Nell'ambito delle festività di Natale non esiste simbolo più rappresentativo dell’albero, diffuso sicuramente in tutta Europa, ma ultimamente anche in moltissime parti del mondo. L'albero viene rappresentato e decorato nei modi più disparati, dalla scelta del colore alla stilizzazione della forma, è presente in tutte le piazze e nelle grandi città, rappresentando talvolta l'espressione di un quartiere o di una cultura locale; è stato accettato ovunque non tanto come simbolo religioso, ma come espressione di un periodo particolare dell’anno dove volenti o nolenti aumenta il volume di scambi commerciali. Tutti oramai, forse anche grazie alla diffusione capillare attuata dai mezzi di comunicazione, conoscono l’albero di Natale e sanno che sotto l’albero ci sono i regali, senza soffermarsi più di tanto, su chi porta i doni, come li porta e da dove arrivano, specialmente quando si è bambini.
La storia dell’albero di Natale segue da vicino la storia dello stessa Natività e della necessità per la religione cristiana di costruire una propria simbologia, assorbendo le tradizioni e i simboli delle religioni pagane già presenti in tutta Europa forse prima ancora dell’epoca romana. Le tradizioni e i simboli possono essere da convertire e adattare, come quelli legati al culto di Saturno, dio dell’agricoltura, o a quello di Mitra. Entrambi, in tempi diversi, erano celebrati nello stesso periodo dell’anno (il solstizio invernale). Per questo e per altri motivi fu deciso, solo nel IV secolo, di celebrare la nascita di Cristo il 25 dicembre. Quale simbolo migliore di un albero con le sue ramificazioni per diffondere un messaggio dalle radici salde e una vitalità sempre verde, come per certe varietà di piante d’alto fusto?
I Romani decoravano le loro case con rami di pino e altri sempreverdi alle Calende di gennaio. Tra i Celti, i sacerdoti e le sacerdotesse druidi usavano decorare i loro abeti rossi e bianchi per le celebrazioni del giorno più corto dell’anno. Tra i Vichinghi dell’estremo Nord dell’Europa, per esempio, dove il sole “si nascondeva” per settimane nel pieno dell’inverno, l’abete rosso, così diffuso a quelle latitudini, era ritenuto in grado di esprimere poteri magici, poiché, tra i pochi alberi in grado di resistere a quelle condizioni, non perdeva le foglie nelle gelate dell’inverno. Alberi di abete venivano tagliati e portati a casa, decorati con frutti, ricordando la fertilità che la primavera avrebbe ridato. E quando I primi missionari raggiunsero le regioni scandinave cominciò a diffondersi l’uso dell’albero di Natale anche come simbolo cristiano.
Nell’Alto medioevo, i primi alberi di Natale erano chiamati “alberi del Paradiso” e venivano spesso decorati con mele per evocare la mela menzionata nel peccato originale, e con piccole ostie per simboleggiare la venuta di Cristo come Salvatore. Col tempo le ostie furono sostituite da candele, noci, castagne, dolci e biscotti, come simboli della redenzione di Cristo; le mele divennero palline colorate, e ai nostri giorni ecco la combinazione di palline, luci al posto di candele, e doni o pacchetti di dimensioni pari a quella dell’albero.
Per molto tempo, la tradizione dell'albero di Natale rimase tipica delle regioni a nord del Reno perché i cattolici la consideravano un'usanza protestante. Furono gli ufficiali prussiani, dopo il Congresso di Vienna, a rendere possibile la sua diffusione. Ancora oggi, la tradizione dell'albero di Natale, così come molte altre tradizioni natalizie correlate, è sentita in modo particolare nell'Europa di lingua tedesca sebbene sia ormai universalmente accettata anche nel mondo cattolico. Quest'ultima affermazione trova conferma nell’usanza, introdotta durante il pontificato di Giovanni Paolo II, di allestire un grande albero di Natale nel luogo cuore del cattolicesimo mondiale, piazza San Pietro a Roma.
L’albero è anche all’origine di molte discussioni relative all'opportunità di usare un albero vero o un albero artificiale, discussioni che non sono esclusiva espressione di matrice ecologica, ma anche a sfondo filosofico, esoterico e ovviamente commerciale. Tuttavia un gruppo di ricercatori svedesi ha stimato che l’energia consumata nell’intero ciclo di vita di un albero vero di 2 metri di altezza e 10 anni di coltivazione alle spalle, è appena un quinto di quella consumata da un albero artificiale di 20 chilogrammi di plastica made in China, pur nell’ipotesi molto ottimistica che sia usato più di 5 volte prima di finire in discarica. Al contrario, gli alberi veri, durante il periodo di crescita in vivaio, assorbono anidride carbonica dall’atmosfera e vengono sostituiti di volta in volta sfatando la comune opinione che intere foreste siano distrutte durante le festività natalizie.
La fortuna e la diffusione dell’albero addobbato si devono anche allo scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe che, pur non essendo estremamente religioso, amava moltissimo la tradizione dell’albero di Natale, in quel periodo molto praticata in Germania soprattutto nelle case dell’aristocrazia. Nella sua opera più famosa, I dolori del giovane Werther, lo scrittore inserisce anche una descrizione molto precisa dell’albero e del Natale.
Oggi gli alberi di Natale sono immancabili nelle case europee e nordamericane, ma il fenomeno combinato di tradizione e business lo hanno portato ad essere il simbolo delle festività di fine anno più famoso a livello planetario. Nel dopoguerra il fenomeno ha acquisito una dimensione commerciale e consumistica senza precedenti, che ha fatto dell'albero di Natale un potenziale status symbol: la magnificenza dell’albero e dei ninnoli rappresentano l’abbondanza e la grandezza della casa che lo ospita e tutto ciò ha dato luogo, insieme alle tradizioni correlate, alla nascita di una vera e propria industria dell'addobbo natalizio.