Da alcuni anni ormai la mia vita è felicemente in bilico tra la cooperazione internazionale e la musica: si tratta di ambiti che possono sembrare molto lontani tra loro, ma in realtà hanno un comun denominatore, che è quello di puntare a migliorare la qualità della vita delle persone, e favorire relazioni positive e pacifiche. La mia esperienza di cooperante in Africa mi ha insegnato che l'assenza di bellezza genera spesso brutture di carattere non solo estetico ma anche morale che mi piacerebbe sparissero dalla faccia della Terra una volta per tutte. In sostanza, quindi, si tratta dello stesso obiettivo, solo che, da un lato, il mio lavoro nell'ambito della cooperazione allo sviluppo ha un impatto più diretto e materiale, mentre mi piace pensare che la musica possa contribuire almeno un po' a un cambiamento a livello spirituale o, se non altro, a un momento di riflessione o relax che aiuti ad avere una visione più positiva o profonda della vita. Per quanto riguarda i sogni, mi piacerebbe che si riducessero le diseguaglianze nel mondo e, nel microcosmo del Jazz, che più musiciste fossero incoraggiate ad avvicinarsi a questo genere. Gioie, moltissime, nella vita privata, nel lavoro e nella musica. Delusioni, molto poche: forse la principale è vedere che certi ragionamenti e comportamenti che pensavo fossero ormai relegati ai libri di storia del Novecento stanno nuovamente emergendo. Progetti: tanti, ma lasciando un po' di spazio anche alle sorprese.
Quali esperienze e incontri l’hanno spinta ad occuparsi di un’umanità bisognosa, come quella per cui si è impegnata in Africa?
Credo sia stato frutto soprattutto dell'incontro con insegnanti molto convinti dell'importanza dell'impegno, che potremmo definire umanistico, nella società (nel senso di Erasmo da Rotterdam, Montaigne e, più tardi, Camus). In un ambito diverso, un esempio che mi colpì molto, fu quello di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: durante l'adolescenza, pensai di volere seguire la loro via e diventare magistrato ma, alla fine delle superiori, cominciai a conoscere meglio le organizzazioni non governative e mi iscrissi a Scienze Politiche con l'idea di lavorare nella cooperazione internazionale allo sviluppo.
Il suo curriculum è ricco di interventi umanitari, assistenziali ed educativi nei paesi del Sud del mondo: quali sono, oggi, i problemi ancora aperti?
Nel 2000, i 193 Stati membri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite si erano dati 8 Obiettivi di Sviluppo del Millennio in vari ambiti da raggiungere entro il 2015. Fissare degli obiettivi ha contribuito ad avanzamenti significativi in molte aree tematiche in vari Paesi, ma permangono forti disparità sia a livello geografico che di diseguaglianze interne, cosa che ha indotto l'ONU a riformulare gli obiettivi per il 2030, dandosi 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile che riguardano, ad esempio, la lotta alla povertà, alla fame, alla carenza di acqua pulita e servizi igienici adeguati, all'analfabetismo, alle diseguaglianze, alla disparità di genere, ai cambiamenti climatici.
In particolare, qual è la condizione della donna africana?
La condizione della donna in Africa è tuttora molto complessa e diversificata. In generale, le bambine hanno meno facilità di accesso all'istruzione primaria e la discriminazione aumenta ulteriormente per l'istruzione secondaria e l'università o gli studi professionalizzanti. Questo sia per una scelta deliberata dei genitori qualora le risorse famigliari non siano sufficienti a far studiare tutti i figli, sia perché le bambine devono svolgere vari compiti per contribuire alla gestione domestica. Spesso, tra l'altro, le ragazze si sposano giovanissime, in molti casi senza avere la possibilità di scegliere il proprio consorte, e hanno figli ben prima di raggiungere la maggiore età. In alcuni Paesi vi sono, inoltre, situazioni di violenze gravissime sulle donne, come nel caso delle zone in cui sono tuttora praticate le mutilazioni genitali o di quelle in cui la violenza sessuale e lo stupro sono diffusi e utilizzati sistematicamente anche come arma di guerra. E' però importante sottolineare che vi sono dei cambiamenti positivi in atto, molto lenti, trattandosi di cambiamenti culturali.
Lavora come “desk officer responsabile dei progetti educativi all’estero” per “Mission Bambini Onlus”…
Mission Bambini è una fondazione privata, nata nel 2000 a Milano. In questi anni abbiamo aiutato più di 1 milione e 300 mila bambini in oltre 70 Paesi, garantendo accesso all'istruzione e cure mediche ai piccoli cardiopatici. In Italia siamo attivi nel sostegno ai servizi alla prima infanzia e sul tema dell’inserimento lavorativo di giovani NEET (ossia ragazzi che non studiano e non lavorano). Io in particolare mi occupo della valutazione iniziale di progetti educativi per i quali organizzazioni locali di Paesi dell'Africa, dell'Asia o dell'America Latina chiedono un finanziamento alla Fondazione. I progetti che vengono valutati positivamente e quindi finanziati sono poi monitorati in corso d'opera per verificare che i fondi vengano effettivamente utilizzati per le attività previste e che si raggiungano i risultati finali attesi . La maggior parte dei progetti che seguo attualmente sono in corso da vari anni e l'obiettivo non è solo quello di facilitare l'accesso dei bambini e delle bambine all'istruzione per un certo periodo, ma di rendere autosufficiente l'organizzazione partner locale. Un ambito interessantissimo sono le "Borse rosa", ossia borse di studio per le ragazze che frequentano la scuola secondaria, studi professionalizzanti o universitari, proprio per cercare di colmare il divario di genere di cui parlavo prima.
Esistono e sono attive tante associazioni di volontariato onlus, che operano meritoriamente nello stesso settore: come si coordinano?
Non sono molto conosciute ai non addetti ai lavori, ma ci sono varie istanze di coordinamento a livello sia geografico che settoriale. Ad esempio, per quanto riguarda i bambini, in Italia, il Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, cui aderisce Mission Bambini Onlus oppure l'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, che mira a contribuire a definire una strategia e un sistema di monitoraggio per il conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Nei contesti di emergenza all'estero, generalmente il coordinamento è affidato a una delle agenzie delle Nazioni Unite e in molti casi sono attivi gruppi di lavoro settoriali e intersettoriali che facilitano la copertura dei bisogni umanitari evitando il sovrapporsi degli interventi. Pensando a situazioni di sviluppo comunitario come quelle cui contribuiamo come Fondazione Mission Bambini Onlus, mi sento però di dire che la diversità è un'immensa ricchezza per dare risposte che siano ritagliate perfettamente per un certo contesto.
È appassionata di jazz, che ha le sue radici in Africa, continente che lei conosce profondamente, è forse da qui che è nato il suo amore per questa musica?
La prima scintilla è sicuramente nata in Mali, dove ho lavorato per oltre un anno. In questo Paese la tradizione musicale è ricchissima e ho avuto la fortuna di poter suonare il basso elettrico nel gruppo Yalafoly che aveva un repertorio di brani tradizionali, pezzi propri e alcuni standard jazz. Da qui è nata la voglia di approfondire lo studio di questo genere, cosa che ho iniziato a fare presso la Civica Scuola di Musica "Salvatore Licitra" di Cinisello Balsamo, sotto la guida di Roberto Gelli. Una bellissima esperienza che mi ha permesso di acquisire le basi necessarie per entrare alla “Civica Scuola di Musica Claudio Abbado” dove attualmente studio contrabbasso jazz.
In una sua ricerca ha approfondito le motivazioni della scarsa presenza delle donne strumentiste nella musica jazz…
Dai dati del MIUR disaggregati per genere e corso frequentato presso istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale nel 2015/16 che avevo reperito all'epoca della mia ricerca "Peggio di un maschiaccio - Dove sono finite le musiciste nella storia del Jazz?", risultava che, a livello nazionale, le donne rappresentassero solo il 5,14% degli iscritti ai corsi di diploma di I livello Jazz e il 2,45% di quelli di II livello, escludendo il canto. A livello di storia del Jazz, le strumentiste non sono particolarmente numerose ma sono anche meno narrate rispetto ai colleghi uomini. Spesso viene addotta la motivazione della nascita del Jazz in un contesto tradizionalmente maschilista o delle difficoltà oggettive legate alla natura del lavoro di musicista per giustificare la scarsa presenza di donne strumentiste, ma in realtà si tratta di fattori che dovrebbero impattare in egual misura sulle strumentiste e sulle cantanti e che al giorno d'oggi hanno un peso sempre minore. Non vi sono apparentemente differenze a livello neurologico tra uomini e donne per quanto riguarda la predisposizione all'improvvisazione e sembrerebbe quindi che la scarsa presenza di donne nel Jazz sia legata ad aspetti di psicologia sociale, cosa che induce a pensare che sarebbe fondamentale una riflessione da parte di chi si occupa di didattica musicale su come promuovere l’accesso delle ragazze allo studio del Jazz.
Il suo strumento è il contrabbasso: che cosa l’ha spinta ad abbracciare questo strumento ?
Il contrabbasso è arrivato in maniera direi fortuita e ho un aneddoto bizzarro in proposito. Uscita dal cinema dove era stato proiettato "Charlie Haden: Ramblin' Boy", riflettevo su una frase di Charlie Haden sul fatto che il contrabbasso è uno strumento molto faticoso da imparare e mi dissi che forse era giunta l'ora di rinunciare all'idea di intraprenderne lo studio. Appena arrivata a casa, però, il mio compagno mi comunicò che il suo maestro di basso, voleva vendere un contrabbasso e pensai che si trattasse di una coincidenza troppo buffa per non provarci. Fu amore a prima vista.A livello funzionale, contrabbasso e basso elettrico svolgono un ruolo molto simile, che è quello di dare la pulsazione, essere una sorta di "faro nella notte" per gli altri strumenti, un lavorio nelle retrovie che permette agli altri musicisti di percepire sicurezza e sentirsi quindi liberi di creare, improvvisare e innovare.
E Milano riesce a dare la pulsazione, essere “faro nella notte” per i suoi cittadini? Si diceva “Milan cont el coeur in man”: è ancora così?
Direi di sì, Milano è una città molto generosa e capace di attivarsi per cause sociali. Proprio su questo, come Mission Bambini Onlus, stiamo puntando per un progetto di welfare generativo in corso nel Municipio Nove di Milano (progetto Nove+), con il finanziamento di Fondazione Cariplo e in partenariato con altri 14 partner tra cui il Comune di Milano: welfare generativo è un parolone che sostanzialmente significa riattivare le risorse materiali e umane latenti nella società per metterle a disposizione di progetti sociali prevedendo che chi, in un dato momento, si trova ad essere beneficiario di un intervento di questo tipo possa, un domani, mettere a disposizione le sue risorse per farne beneficiare qualcun altro.
Milano vanta un secolare impegno femminile nel sociale: è una tradizione che continua?
Sì, nel nostro ufficio siamo all'80% donne e anche il nostro direttore generale è una donna. Non credo sia solo una caratteristica di Milano, in generale nell'ambito della cooperazione internazionale mi è sempre capitato di lavorare più con colleghe donne che uomini, anche se con percentuali più sfumate.
S’immagini di organizzare un concerto all’aperto a Milano: quali ambienti sceglierebbe?
Sarebbe bello organizzarne vari, nelle periferie. Milano è una città con spazi esterni magnifici più o meno valorizzati nella zona del centro, mentre ci sono quartieri periferici in cui la bellezza fatica a farsi strada. Sono molto convinta della funzione educativa del bello e che sia quindi importante moltiplicare le occasioni di incontro con la bellezza sotto qualsiasi forma anche per i cittadini che hanno meno opportunità a livello economico ma magari anche culturale.