Le risaie piemontesi costituiscono un affascinante e cangiante eco sistema che si estende per 400 mila ettari tra le province di Vercelli, Biella e Novara. Dall’inizio della primavera fino a estate inoltrata, regina incontrastata del territorio - dove operano regolarmente quattro mila aziende agricole - è l’acqua, distribuita e amministrata grazie a un complesso meccanismo di ingegneria e architettura idraulica composto da canali artificiali, sbarramenti, bacini, edifici di presa e snodi di cui il Canale Cavour - importante opera risalente alla seconda metà dell’Ottocento ancora oggi considerata tra le più rilevanti realizzate nel settore dell’ingegneria idraulica a livello europeo - rappresenta la struttura principale.
Al termine dell’interminabile e monotona parentesi invernale, il primo personaggio a fare la sua comparsa nelle risaie, è l’acquaiolo. Un tempo, svolgeva il suo fondamentale compito manualmente aiutandosi con tridente, badile e falcetto, suoi inseparabili strumenti di lavoro, e per velocizzare i suoi continui spostamenti tra i campi percorreva in bicicletta i sentieri ricavati sugli argini più ampi e solidi. In casa, aveva appreso le nozioni essenziali del suo lavoro, generalmente tramandato da una generazione all’altra. Sapeva interpretare i movimenti dell’acqua e ne prevedeva il comportamento, conosceva a perfezione il percorso di una roggia e il grado di permeabilità di ogni terreno e, non di meno, osservando con occhi lungimiranti il movimento delle nuvole e fiutando il vento, intuiva, sbagliando raramente, l’avvicinarsi di un temporale. Il suo apporto è stato imprescindibile fino agli anni Sessanta del Novecento quando cioè non si usavano diserbanti e le erbe infestanti erano combattute anche con la gestione dell'altezza dell'acqua. Non di rado era anche un pescicoltore e un allevatore di rane. Oggi, invece, consulta il meteo e si muove a bordo di moderni mezzi agricoli equipaggiati con sofisticate strumentazioni, sensori intelligenti e rilevatori laser che rendono la sua attività più efficace e precisa ma decisamente meno romantica e creativa.
L’obiettivo comunque è sempre lo stesso cioè quello di garantire volume, altezza e ricambio d’acqua ottimali nelle risaie per trasformare un terreno brullo, arido e inanimato in una scintillante e quieta laguna dove, tra effetti ottici e riflessi di cielo, le grange, monumentali cascine produttive, sembrano isole incantate sorte da un mare calmo, placido, fermo. In primavera, inondato d’acqua e dal pulviscolo di mille nuvole leggere, riflette l’azzurro di un cielo che promette sogni; in estate, i germogli del suo frutto migliore lo trasformano in un mare verde imbevuto di buoni profumi che addolciscono l’aria e inebriano i sensi; in autunno, quando le giornate iniziano a cedere luce e invitano a sostare in luoghi caldi e accoglienti, risplende delle onde dorate delle messi mature; in inverno, quando i gesti perdono spensieratezza e allegria per diventare più severi e attenti, avvolto nella irreale iridescenza delle nebbie padane, si addormenta, ma, sotto il gelo pungente, già si prepara a rinascere.
Per arrivare a ciò, ripristina gli argini danneggiati durante la brutta stagione. In seguito, prosegue con la manutenzione dei fori di ingresso e di uscita di ogni camera, degli edifici di presa, delle traverse di derivazione, delle paratie e, infine, delle bocche di approvvigionamento che permettono di regolare il livello dell’acqua all’interno dell’appezzamento.
Fondamentale è anche lo scrupoloso lavoro di preparazione, compattamento e livellamento dei vari appezzamenti. Dopo aver rinforzato il terreno a valle con appositi sostegni, realizza una serie di gradoni, perfettamente piani e privi di avvallamenti, buchi o depressioni, leggermente digradanti. Le sezioni così ottenute saranno delimitate da appositi argini, più bassi e sottili se interni alla tenuta, più alti e robusti se ne segnano i confini. Un preciso gioco di equilibri che si raggiunge sfruttando, con la precisione di un esperto giocatore di biliardo, dislivelli di soli pochi centimetri su un panno verde di migliaia di ettari sul quale l’acqua carambolerà lentamente, rendendo fertile ogni lembo di terra.
Tutto deve essere pronto per la fine di marzo quando l’acqua derivata dal complesso sistema di canali artificiali, unita a quella dei fossi di raccolta e delle risorgive, raggiunge i vivai dove, per salvaguardare i fondali e non danneggiare le piantine di riso, continuerà a scorrere, con un impercettibile ricambio, per fornire costantemente l‘ossigeno necessario alla loro germinazione e contrastare la putrefazione di sostanze vegetali.
L’acqua è immessa nella camera di testa della tenuta attraverso l’apposita bocchetta di ingresso. Grazie al solco di scorrimento realizzato sul suo fondale, raggiungerà il foro di uscita sul lato opposto che corrisponde a quello di entrata del campo adiacente. Attraverso le aperture praticate ad arte sulle sponde, tutto l’impianto sarà quindi messo in comunicazione e l’acqua vi defluirà in modo uniforme. Infine, nuovamente canalizzata sarà riutilizzata per irrigare altri poderi prima di essere, provvidenzialmente, restituita al Po. Manutenzione delle strutture danneggiate dalle avversità atmosferiche, salvaguardia ambientale e paesaggistica, custodia del territorio, controllo delle chiuse e dei livelli dei canali per ovviare a piogge improvvise o, per contro, a periodi di siccità, sono le costanti preoccupazioni dell’acquaiolo, fino alla fine dell’estate quando le risaie saranno prosciugate per consentire la mietitura del riso. Chissà se il “babanin”, il folletto delle rogge e dei canali, lo stesso che trasmette l’amore per le risaie a chiunque ci si avventuri, oltre a fargli compagnia, gli dispensa anche qualche prezioso consiglio.
Un ruolo importante per mantenere compatto e rinforzare il terreno delle barriere che separano le risaie, frenare le fuoriuscite di acqua e rallentare eventuali inondazioni è svolto dalla tipica flora ripariale formata prevalentemente da giunchi, canneti e giaggioli acquatici. In aggiunta, salvaguardano un buon grado di naturalità altre varietà floreali come la rosa canina, generosa di smaglianti bacche rosse; l’erica, apprezzata per le sue splendide e durature fioriture; il prugnolo, che in tarda estate produce fragranti frutti da impiegare in cucina e, infine, il biancospino, comunemente detto “pianta dei boschi”. Tra i rampicanti, oltre l’edera, è particolarmente diffuso l’equiseto, una pianta erbacea molto antica in grado di colonizzare facilmente ampie superfici.
È la superba inquadratura di un paesaggio agrario modellato da generazioni di contadini che si sono consumati negli stessi poderi e nella stessa campagna ostinatamente, per secoli. Un confortante disegno della natura, unico, inesauribile, accogliente, sorprendentemente morbido e seducente. Un’equilibrata e armonica geometria che fonde piccoli centri abitati, case sparse, ordinati filari di pioppi, cascine maestose, vestigia di antichi feudi con un numero infinito di ritagli d’acqua.
L’amore finisce dove finisce l’erba e l’acqua muore.
(Giorgio Caproni, poeta ermetico)