In clima di immigrazione e accoglienza, Milano apre le porte della città alla creatività contemporanea del continente africano. In scena alla Triennale, lo spettacolo Bissima conquista il pubblico a suon di percussioni e turbinio di lucciole vaganti, trasportandolo in un universo magico, quasi surreale.
La maestosa danza africana si fonde con la millenaria arte della trance dei dervisci rotanti dando vita a Bissima, un’antica entità rigeneratrice della foresta che si manifesta al mondo in un solo momento dell’anno, nelle notti più tiepide, in un moto energetico di connessione tra terra e cielo.
Quattro musicisti e quattro ballerini della compagnia Mo ‘O Me Ndama, diretta dal ballerino e coreografo camerunese Lazare Ohandja, raccontano la tradizione delle tribù bantù dell’Africa Centrale, facendo rivivere l’energia vitale che Bissima nutre e rigenera, attraverso sciami sfolgoranti di lucciole. La sua energia si irradia infatti nei campi, nei villaggi, nelle strade e nelle case: uomini e donne pervasi dal suo fluido magico ed energetico cantano e ballano, raggiungendo la trance. I corpi dei danzatori, colpiti da un’estasi mistica, vibrano a ritmo delle percussioni africane e dei flauti ottomani, i ney, dando vita a una performance artistica davvero unica.
Il musicista turco Mercan Dedé, già collaboratore di Pina Bausch e Ludovico Enaudi ha ideato personalmente le musiche per la coreografia, curando ogni minimo dettaglio. Il fruscio sonoro dei kak, frustini dipinti con vernice fluo, che i ballerini agitano nella scena iniziale, ben si uniforma con il canto rituale dei musicisti. Complice del successo dello spettacolo le proiezioni e le fantasmagorie, realizzate dallo Studio Azzurro di Milano, da anni attento ad esplorare le possibilità poetiche ed espressive delle nuove culture tecnologhe.
Sperimentando l’integrazione tra immagine elettronica e ambiente fisico, lo spettatore diventa protagonista di questo ambiente scenico realizzato grazie a un’attenta ricerca artistica. "Il rito legato alla manifestazione di Bissima" – ci spiega Laura Marcolini di Studio Azzurro - "è centrato sulla natura e sul mondo animale. La prima forma scenica si compone come una persistenza dei bagliori provocati dalla rotazione del derviscio, mentre le forme successive sono costellazioni instabili disegnate dal moto e dall’intermittenza delle lucciole che si disperdono e si ricompongono. Affinché l’ambiente fosse più possibile immersivo per i danzatori, ma anche più tridimensionale possibile per il pubblico, abbiamo articolato le proiezioni su tre piani, in profondità nello spazio, utilizzando uno schermo di tessuto nero sul fondale, un tulle nero per la colonna centrale e un grande tulle nero che copre l’intero boccascena. A ognuna di queste superfici corrisponde un proiettore e una serie di video che abbiamo costruito come una sottile narrazione. All’inizio e alla fine dello spettacolo riporta brevemente, con due scenari, alla visione fotorealistica della natura".
Il turbinio di lucciole che si manifesta come un tornado al centro della scena, personificando l’apparizione di Bissima in un cerchio simbolico, è davvero concepito come un’opera d’arte: il giallo–oro delle lucciole contrasta il buio del Teatro, irradiando prima le tuniche bianche dei ballerini africani e dei dervisci, che girano roteando con la loro danza, e coinvolgendo successivamente, nella scena finale, anche il pubblico. Le rotazioni realizzate dai ballerini Sufi sul palco individuano i movimenti dei pianeti intorno al sole, simboleggiando il punto di contatto tra l’amore divino e la terra, come accade durante l’apparizione della deità Bissima.
Il cerchio, simbolo di unità e perfezione, scandisce la successione del tempo, rivelando il contatto con il divino e con la forza creatrice della vita. Nel neo-platonismo Dio veniva infatti paragonato a un cerchio, il cui centro era dappertutto, come si credeva anche nella dottrina spirituale del Sufismo. Per i Sufi il Santuario della divinità era concepito circolare, come la loro tenda e per delimitare il santuario fissavano un bastone nel terreno, immaginandolo come asse del mondo. Ogni punto della superficie terrestre era poi inteso corrispondente a tale asse e, con un filo legato al bastone, ruotando formavano il cerchio, trasfigurazione del cielo e del cosmo. Mediante l’ascesi e la danza, i dervisci raggiungono quindi l’unione mistica con Dio, generando uno stato di estasi rituale che vibra nei corpi e tra gli sguardi assorti in questo rituale solenne.
Se durante l’estate volete vivere anche voi un’esperienza unica, vi invitiamo a visitare il sito del Teatro dell’Arte della Triennale, dove l’espressione artistica prende vita e si racconta.