Come sappiamo di essere noi quando ci guardiamo allo specchio? Che cosa permette di riconoscerci? Di percepire colori, emozioni, dolore, amore, di creare e di sognare? Un meccanismo misterioso, che per molto tempo abbiamo immaginato fosse contenuto nel cervello, o forse più in basso verso il cuore. Ma che probabilmente si diffonde dentro, fuori e intorno a noi.
Questo meccanismo perfetto e affascinante si chiama coscienza. Ma la coscienza è la mente? È il corpo? È il cervello? È l’anima, il cuore? A scavare alle radici del pensiero coscienziale è un neuroscienziato appassionato degli stati di coscienza, Enrico Facco, che con L’enigma della coscienza scritto in parte con il fisico quantistico Fabio Fracas per i tipi di Mondadori Università, analizza storicamente e scientificamente un fenomeno ancora completamente sconosciuto.
La discussione del tema della coscienza è un argomento relativamente recente. L’excursus storico e filosofico costituisce la prima parte del rigoroso saggio di Facco che consta di quasi 300 pagine. “La scienza moderna da Galileo Galilei – spiega lo studioso - con lo straordinario valore della rivoluzione scientifica del Seicento, è nata anche come prodotto di compromesso con l’Inquisizione e la Chiesa. Da una parte Galileo stesso nel dialogo sulle ‘Due nuove scienze’, in un passo dice che in fondo dobbiamo lasciare l’infinito e il senso dell’anima alla competenza di ‘dottrine più alte che le nostre’, lo dice dopo l’abiura. Nello stesso periodo Cartesio compie una scelta metafisica, che permetteva di risolvere il problema di questo attrito tra scienze nascenti e Chiesa, che è quello di separare la res cogitans dalla res extensa in maniera radicale. Questa separazione ha permesso di salvare l’anima dal modello matematico-scientifico e lasciarla alla competenza teologica della Chiesa, mentre la macchina terrena del corpo poteva essere studiata col paradigma delle scienze galileiane. L’anima è stata studiata fino alla fine dell’Ottocento, si cercava di capire dove fosse collocata nel corpo e che relazione esistesse. Conoscere la forma dell’anima, il luogo in cui si celava era l’ossessione di una certa filosofia e scienza ottocentesca, ma l’enigma non si svela e nemmeno il saggio di Enrico Facco ha questa pretesa, tuttavia lancia un sasso nello stagno.
“Il mio libro non dà soluzioni ma bensì solleva dubbi radicali – prosegue il neuroscienziato che ha studiato approfonditamente le esperienze di pre-morte e di uscita dal corpo - che riguardano anche cosa cercare, come cercare e che cosa possiamo sapere oggi e come questo vada sottoposto a revisione. Ma non le conoscenze che abbiamo sulla coscienza, quanto il problema fondamentale di che cosa studiare. La coscienza è un termine amplissimo che ha mille connotazioni. La coscienza fa riferimento allo stato di coma ad esempio, fa riferimento ai contenuti della coscienza, all’esperienza e al suo fluire nel tempo, si collega all’autocoscienza, alla conoscenza di sé, l’idea che ho e che gli altri hanno di me, tutte cose che sono strettamente correlate, e la percezione della realtà. La coscienza ha la caratteristiche di rendersi conto di se stessi e dell’ambiente che ci circonda.
Ma infine, esiste la coscienza? Possiamo giungere a comprenderne l’estensione, la qualità, il significato? L’enigma, in fondo, è quello che attraversa la storia dell’umanità.
“Io sono incline a dire di sì – sottolinea ancora Enrico Facco - ma senza per questo reificarla o renderla una struttura solida. La coscienza è un processo funzionale. Permette di renderci conto di esistere. La coscienza è un processo dinamico e, ad esempio, in sanscrito coscienza si dice bvrtti o cittha bvrtti che vuol dire turbine, onda, vortice della coscienza perché la coscienza è come le onde del mare e le onde del mare non sono certamente l’acqua del mare. In un certo senso potremo postulare un’analogia concettuale tra l’onda in sé e l’acqua del mare e tra la mente e il cervello che sono strettamente correlati. Senza mare non c’è onda”.
Nella prima parte del libro Enrico Facco cerca di definire la coscienza con le sue caratteristiche essenziali. Ci sono, tuttavia, aspetti quantitativi della coscienza: come appunto lo stato di coma, l’eccitazione parossistica, e poi esistono aspetti qualitativi come l’umore, le emozioni, gli stati d’animo. C’è la componente affettiva che ovviamente modula la coscienza e c’è l’esperienza che va a plasmare la coscienza.
L’argomento coscienza ha un’età relativamente giovane, risale a cent’anni fa. C’era una naturale separazione tra mente e coscienza, tra esteriorità e interiorità. Siamo proprio sicuri di essere nella realtà e non piuttosto in una rappresentazione convenzionale della coscienza? “Noi viviamo nel mondo del realismo naif in modo istintivo. Siamo portati a credere che la realtà sia quello che vediamo perché ci si rende conto di quello che si percepisce ma non di quello che non si percepisce. Inoltre, non si è coscienti dei meccanismi cerebrali di codificazione dell’immagine. Quindi c’è un’unione diretta tra mondo esterno e rappresentazione mentale. La realtà che noi conosciamo è una cocreazione del mondo esterno e della coscienza”.
Venendo alla fisica quantistica che occupa ben due capitoli ne L’enigma della coscienza, quest’ultima ha avuto il merito di dimostrare che la figura dell’osservatore neutro è illusoria, l’osservatore invece influenza i fenomeni e li modifica. “Ci sono due capitoli dedicati, uno relativo alla fisica quantistica e relativistica in cui si delinea l’osservazione di un paradigma diverso e di come sia stato scardinato il modo di pensare classico e i concetti di spazio-tempo universali”. Quindi noi influenziamo la realtà osservandola come l’onda e la particella del celebre esperimento?
“La materia è energia, la fisica quantistica apre nuove opportunità di studio”. Un mondo nuovo come potrebbe essere lo studio della coscienza, un enigma non ancora rivelato che profila un orizzonte completamente nuovo.