Le antiche ricostruzioni protostoriche, ai confini del mito, sugli avvenimenti narrati da Omero, come anche l’errare del popolo dei Cimmeri, conosciuti come abili divinatori, hanno per molto tempo situato le porte dell’Ade, il passaggio all’oltretomba, nelle acque del mar Tirreno dinanzi alle coste della Campania. Ricostruzioni che sono poi state smentite, riaffermate e che restano come spesso accade quando si cerca di decrittare i miti, in una impenetrabile nebbia: più si cerca di far luce e più il mito si nasconde e si involve e rifiuta di disvelare le sue vere origini.
Una doverosa premessa analitica, per lasciarci tuttavia affascinare dal mondo che l’Antico Tirreno simboleggiava e che la sua natura fisica ancora oggi ci rimanda. Burrascoso e profondo al cospetto degli altri bacini che circondano la penisola, il Tirreno – approdo e culla dei Tirseni o Tirreni nella loro ricerca di una terra divenuta poi quella degli Etruschi – presenta dal punto di vista geologico una natura assolutamente particolare e conserva i segni di grandi avvenimenti, di grandi sommovimenti. Anche oggi, che lo si solca con maggior tranquillità, nelle sue profondità la natura è viva e lancia segnali, non tutti rassicuranti.
Pensiamo ad alcuni elementi, non necessariamente correlati tra loro, ma certamente indice di una specificità singolare. Partiamo dalle coste del Lazio, a sud degli antichi vulcani terrestri, oggi placidi laghi, e percorrendo un itinerario verso sud incontriamo i Colli Albani, l’antico Vulcano Laziale i cui effetti di vulcanesimo secondario sono ancora percepibili. Proseguiamo ancora verso sud e ci troviamo nell’area flegrea, ad ovest del golfo di Napoli, dove per comune opinione degli scienziati si trova una sorta di “supervulcano” che occupa l’intera area del golfo di Pozzuoli e che ha tra le sue particolarità il lago di Averno e il cono vulcanico della Solfatara. Più ad est ci sovrasta l’imponente e solitaria montagna del Vesuvio, vulcano temutissimo e conosciuto per i racconti della spaventosa eruzione del 79 dc con la distruzione di Pompei, Ercolano e Stabia.
È da qui che dobbiamo poi inoltrarci in un’altra dimensione sottomarina dalla quale potremo riemergere davanti alle isole Eolie con lo Stromboli in continua attività e sulla piattaforma della Sicilia l’Etna, per poi sconfinare a sud ovest della grande isola dove in direzione di Pantelleria, ritroviamo una serie di edifici vulcanici sottomarini, non del tutto sopiti. Tutti luoghi conosciuti, sia per la loro bellezza naturale sia per le caratteristiche che geologi e vulcanologi studiano senza sosta dall’antichità. Ma è nelle profondità del mare, giù giù ad oltre tremila metri, che il Tirreno ci rivela nuovi ed inquietanti scenari. Lì sono almeno nove i vulcani sommersi, dall’antico e silente Magnaghi il più ad ovest, sino al Vavilov tuttora attivo e all’incognita più spettacolare: il Marsili. Una gigantesca montagna di fuoco - si estende per poco più di 70 chilometri per una larghezza complessiva di ben 30 km e si eleva per circa 3000 metri dal fondo marino, raggiungendo con la sommità la quota di circa 450 metri al di sotto del mar Tirreno. Una gigantesca costruzione di roccia ma soprattutto un vulcano attivo, l’edificio vulcanico sottomarino più grande del vecchio continente. A differenza di quanto si possa pensare il fondo marino del bacino tirrenico sottolineano i geologi non è tutto piatto o pianeggiante, ma in realtà, a causa della forte instabilità tettonica, è percorso da una serie di catene montuose sottomarine che fanno del Tirreno uno dei bacini più giovani (almeno sotto il profilo geologico) del Mediterraneo.
Il Marsili, secondo gli studi più recenti, si sarebbe attivato negli ultimi due milioni di anni ed è caratterizzato da una crosta di tipo oceanico, molto pesante, formata essenzialmente da silicati di ferro e magnesio e spessa poco meno di 10 chilometri. Il grande cratere del vulcano è localizzato in mare aperto, nel Tirreno sud-orientale, a circa 65-70 chilometri a nord dell’arcipelago eoliano, non lontano dalle coste della Calabria tirrenica. Presenta lave essenzialmente di composizione basaltica, quindi relativamente povere in silice, simili per composizione a quelle rilevate nell’arco eoliano la cui attività vulcanica è attribuita al processo di “subduzione” in atto da milioni di anni sul bacino tirrenico, che vede la placca africana scorrere al di sotto di quella europea.
Le frequenti eruzioni di questo gigante sottomarino provocano frane sui suoi costoni e nel passato remoto, in molti casi, questi crolli insieme alle scosse telluriche hanno provocato veri tsunami sulle coste intorno con onde alte anche sino a dieci metri. Una ipotesi questa che non viene ritenuta irrealistica anche oggi, tenendo anche in considerazione la pressione antropica che caratterizza le coste tirreniche dalla Sicilia alla Calabria, sino alla Campania. In caso di una eventuale forte eruzione sottomarina l’onda di Tsunami sprigionata, potrebbe viaggiare a una velocità vicina ai cinquecento chilometri orari e potrebbe colpire le coste circostanti nell’arco di non più di 10-15 minuti e in prima battuta l’arcipelago delle Eolie. In mezz’ora le onde si scatenerebbero sulle coste continentali della penisola.
Secondo gli esperti, ancorché non facilmente prevedibile, il rischio del Marsili è tuttavia ritenuto realistico. A corona e conferma di questa vitalità sottomarina dei fondali tirrenici, vi è anche una recente scoperta di gruppo di ricercatori dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr), Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), in collaborazione con la Marina Militare, le Università di Messina e di Genova e l’Istituto per l’ambiente marino costiero (Iamc-Cnr).
Il suo nome, certamente evocativo, è smoking land, fondamentalmente un sito idrotermale, con oltre 200 camini vulcanici, situato nel fondale marino tra l’isola vulcanica di Panarea e l’isolotto di Basiluzzo, nell’arcipelago delle Eolie a sud del Marsili. Lo studio, dal titolo “Exceptional discovery of a shallow-water hydrothermal site in the SW area of Basiluzzo islet (Aeolian Archipelago, South Tyrrhenian Sea): an environment to preserve), e pubblicato su Plos One, fornisce nuove e importanti informazioni sulle caratteristiche minerali-geochimiche e biologiche dei sistemi idrotermali superficiali del mar Mediterraneo. “Lo Smoking Land”, ha sottolineato di recente Federico Spagnoli, ricercatore Ismar-Cnr, “è costituito da decine di strutture a forma di cono, composte soprattutto da ossidi di ferro, che presentano un’altezza variabile da 1 a 4 m e una base con diametro medio di circa 3.8 m. Alcune di queste bocche emettono fluidi acidi, ricchi di gas, in prevalenza di anidride carbonica”. Una struttura così estesa e complessa non trova eguali nel Mediterraneo ma solo in alcune aree oceaniche.
La scoperta è stata frutto di un’intuizione di Giovanni Bortoluzzi (oceanografo Ismar-Cnr, recentemente scomparso), ed è nata dopo una serie di indagini dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) con l’intento di capire la natura di una improvvisa e forte attività esalativa che nel novembre 2002 ha iniziato a manifestarsi copiosamente tra gli isolotti di Panarea. Da quel momento, numerose sono state le campagne oceanografiche a bordo delle navi Astrea dell’Ispra ed Urania del Cnr e di unità della Marina Militare, per studiare l’area interessata e individuare altre zone di degassamento.
“Fino a quando nel 2015, durante una di queste campagne alle Isole Eolie, a bordo della nave Astrea”, ha spiegato Teresa Romeo, primo ricercatore dell’Ispra, “il Rov (Remotely operated underwater vehicle un robot filoguidato dotato di una videocamera, una fotocamera e un braccetto meccanico) non ha individuato, in una zona del fondale a sud dell’isolotto di Basiluzzo poi chiamata Smoking Land, numerosi camini fortemente colonizzati da alghe e organismi bentonici, alcuni dei quali con evidenti fuoriuscite di fluidi idrotermali e bolle di gas”.
I primi dati raccolti hanno permesso ai ricercatori italiani di ipotizzare che lo 'Smoking Land' e le altre aree della zona, oggetto di rilascio di fluidi idrotermali e bolle di gas (gas venting), siano dovute a una risalita di gas idrotermali profondi che innescano una circolazione di acqua marina nel sottofondo, favorendo la risalita lungo vie preferenziali, in questo caso piani di faglia, e la fuoriuscita attraverso camini vulcanici e aree adiacenti o l’accumulo nel sottofondo per l’impermeabilizzazione del fondale marino. “Non è escluso che la presenza di aree di fondale interessate da forte attività di degassamento possa portare a un nuovo rilascio di gas o a una situazione come quella del 2002”, riferisce Francesco Italiano, direttore della sezione di Palermo dell’Ingv. Da qui la necessità di nuovi studi per comprendere non solo la genesi del fenomeno ma anche l’evoluzione di tali strutture sottomarine, e di attivare un’attività di monitoraggio e sorveglianza continua dei fondali tra l’Isola di Panarea e l’isolotto di Basiluzzo.
“L'attività idrotermale sottomarina svolge un ruolo fondamentale nella vita dell'oceano in quanto guida molti processi in via di sviluppo sul fondo marino”, si legge nell’articolo pubblicato su Plos One in relazione alla campagna di ricerca. “Le prese d'aria idrotermiche sono ben note per essere indizi di attività vulcaniche in corso o estinte e indicano la presenza di fonti di energia termica sotto il fondale marino, consentendo la circolazione di acqua di mare attraverso le fratture di rocce magmatiche calde. Questo processo apparentemente semplice – prosegue l’articolo - è responsabile del riciclaggio di molti elementi chimici dalle rocce all'acqua di mare. La peculiare attività microbica, che si sviluppa all'interno e attorno alle prese d'aria, è spesso, in particolare nei sistemi idrotermali oceanici profondi, l'unica forma vivente in grado di nutrirsi e crescere utilizzando elementi chimici invece di materia organica. Le prese d'aria idrotermali rappresentano quindi un legame stretto e indissolubile tra rocce e vita, ambienti organici e inorganici, sulla Terra. Sebbene la presenza di bocche ad alta temperatura e camini massicci fosse precedentemente indicata per l'oceano profondo – si osserva - l'esistenza di sistemi idrotermali situati a basse profondità è stata documentata in diverse aree vulcaniche in tutto il mondo. Nel Mar Mediterraneo le prese d'aria idrotermali si trovano al largo di alcune isole greche e lungo l'arco delle Eolie”.
L'intero sistema idrotermale sottomarino dell'isola di Panarea (arcipelago delle Eolie) è largo (70 km2) come i campi idrotermali di Milos (area vulcanica del mar Egeo), è costituito da una piattaforma quasi circolare delimitata da una pausa a profondità di 120-130 metri e comprende bocche attive contrassegnate da una scarica intensa di gas e fluidi termici a prevalenza di CO2 con temperature fino a 140° C. Il fenomeno idrotermale subì un improvviso aumento dell'attività di sfiato nel novembre 2002 a causa dell'iniezione di fluidi magmatici nel corpo geotermico profondo, che causò un'esplosione di sottomarini a bassa energia che uccise quasi tutta la materia vivente nell’area (pesci, coralli, Posidonia, ecc.). Ed è stato dimostrato che l'innalzamento del nuovo magma nella vicina isola vulcanica di Stromboli ha permesso ai volatili magmatici caldi di migrare verso Panarea attraverso la normale faglia attiva che collega i due edifici vulcanici.
Nonostante le numerose e dettagliate informazioni esistenti sulle caratteristiche geomorfologiche del Complesso Vulcanico di Panarea, si legge ancora su Plos One, le indagini sul sistema idrotermale sottomarino dell’isola eoliana sono ancora in corso allo scopo di vincolare meglio il sistema idrotermale. Una recente crociera effettuata nel 2015 ha rivelato la presenza di nuove strutture con forme diverse da quelle delle prese d'aria già studiate, realizzate con camini di varie dimensioni con sfiato diffuso di gas e fluidi termici. Gli obiettivi principali sono di indagare le caratteristiche geochimiche dei camini scoperti e dei relativi assemblaggi biologici, caratterizzare l'ambiente circostante e fornire qualche indicazione gestionale per assicurarne la protezione.
Insomma, tra vulcani attivi e in linea teorica altamente pericolosi sia in terraferma che in mare aperto, fenomeni geologici continui, il mar Tirreno ci appare via via in un’ottica sempre più accentuata e inconsueta! Mentre lo solchiamo con i traghetti tra le isole grandi e piccole, mentre voliamo sulla sua verticale, laggiù qualcosa si muove e non sembra volersi fermare. Una minaccia certo – non l’unica ma quella a noi più vicina - ma anche una straordinaria manifestazione della vitalità della terra in quelle aree di confine tra le grandi zolle tettoniche dove le masse continentali – in questo caso Africa ed Eurasia - continuano a scontrarsi risalendo o scendendo una sotto l’altra e dando così origine sia ai fenomeni tellurici sia al risveglio o al mantenimento in attività dei sistemi vulcanici che ne segnalano spesso i contorni!
Una dimensione con la quale convivere sia per conoscere meglio la natura che ci circonda, sia per sapersi preparare alle emergenze spesso imprevedibili nel breve periodo ma certo altamente probabili in un’ottica più ampia. La scienza ci aiuta a smitizzare alcuni fenomeni che il mito o la paura ancestrale dell’umanità hanno spesso attribuito alla collera degli dei. E tuttavia il rispetto per la “madre Terra” dovrebbe essere sempre il punto di forza di ogni azione umana. Il “solletico” anche incisivo che l’uomo e le sue creazioni creano da millenni sulla superficie emersa e su oceani e mari, sono sollecitazioni alle quali i mutamenti climatici e geologici del pianeta daranno una risposta certa e di dimensioni tali che nessuna ricerca potrà indicare nel dettaglio, se non nel dopo.
Questo nella speranza che la nostra civiltà possa sopravvivere alle catastrofi e conservarne il ricordo. Senza dimenticare che la nostra presenza sul globo arriva nella parte ultima di un’evoluzione di miliardi di anni e che di tutto questo l’umanità deve avere coscienza e consapevolezza. La scialuppa dell’umanità è un piccolo scafo su un pianeta di media grandezza sperduto tra le galassie dove però la vita come la conosciamo è sbocciata e si è evoluta sino a noi! Quei brontolii sinistri nelle profondità di oceani e mari come gli spaventosi fenomeni vulcanici e tellurici in superficie dovrebbero sempre darci la misura di noi stessi e delle nostre dimensioni reali! Paura e rispetto non sono sentimenti negativi se uniti alla conoscenza e alla saggezza che ne deriva!