Il grande lavoro di ricerca portato avanti da Galanti si basa, principalmente, sullo studio della storia romana e sugli exempla necessari a capire le leggi e la società.
Consapevole delle enormi differenze che separano il pensiero degli antichi da quello dei “moderni”, Galanti sceglie come nuovo modello Montesquieu ma anche altri illustri pensatori, tra i quali Voltaire, Millot e Condillac. Un'attenzione particolare è poi rivolta agli storici inglesi moderni, come Hume e Robertson. Secondo Galanti, la storia, affinché sia davvero compresa, ha bisogno di essere supportata dalla filosofia, in quanto è la filosofia che spiega meglio alcuni fenomeni; pensiamo alla leggi naturali, economiche e morali che sono alla base di ogni società. Le ragioni di alcune scelte politiche, ad esempio, possono essere condivise o meno, solo se sorrette dal pensiero filosofico.
Negli ultimi anni della sua vita, le idee di Galanti sono caratterizzate da un grande pessimismo di fondo; come se egli stesso si fosse arreso al corso degli eventi (in questa fase, l'autore sembra appoggiare il modello regalista). Per Galanti, i popoli subiscono continuamente dei cambiamenti e anche repentini perché sono in continua evoluzione. Dunque la “felicità”, intesa secondo la concezione illuminista, è qualcosa di effimero. È come se Galanti, durante l'ultimo periodo della sua vita, tirasse un po' le somme su quanto riscontrato in anni e anni di studio e mettesse in discussione alcuni assunti: la storia non si ferma più solo alla narrazione delle vicende esterne ma, adesso, l'autore pone al centro l'interiorità dell'uomo, lo spirito umano.
Placanica accosta spesso la figura di Galanti a quella di Leopardi. Secondo l'autore, entrambi sono accomunati da una medesima riflessione sul futuro: l'Italia viene vista sempre di più come un Paese destinato allo sfacelo, soprattutto se confrontato con l'efficace modello nordico. Nel libro di Placanica Galanti del suo e del nostro tempo si ha l'impressione che l'autore finisca per identificarsi con lo stesso Galanti, del quale condivide quasi tutte le idee. Con la morte di Placanica, avvenuta nel 2002, tramonta ancora una volta il sogno di portare a termine un lavoro rimasto, per troppi anni, incompiuto.
Seppur indirizzato dalla famiglia a intraprendere gli studi legali, Galanti si appassiona agli studi di economia politica. Inoltre, nel 1765, lo scrittore molisano si laurea in Giurisprudenza. Nel 1780, Galanti pubblica le Osservazioni intorno a' romanzi, alla morale e a' diversi generi di sentimento; un'introduzione all'opera Prove di sentimento, in cui raccoglie le opere di Fénelon, Richardson, D'Arnaud, Marmontel e altri. In questa raccolta, narrativa e teatro europeo si fondono conformandosi al nuovo gusto settecentesco. In ogni caso, Napoli resta ancora immune dal profondo cambiamento dei gusti del pubblico mentre i modelli di riferimento, per Galanti, restano quelli inglesi e francesi. Un nuovo tipo di letteratura si va affermando.
La letteratura sentimentale serve a migliorare i costumi e le virtù dell'uomo. Una nuova sensibilità attraversa le pagine del romanzo moderno, i cui lettori si identificano sempre di più con i suoi protagonisti. Grazie a quest'emulazione risulta più facile trasmettere al lettore le virtù sociali. Un romanzo che è, forse, molto più “psicologico” rispetto alla tradizione. In altri termini, il romanzo del Settecento può e, anzi, deve formare l'individuo.
Il sistema feudale e la giurisdizione baronale sono considerati i due grandi e insormontabili problemi del Mezzogiorno. Gli altri “mali” che affliggono il Regno di Napoli possono essere individuati nella Chiesa (nel 1764, viene affrontata la questione della proprietà ecclesiastica), nella cattiva amministrazione della giustizia e nelle disparità relative alla distribuzione delle ricchezze. La religione, per poter essere davvero utile deve incontrare i bisogni della popolazione, deve servire a ristabilire un nuovo ordine politico e sociale.
Nel percorso da intellettuale e uomo politico, Galanti esprime la sua concezione di una visione del potere politico autonomo (egli spera in una monarchia illuminata), svincolato dalle pretese ecclesiastiche; che sarebbero anche la causa dell'arretratezza in cui si troverebbe il Regno di Napoli. Galanti sottolinea anche la mancanza di figure importanti per lo sviluppo economico della società, come quelle del mercante, molto presente invece in Inghilterra.
Nelle Considerazioni politiche sopra i vantaggi e gli svantaggi del Regno di Napoli, Galanti affronta il tema della questione economica nel Regno. La Civile Filosofia (1761) e Considerazioni politiche (risalente, presumibilmente, al 1759), secondo Martelli, non sono mai “approdati alla stampa”. Alcuni capitoli della Civile Filosofia sono dedicati al commercio del Regno. In questi due scritti giovanili, appartenenti all’archivio privato di famiglia, emerge l’influenza di Antonio Genovesi. Le opere sono andate perdute per circa un settantennio e, attualmente, sono conservate nell'Archivio di Stato di Campobasso. Proprio per la rilevanza delle tematiche affrontate, il trattato Considerazioni politiche è stato attribuito ad un autore francese che Galanti si sarebbe limitato solo a tradurre. Chiaramente, l'intenzione dell'autore molisano è quella di tutelarsi e di conferire più credibilità al testo, avendo ancora poca esperienza nel trattare questioni di carattere economico.
«Il personale immediato contributo alla causa del Regno offerto da un giovanissimo Galanti è costituito appunto dai due trattati, Civile filosofia e Considerazioni Politiche, che composti rispettivamente da diciannove e nove capitoli, presentano non pochi temi sviluppati nelle opere maggiori e molti difetti strutturali e formali, non rappresentando evidentemente una stesura definitiva: l'autore infatti torna più volte su qualche concetto, riproponendolo talvolta anche con le stesse parole [...]» 1.
La pubblica felicità, i diritti umani, le teorie popolazioniste sono solo alcune delle tematiche al centro dei due trattati. In questi due scritti, il Galanti “riformatore” espone le sue idee in modo ancora più incisivo. Stando a quanto sostenuto da Sebastiano Martelli, Galanti si occupa di quella che la storiografia chiama provincializzazione del Regno e lo fa nella Descrizione del Contado di Molise come nella Descrizione delle Sicilie.
Il nodo cruciale è il divario tra la provincia e la capitale che spinge la popolazione, ormai stanca delle pressioni subite a causa dei baroni che si sentono liberi di esercitare il loro indiscusso potere, a trasferirsi nella capitale; causando in questo modo ulteriori danni e impedendo l'attuazione di un buon governo. Sebastiano Martelli riporta questa tematica anche nella premessa al testo La Floridezza di un Reame - Circolazione e persistenza della cultura illuministica meridionale: «E poiché la floridezza di un reame più della condizione delle provincie che da quella della capitale si misura, egli spinse i suoi benefici sguardi sino alle parti estreme di esso». Lo stesso, inoltre, chiarisce qual è il ruolo, quale la “missione” del mondo intellettuale meridionale, impegnato in un progetto riformatore e trasformatore di ampio respiro. Una riflessione che, nelle sue punte più avanzate, intende coinvolgere l’intera società, superando le storiche arretratezze delle classi egemoni con la partecipazione in prima linea della borghesia agraria, dei contadini e di tutti coloro che desideravano, ormai da troppo tempo, uscire dalla “lunga notte dell'Antico Regime”.
1 G.M. Galanti, Della Civile Filosofia, trattato di Giuseppe Maria Galanti riguardando la Felicità Economica e Grandezza del Nostro Regno, Introduzione, p.12.