"Nasco a Milano in una famiglia alto borghese un po’ mélangé: padre conservatore, famiglia alto-borghese figlio unico e madre ribelle, ebrea, orfana. Opposti ma complici e uniti da un legame molto forte. Assimilo tutto mentre mi sposto da un paese/continente all’altro durante tutta l’infanzia e l’adolescenza. Mi laureo negli Stati Uniti ma decido presto che è dall’Europa che avrei costruito il mio percorso. A 20 anni mi impongo un mio sistema di regole in contrasto con quelle dei miei coetanei a quel tempo, e anche se coltivo relazioni e amori importanti, costruisco una mia visione profondamente personale sulla città, sulla vita, e sul mondo".
"Nonostante i miei studi di politica ed economia, inizio a lavorare in pubblicità, comunicazione, poi nell’arte e negli eventi. Intravedo da subito un filo rosso, una continuità tra ciascuno di questi settori. Comprendo le potenzialità di un'integrazione tra cultura, territorio, comunicazione e sharing economy molto prima che questi divenissero “trend topics”. Applico regole di comunità, condivisione e ibridazione pubblico privato nei miei progetti fin dall’inizio. Lavoro, costruisco reti e imparo con determinazione e forza. Fallisco e mi rialzo più di una volta senza sentirmi mai una perdente. Anzi, piuttosto una guerriera. Molte mie amiche e conoscenti, per la carriera rinunciano alla maternità. Io no. Entro a 28 anni in un Cda, e lo stesso novembre partorisco la mia prima figlia. Reputo che la famiglia, il lavoro e l’impegno sociale facciano parte dello stesso percorso e visione. Nel 2001 ho fondato HFilms, la casa di produzione video, nel 2006 H+, un’agenzia di produzione eventi, soprattutto “non convenzionali” e diffusi, e di consulenza su comunicazione e strategia a 360 gradi".
È vero che donna non si nasce ma si diventa?
Donne si nasce, invece. E nascere donna ha un significato molto profondo, è un privilegio. Di questa mia convinzione ne ho fatto una bandiera e non mi sono mai smentita. Non ho mai assunto atteggiamenti da “virago” per sgomitare in un mondo di uomini. Ho sempre fatto - continuo a fare - dell’essere donna un privilegio. Credo nel sistema matriarcale anche sul lavoro, dove a guidare sono le donne, si creano sistemi molto più circolari, improntati alle soft skills, dove ciascuno prende cura dell’altro e impara a fare tutto. Nascere donna, è un privilegio.
"Una donna che insiste sull’eguaglianza rinuncia alla propria superiorità” (Anatole France).
La differenza è fondamentale, necessaria e meravigliosa. Senza differenza non c’è confronto, e senza confronto non c’è creatività né possibilità di innovare. Differente non significa disuguale. Ogni cosa per stare in piedi e integrarsi con la natura ha bisogno del femminile e del maschile. Due di uno. Comprendere e accettare la differenza è difficile, ma credere che uno sia inferiore all’altro è inaccettabile. La donna avrà in futuro un ruolo sempre più centrale. Lo ha avuto per secoli, in alcuni contesti le è stato attribuito un potere addirittura mistico, poi offuscato dalla società patriarcale per paura. La potenza fisica e mentale della donna, la sua capacità di prendersi cura e fare più cose, a volte opposte, contemporaneamente è in grado (se la situazione lo permette ) di creare una forma più sana di leadership. Più rispettosa dell’altro e della realtà circostante.
Quote rosa?
Una legge per permettere alla donna di varcare porte spesso, e da troppo tempo, volutamente chiuse. Ci credo? Da una parte sì, perché le affirmative action a volte sono necessarie per colmare un divario imposto dall’alto al fine di mantenere la donna in un ruolo di subordinazione.
Single, coppia, famiglia. Qual è il futuro della donna?
La donna è donna. Non è l’essere in coppia, single o madre a definirla. Sia da sola, che in coppia, che in famiglia, la donna dovrà sempre tendere a costruire una comunità. Una tenda rossa per raccogliersi ed elaborare nuove regole insieme, come volevano le tradizioni tribali antiche.
Come s’incontrano e confrontano uomo e donna nel 2000?
Uomo e donna sono ancora distanti. La donna ricomincia adesso a comprendere il proprio potere e ruolo. L’uomo, dal canto suo, sta perdendo il proprio centro. Fa fatica a liberare il proprio lato femminile e ad accogliere la donna nella sua nuova e rigenerata potenza. La società tende a livellare verso il basso le differenze, esaltando le disuguaglianze. Una forma di controllo sempre esistita.
La sua attività è partita dalla constatazione che il sistema anglosassone di produzione-consumo sta collassando.
Il sistema usa e getta forsennatamente è al collasso. Serve un nuovo sistema. Il sistema “caratteriale”, quello del prendersi cura, di se stessi e della comunità. Non stare a guardare passivamente il livellamento di prodotti e consumi imposto da un capitalismo non più sostenibile. Ma valorizzare localismo e diversità, rinvigorirli, farli crescere, puntare sui punti di forza di ciascuna comunità. Sostenere e implementare regole che tutelino le differenze di ciascun luogo, perché sono anche ciò che ne determina il valore e l’attrattività. Cultura, agricoltura, artigianato, circolarità, devono tornare ad essere le leve di un nuovo modello che sfrutti l’innovazione piegandola ai propri scopi, non viceversa. Un mondo orizzontale, organico, molecolare: femminile.
Si è adoperata e si sta adoperando per inverare la sua impegnativa missione di fare di Milano un fondamentale vettore di innovazione, in Italia e in Europa: a che punto siamo?
Milano è unicità circolare: rotonda, con anelli concentrici e lunghi raggi che portano fuori. Fatta di arterie e cellule come un organismo vivente. Milano, se gioca bene le proprie carte, avrà un ruolo fondamentale di simulatore per la smart city del futuro. Una city, però, che sia davvero intelligente. Meno basata sulla difesa e il controllo dei confini, dei cittadini e dei dati, e più sulla comunità integrata che si muove e si ibrida attraversando muri e confini. Ora dobbiamo lavorare sullo sviluppo urbano. Ci stiamo allargando in quartieri, includendo in modo naturale le periferie, cambiandogli nomi e connotati. Gli scali ferroviari avranno un ruolo fondamentale in questo, la reintegrazione della natura in città anche.
Ha acutamente sottolineato come, dopo decenni di silenzio e insignificanza, le istituzioni milanesi e la città tutta si sono risvegliati, sta continuando questo incoraggiante processo?
Le famiglie si sono svegliate a Milano e sono entrate a far parte della vita pubblica sociale e culturale. Le istituzioni e il privato hanno fatto e stanno facendo sempre più quadrato. Noi in Acca abbiamo fatto e continuiamo a fare moltissimo, per agire da ponte tra privato e pubblico al fine di creare progetti che generino esternalità positive per le città. Piano City Milano e Palermo è un ottimo esempio di questo. Anche Base Milano, di cui come Accapiù siamo uno dei 4 soci fondatori, è e aspira sempre di più ad essere un’istituzione per la città, un modello di prototipi e buone pratiche che stanno cambiando e sempre più cambieranno il quartiere e la città intera.
Qual è il “segreto” dei suoi “eventi diffusi”?
Il segreto è alzare l’asticella e dare al pubblico più di quanto avrebbe chiesto, più di quanto esso stesso credeva di volere. Dare al pubblico musica classica, concerti di piano solo di 400 pianisti in luoghi non convenzionali della città, e far scoprire al pubblico che questi concerti non solo gli piacciono, ma lo coinvolgono. Lo spingono a sentirsene parte e prendersene cura. Il segreto è la bellezza, la musica, l’arte unita alla cura per la città e il coinvolgimento, l’inclusione.
Qual è stata la risposta dei milanesi alle sue stimolanti iniziative?
I milanesi rispondono, basti guardare i numeri della partecipazione a Piano City. All’inizio c’è sempre chi critica, è inevitabile quando si portano avanti grossi progetti. Ma oggi Piano City è diventato un progetto della città e dei cittadini. Non a caso di recente è divenuto associazione, proprio per permettere ai cittadini di parteciparvi in maniera ancora più strutturata.
Milano ha una grande tradizione femminile di impegno sociale e politico: qual è il ruolo peculiare delle donne milanesi di oggi?
Le donne milanesi governano in modo elegante, educato e assolutamente invisibile la città, le istituzioni culturali e private. Milano, città industriale e artigiana, è innanzitutto una città privata fatta di giardini, cortili interni, musica. Una città sobria, molto inclusiva, dove tutto sembra leggero, ma a ben guardare è pieno di significato. Milano è donna.