A volte per tuffarsi nel passato basta leggere un libro o addentrarsi nelle sale di un museo, perdersi in un giardino antico o visitare una città medioevale. Ed è così piacevole poter unire una lettura accattivante con una visione di immagini che la rendano ancor più ricca di stimoli.
È proprio di una mostra che vorrei parlarvi, per poter introdurre la storia affascinante della magia delle streghe di cui con grande stile ci racconta la scrittrice Erika Maderna nel suo ultimo sforzo editoriale Per virtù d’erbe e d’incanti, pubblicato quest’anno da Aboca Edizioni. Visitando Arte e Magia. Il fascino dell’esoterismo in Europa, la bella mostra che si tiene a palazzo Roverella di Rovigo in questi giorni freddi e brumosi di gennaio, ho apprezzato l’originalità del progetto espositivo.
Il filo conduttore è un “viaggio alla scoperta delle correnti esoteriche che, a cavallo tra ’800 e ’900, hanno influenzato la pittura in Europa mettendola in contatto con una dimensione in cui la ragione tace e si spalancano le porte di un mondo fatto di mistero, sogno e inconscio”. Le ambientazioni più varie, dai paesaggi notturni, misteriosi, alle architetture esoteriche, alle figure animali luciferine, sollecitano un immaginario onirico, occulto, per portarci a contatto con le correnti artistiche influenzate, tra il 1880 e il primo ventennio del Novecento, dall’esoterismo e dalle dottrine ermetiche.
L’alone di mistero che avvolge queste opere così diverse tra loro trova spesso come protagoniste figure femminili ammalianti, signore della notte, mitiche rappresentazioni tra sacro e profano. E come ben spiega in alcuni passi il curatore, in una bella sala dedicata a tali immagini seducenti, se la strega, maga medioevale nell’immaginario era rappresentata come vecchia, arpia, respingente nelle fattezze e nei modi, tra i due secoli, Ottocento e Novecento, lei diventa una “vergine funesta”, una splendida seduttrice, un’ingannatrice, una sirena delle arti occulte.
La mostra già colpisce con una locandina forte e inquietante del pittore Eugene Grasset, Trois femmes et trois lupus: sebbene l’autore voglia restituire l’immagine di tre streghe volanti, esse ricordano Medea che si aggira nella notte avvolta dai lunghi capelli scompigliati prima di compiere l’orribile fatto. Si prosegue poi tra opere originalissime come la stupefacente Circe di Luis Chalon, raffigurata in trono tra due belve in un ninfeo di piante esotiche mentre brandisce una “verga” magica. Il percorso espositivo ci riporta ancora al tema delle streghe con l’opera di Paul-Sérusier L’Incantation ou Le Bois sacré, tre donne in un bosco, intente a compiere un incantesimo secondo un mito celtico a cui l’autore si è ispirato. Un salto indietro nel tempo con il quadro Astarte di Sascha Schneider che ritrae la divinità, la Dea Madre fenicia, mentre abbraccia inverosimilmente un grande pesce, quasi una Venere che appare dai flutti.
Ho associato così questo bellissimo viaggio tra divinità femminili, sfingi, signore alate dai corpi sinuosi alle altrettanto magnifiche immagini del libro di Maderna, che corredano un volume ricco di storia di genere e specificatamente rivolto all’immaginario e alla storia della strega nei secoli. L’autrice, partendo dalle origini fin prima ancora del mito classico, ci conduce, con semplicità e profondità allo stesso tempo, fino nei meandri più reconditi delle vicende e dei misteri arcaici che spiegano la nascita di tante simbologie e credenze, sviluppatesi intorno alla figura della strega e dei suoi archetipi. La strega era una figura benefica o malefica ? La demonizzazione della donna detentrice di saperi importanti, come quelli della materia medica, quando avviene nella storia? Se le donne curatrici sono nate millenni fa, perché queste sapienti conoscitrici delle erbe e dei loro usi si trasformeranno nei secoli a venire in artefici di malefici?
Queste le domande a cui risponde capitolo dopo capitolo Erika Maderna, che in questo libro è come se andasse a ricucire in un unico grande quadro illuminante tutte le sue precedenti indagini riguardanti le medichesse, le piante e il mito. L’incipit già segna l’impostazione del lavoro in quanto lo inquadra a partire dagli strumenti archetipici del potere delle donne “quando, ancora dee, - afferma Maderna – nella propulsione dell’atto cosmico imprimevano con furia terribile la spinta circolare della vertigine generativa”. Quindi si parte da un atto primigenio della donna, l’atto generativo a lei sola consentito e che vedremo responsabile della sua storia così intricata e accidentata. Secondo l’autrice la storia delle streghe parte da qui, dall’azione magica più temuta perché detentrice di un potere assoluto, quello del plasmare “la vita dalla matassa indifferente del caos”. Smitizza quindi il dato che le streghe siano frutto di un “Medioevo oscurantista”, scavando negli intarsi della storia e svelando quelle che sono state le origini di questo misterioso “affaire stregoneria”. La sua grande conoscenza del mito arcaico ci fa scoprire come sia necessario ripercorrere tutti i passaggi salienti che trasformano una divinità, già venerata e presente in tutto il bacino del mediterraneo e non solo – chiamata in molti modi a seconda delle aree di diffusione – la dea madre, nelle molteplici divinità, quelle dee o protostreghe all’origine del sapere.
“È tempo, Luna, di assistere ai tuoi riti” fa dire Seneca a Medea nell’omonima opera. Se la magia era una prerogativa esclusiva degli dei, buona parte delle divinità femminili erano le detentrici uniche della conoscenza dei filtri e delle pozioni per compiere incantesimi, guarigioni, ipnosi, sortilegi funesti. Da qui la duplicità della natura di queste figure potenti per avere nel loro sapere la capacità di salvare come di uccidere. Tutti elementi che anticipano la strega moderna. Se Ecate è il prototipo arcaico di Malefica è però allo stesso tempo colei che trasfigura i tratti della antica dea levatrice di origine egizia Hekat, protettrice delle nascite, dispensatrice di vita.
I saperi vanno oltre la conoscenza delle erbe “fatate”, capaci di guarire, perché le donne conoscono la pratica ostetrica, quindi generano e contribuiscono anche a consentire l’atto generativo. Ma sono spesso loro stesse che curano e accompagnano alla morte i malati come “silenziose custodi”. Se possiamo tuffarci in quello straordinario mondo mitologico che ci rivela con un'attualità sorprendente i nessi e le relazioni profonde con gli stereotipi, che ahimè ritornano ancora oggi a distorcere l’immagine della donna, a seconda delle necessità su diversi piani, sociale umano e relazionale, successivamente si indaga su un tema piuttosto dibattuto e difficoltoso, quello della “questione stregoneria” come strategia di persecuzione. Mi preme sottolineare come sia calzante e opportuno il termine “l’invenzione della strega moderna”, una digressione che parte dai libri dei padri, dove si evincono le pene inflitte per il peccato di negromanzia e divinazione fino allo scenario religioso del basso impero e i relativi culti orientali, di Mitra o della dea Iside, nell’ermetismo, nel neopitagorismo e neoplatonismo, pericolosi ancor più delle pratiche superstiziose popolari agli occhi del teologo cristiano.
Non manca un inquadramento che individua la sequenza storica delle varie misure “giuridiche” e dei documenti, come le Bolle apostoliche, che portarono alla nascita dei celebri tribunali dell’Inquisizione e la lotta all’eresia, minaccia concreta per l’ortodossia, che temeva insieme ad essa la rivolta sociale e la diffusione di sette, sabba spesso assimilati alla donna che si offriva al diavolo. Incontriamo poi il trattato storico domenicano che per eccellenza sancisce “la prova inconfutabile della complicità tra la donna e il diavolo” che nel 1486 dà inizio alla caccia alle streghe: Malleus maleficarum, il Martello delle streghe. Da qui l’invenzione della cultura erudita dell'equivalenza tra stregoneria ed eresia. Per non citare poi l’introduzione della tortura già nel 1252 con Innocenzo IV, nei processi per eresia con la bolla pontificia Ad Extirpanda, con procedure apposite per la stregoneria e per le indagini di magia terapeutica.
Quindi la donna è ancora “ambiguo malanno” come la definisce Euripide dando voce a Zeus nell’Ippolito. E qui Maderna si sofferma in una parentesi sintetica ma di grande interesse e pregnanza sull’avversione al femminile nella storia, toccando opere filosofiche come Gli ornamenti delle donne di Tertulliano. L’autrice approfondisce lo svolgimento dei processi e delle torture che portavano le malcapitate a essere costrette a confessare anche attività mai praticate. “Stringo gli occhi e diranno che rido”, dice Franchetta Triora nel 1588. Dopo secoli di persecuzione i roghi cominciano ad attenuarsi col volgere del XVIII secolo, per poi estinguersi: “le streghe smisero di esistere quando si cessò di bruciarle”, intuì Voltaire.
Per completare l'argomento è importante soffermarsi sull’uso delle erbe, delle stregherie, dei sortilegi e degli incanti, dove ritornano le terapie delle erbarie e delle medichesse, quelle curatrici che usavano tecniche estranee agli accademici che poco toccavano i pazienti, limitandosi alla diagnosi e delegando il contatto ai loro assistenti. Le donne erano le più dotte conoscitrici delle erbe sapendole riconoscerle e usarle per ogni rimedio. Non svelo poi il ricco apporto di sette biografie di streghe e curatrici, da Gabrina che stregò Ludovico Ariosto a Benvegnuda Pincinella della Valcamonica, alle processate Bellezza Orsini nel 1528 a Fiano Romano ed Elena La draga nel 1571 a Venezia. Ma quali erano i rimedi, i veleni e gli antidoti di cui si faceva uso? Questo a voi scoprirlo, magari in un pomeriggio d’inverno davanti a una fiamma scoppiettante … Un Felice Anno a tutti i miei lettori !