Chi pensa che un animale, per essere pericoloso e potenzialmente letale per l’uomo, debba avere grandi dimensioni, artigli affilati, denti aguzzi, aspetto minaccioso e per niente affascinante si sbaglia di grosso, oppure ha visto troppi film di fantascienza.
La natura, infatti, si è dimostrata molto abile e “fantasiosa” nell’aver dato origine a creature dall’aspetto attraente, dai colori sgargianti, dalle più svariate dimensioni e forme. Spesso incontriamo animali di dimensioni modeste, a volte così piccoli da non essere nemmeno scorti dal nostro occhio “poco allenato”. E il più delle volte, quegli stessi animaletti dall’aspetto tutt’altro che aggressivo, dotati di colori appariscenti e di strane forme e appendici, si rivelano invece pericolosi e addirittura mortali al semplice contatto con la nostra pelle, così sensibile e non adattata all’ambiente naturale. Un esempio è rappresentato dal polpo dagli anelli blu, Hapaloclaena lunulata, un piccolo cefalopode che non supera i 5 cm di lunghezza, maestro del mimetismo, come quasi tutti gli esemplari del suo stesso gruppo tassonomico.
Mollusco tropicale, delle acque calde dell’Indo-Pacifico, lo si può incontrare durante un’immersione subacquea nei primi venti metri di profondità, dall’Australia al Giappone, dalla Papua Nuova Guinea all’ Indonesia, Filippine e Malesia. Essendo particolarmente adattato al mimetismo, grazie alla presenza dei cromatofori, cellule presenti in tutti i cefalopodi che permettono loro di cambiare colore e di renderli un tutt’uno con l’ambiente circostante, non è facile da incontrare, o più esattamente, può capitare di sfiorarlo con una pinneggiata o di passargli al fianco e ignorarlo totalmente, essendo lui stesso immobile, magari su di una roccia sulla quale si confonde.
Il suo nome “polpo dagli anelli blu” è dato dalla presenza di macchie blu luminescente che sfoggia nel momento in cui si sente minacciato, in presenza di un eventuale predatore, ad esempio, particolarità che indica la sua tossicità e, dunque, meccanismo di difesa che il piccolo cefalopode adotta per evitare di essere mangiato. In natura, infatti, la presenza di colori sgargianti, quali il rosso, il giallo, il verde, il blu, indica un “segnale di allarme”, un avvertimento che gli animali stessi dispongono se trattasi di organismi velenosi, tossici o poco appetibili. In molti casi, gli animali sono realmente tossici e il colore avvisa gli altri a non avvicinarsi; in altre situazioni, sono invece le specie innocue a imitare quelle pericolosi, allo scopo di non divenire prede di altri. Basta osservare una vespa e i suoi colori giallo e nero per rendercene conto, senza dover per forza andare a cercare animali molto lontani dalla nostra abitazione.
Attraverso il morso, il polpo dagli anelli blu inocula una saliva altamente tossica, contenente la tetrodotossina, presente anche nel pesce palla e in altri pesci della stessa famiglia, che si ritiene essere una delle più potenti di tutto il regno animale, e che blocca i canali del sodio, indispensabili per la conduzione dei segnali nervosi, portando a morte per paralisi e blocco cardio-respiratorio.
Generalmente il polpo utilizza questa sua arma letale per predare gli organismi di cui si nutre, quali granchi, paguri o altri piccoli crostacei, ma nel caso in cui fossero le nostre mani a venirne a contatto, ci resterebbe davvero poco tempo per sfuggire alla sua letalità. Il tempo necessario per raggiungere il più vicino ospedale non basterebbe per salvarci la vita. Non si tratta di animali minacciosi, tuttavia; sono infatti pacifici e tendono a nascondersi e a evitare il confronto con qualsiasi altro organismo, appiattendosi o assumendo gli stessi colori del substrato. Gli incidenti avuti con l’uomo sono la conseguenza di un accidentato calpestio o di provocazioni volute.
Due sono i casi riportati di morte certa a seguito del morso da parte di questa piccola e letale creatura, entrambi avvenuti in Australia rispettivamente nel 1954 e nel 1967. Pochi altri casi sono avvenuti negli anni successivi. Come si può notare dagli episodi di morte riscontratisi effettivamente a seguito del morso di Hapaloclaena lunulata o di specie molto affini, i rischi di venire uccisi dal polpo sono davvero molto bassi e gli incidenti sporadici. Tuttavia, non bisogna mai sottovalutare le possibilità che un subacqueo o un semplice bagnante delle acque indopacifiche abbiano di incontrare la specie in questione. Amando anche le acque basse e limpide, non è raro trovarli in pozze di scogliera, luoghi quindi molto accessibili a chiunque, compresi bambini che osservano curiosi gli abitanti tra gli scogli.
La tossicità della tetrodotossina venne accertata per la prima volta da James Cook, il navigatore ed esploratore britannico che per primo raggiunse l’Australia nonché svariate isole e arcipelaghi dell’Oceania. La sua ciurma, dopo aver consumato carne bianca di pesce palla, diede ai maiali, presenti a bordo, i resti del pasto, quali fegato, gonadi e pelle, e il mattino seguente i suini vennero ritrovati morti. Benchè anche gli uomini furono in parte intossicati dalla quantità esigua di tetrodotossina accumulata nelle carni dei pesci, la maggior concentrazione di questa era presente in quelle parti mangiate dagli animali, tanto da risultare letali.
Non esiste antidoto contro il morso dell’Hapaloclaena lunulata, e l’unica ipotizzabile possibilità di salvezza è data dalla respirazione artificiale. La tossina, infatti, causando morte per arresto cardio-respiratorio, porta al soffocamento, ma se si continua a fornire aria alla vittima, c’è qualche lieve speranza che questa possa raggiungere in tempo un ospedale ed evitare una morte agonizzante. Occorrono, comunque, 24 ore prima che la tossina venga espulsa completamente dall’organismo e questo rende una chiara idea di come non sia semplice lottare contro quest’arma letale.
Molto simile e quasi indistinguibile è il polpo dagli anelli blu meridionale, Hapaloclaena maculosa, un po’ più grande dell’altro, (20 cm) e considerato da alcuni l’animale più velenoso al mondo. Dal corpo ruvido al tatto e ricoperto di rughe, questa specie vive indisturbata lungo le coste australiane all’interno di cavità fra le rocce, e mostra, al pari dell’altro, i tipici anelli dal colore blu folgorante, (circa una sessantina, che compaiono generalmente 6 settimane dopo la schiusa delle uova), accompagnati spesso da una striatura gialla e nera lungo il corpo, il tutto sempre e solo in presenza di minaccia. La sua vita è breve (circa sette, otto mesi), raggiunge la maturità sessuale intorno ai quattro mesi e i restanti li sfrutta per trovare un partner e riprodursi. La femmina, prima del raggiungimento dell’età riproduttiva, cambia colore, e dopo l’accoppiamento tiene con sé le uova per un certo periodo di tempo, senza nutrirsi e morendo dunque poco dopo la schiusa. Queste cure parentali sembrano essere un adattamento evolutivo della specie; infatti, la femmina, riproducendosi una sola volta nella vita, cerca di proteggere la sua prole sino alla fine.
A detta degli studiosi, quando il polpo si nutre di un granchio o di un’altra preda, costruisce attorno a essa una sacca contenente il veleno che la stessa preda è costretta a ingerire attraverso la respirazione. Una morte alquanto drammatica poiché, all’atto del respiro, la preda subisce una paralisi che la conduce inevitabilmente a un’agonia per asfissia.
Dunque, la natura, per quanto sia meravigliosa e ricca delle più affascinanti creature, può essere a volte spietata, spesso crudele, quasi sempre imprevedibile. Le creature piccole e potenzialmente letali esistono, e occorre, dunque, prestare molta attenzione a non calpestarle, a non afferrarle, a non invadere il loro spazio. Dopotutto, quando si tratta di oceano o mare, siamo noi gli intrusi o i semplici “ospiti”; in quanto tali, abbiamo il dovere di rispettare le regole che ci vengono imposte e di non voler superare i limiti che non ci sono concessi. Solo a quel punto la natura si rivelerà un’amica meravigliosa e in grado di regalarci i più spettacolari momenti della nostra vita.