Dal deserto della ragione con i suoi scheletri e le sue ansie non ci resta dunque, come scriveva Junger, che passare al Bosco. Questo luogo mitico non è la meta di una fuga romantica né di un idillio, ma un'escursione non solo fuori dai sentieri tracciati, ma oltre gli stessi confini della meditazione.
Si tratta di un luogo mitico: al Bosco, infatti, appartengono l’arte, la poesia e l’immaginazione, e in quanto dimorante nel mito esso non è retaggio del passato, ma è eterno, dato che ai miti non si può tornare retrocedendo nella storia, ma ricompaiono da soli, inesorabilmente, ogni qualvolta i tempi vacillano dalle fondamenta. Così dal Bosco che ciascuno porta dentro di sé può riemergere la consapevolezza della scintilla divina che ogni uomo possiede e che le forze che alimentano il deserto, nei secoli, gli hanno fatto piano piano dimenticare. L’Arte, quindi, attraverso i suoi simboli eterni e universali può ancora “parlare” del Bosco all’anima degli uomini. Gli artisti, infatti, sono coloro che distillano dalla Natura e dalla Vita, nella misura più varia, quell’ambrosia di cui è in cerca chi fugge dal deserto della ragione. E questo li rende sacri e preziosi, anche quando non vengono riconosciuti immediatamente come tali. Ecco allora che in questa dimensione si inscrive la poetica di Costanza Savini e di Octavia Monaco.
Il loro Bosco reale, metaforico, trasognato, avviluppante e seducente, popolato da creature sublunari vive rigoglioso nelle aule atemporali del pensiero onirico e da queste parla all’osservatore attraverso il realismo magico-esoterico di Costanza e il simbolismo iconico di Octavia. Infatti entrambe, pur con modi e strumenti diversi, attingono a tradizioni sapienziali antiche, attraverso un sincretismo simbolico e mitologico che allude contemporaneamente ai miti precolombiani e alla sapienza druidica, alla cosmogonia aborigena e ai Grandi Dei di Samotracia. Così attraverso il loro lavoro piano piano esse ci portano a una vertigine luminosa, in un Domaine Mysterieux da cui è possibile uscire sì, ma come da certe feste indimenticabili, con tanti lustrini addosso che continuano a brillare, sulla nostra pelle, per molto tempo ancora.