cui dobbiamo dare credito e il tempo necessario per esprimersi.
Un atteggiamento slow ci aiuta a capire il momento propizio per agire, tenendo conto delle circostanze in cui operiamo in modo da mantenere il controllo della situazione anche nei momenti più critici, senza cedere all’ansia, all’incertezza e agli imprevisti che caratterizzano ogni decisione. In questo modo il tempo diventa un alleato che ci aiuta a riflettere e a cogliere ciò che succede anche al di fuori del ristretto campo d’azione su cui concentriamo l’interesse, sapendo che qualche volta: less is more.
Insomma, un diverso orientamento temporale è un modo efficace per sfuggire alla tirannia della fretta e per riappropriarci del tempo. Essere slow significa abbandonare la fretta, prendersi il tempo necessario per riflettere, riacquisire il piacere di sentirsi in sintonia con i ritmi fisiologici della natura, costruire relazioni empatiche con gli altri e agire tenendo conto degli aspetti favorevoli del contesto, ben sapendo che non esiste la decisione valida in assoluto ma la scelta che più si addice ad ogni circostanza.
Letture consigliate
Davis P.: I misteri del tempo. Oscar Mondadori, 1996.
Wilhelm R. (a cura di): I King, Il libro dei mutamenti. Astrolabio 1950.
Jullien F.: Pensare l’efficacia in Cina e in occidente. Editori Laterza, 2006
Rifkin G.: Guerre del tempo. Bompiani 1989.
Rovelli C.: L’ordine del tempo. Adelphi, 2017
Sabbadini S.A.: Pellegrinaggi verso il vuoto. Lindau 2015.