Sarà solo a febbraio 2025 che i due astronauti collaudatori della NASA Suni Williams e Butch Wilmore, potranno finalmente tornare a Terra. Una missione la loro che non è mai stata in pericolo, e per questo mai trattata come un salvataggio, seppure alcune testate giornalistiche e televisive lo abbiano dichiarato tale solo per far salire l’audience. Un recupero che, se fosse stato necessario, sarebbe stato impossibile per la mancanza di vettori e astronavi disponibili nell’immediato.

Tuttavia, le problematiche ai razzi di manovra sorti il 5 giugno, all’arrivo alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), della nuova astronave Starliner della Boeing, hanno costretto la NASA a riprogrammare i cambi equipaggio della stazione, inserendo i due astronauti nel ruolino di avvicendamento dei suoi occupanti, restando in attesa del primo cambio turno. La coppia, quindi, tornerà a terra a bordo di una astronave Dragon di SpaceX. Per farlo, la NASA ha modificato l’equipaggio della Crew-9, poi arrivata il 28 settembre, riducendo a due astronauti i quattro inizialmente previsti.

La decisione ha “promosso” l'astronauta della NASA Nick Hague da pilota a Comandante, lasciando a bordo solo il cosmonauta della Roscosmos Aleksandr Gorbunov che, per ovvi motivi organizzativi con la Russia, sarebbe stato troppo complicato sistemare in un’altra missione. Hanno così dovuto restare a terra per fare spazio a Suni e Butch, le astronaute NASA Zena Cardman e Stephanie Wilson, che saranno nuovamente inserite in voli futuri.

Un avvicendamento che però costringerà i due della Boeing a restare a bordo della stazione il tempo previsto dalla normale turnazione, e cioè 230 giorni in più rispetto ai dieci inizialmente previsti, per quello che doveva essere il volo di test finale della Starliner prima del suo impiego operativo.

La riprogrammazione si è resa necessaria dopo l’esito negativo della valutazione di sicurezza interna della NASA che, nonostante le rassicurazioni della Boeing che i problemi non si sarebbero ripetuti, ha ritenuto opportuno non affidare le vite di Butch e Suni alla Starliner per il rientro a Terra.

Ovviamente, questi cambiamenti hanno provocato qualche disagio ai due astronauti, che erano partiti con le “mutande di ricambio” per solo dieci giorni. Fastidi in parte mitigati dall’aiuto collettivo ricevuto dagli occupanti della stazione, che hanno volentieri condiviso vestiario e altri oggetti per l’igiene. I due astronauti hanno quindi dovuto attendere pazientemente l’arrivo della Crew-9 per avere tutto il necessario a una lunga permanenza sulla Stazione. La Dragon inoltre ha portato anche due tute spaziali adatte, in quanto quelle della Boeing non si adattano all’astronave della SpaceX, una mancanza questa che dovrebbe far riflettere la NASA sulla necessità di eliminare tipologie diverse di tute, orientandosi su modelli compatibili, e quindi più sicuri in caso d’emergenza.

Non tutti gli aspetti di questa permanenza forzata però sono stati negativi, perché lavorare sulla ISS è sempre un’esperienza eccitante, tanto più che la NASA ha deciso che Suni Williams ricevesse le “chiavi” della Stazione Spaziale Internazionale, diventandone il suo Comandante, dall’omologo russo Olog Kononenko, segnando una felice aggiunta alla lunga lista di eventi imprevisti che ha incontrato in questa missione insieme a Wilmore.

La Williams ha accettato l’inaspettato comando con il tono e la professionalità tipica degli astronauti della NASA. D'altronde non parliamo di una “novellina”, infatti, questo viaggio è ben lungi dall'essere il suo primo volo spaziale, e non è nemmeno la prima volta che comanda la ISS. Durante il suo primo lancio verso la stazione nel 2006, Williams ha volato come ingegnere di volo a bordo della missione STS-116 dello Space Shuttle Discovery. La sua seconda visita alla stazione spaziale è invece avvenuta nel 2012, con la ISS Expedition 33, durante la quale ha assunto il comando della stazione per la prima volta.

L’odissea di Suni e Butch della Starliner Calypso (Boeing Crewed Flight Test) partiti per validare definitivamente l’astronave CST-100, era iniziata il 5 giugno 2024 e doveva durare non più di dieci giorni. Le complicazioni ai propulsori, tuttavia, hanno fatto sì che i “nostri” siano stati costretti a rimanere a bordo della stazione in attesa degli sviluppi della situazione.

Inizialmente NASA e Boeing avevano concordato di estendere la missione di 47 giorni, così da eseguire una serie di test ai razzi di assetto altrimenti impossibili da fare a terra. Tuttavia, il perdurare dell’incertezza sull’affidabilità del sistema di manovra, ha poi convinto la NASA a prendere la decisione drastica, ma prudenziale, di trattenere i due astronauti a bordo della ISS e di far rientrare la Calipso senza equipaggio.

Tuttavia, la scelta dell’Agenzia di riportare a casa la Starliner senza astronauti non è stata priva di momenti di tensione con i vertici della Boeing, soprattutto perché sarà un’astronave della concorrenza (la SpaceX) a riportarli a terra, ma memori delle tragedie del Challenger e del Columbia, alla NASA ha prevalso la prudenza.

Una decisione che alla Boeing è costata il posto del capo esecutivo e del responsabile qualità e collaudi del progetto, ma che rispetta il mandato Safety First, imperante alla NASA dopo le due tragedie dello Shuttle, e come giusto che sia per una agenzia governativa, finanziata da denaro pubblico.

I problemi tecnici alla Starliner hanno coinvolto 5 propulsori sui 28 totali del sistema di controllo e navigazione, e sono iniziati poco prima di attraccare alla ISS. Sebbene abbia colto di sorpresa un po' tutti, la situazione non era pericolosa né fuori controllo, infatti, Butch Wilmore ha disattivato i comandi automatici effettuando un aggancio manuale alla stazione. Ovviamente, trattandosi di un collaudo in orbita, i tecnici della Boeing si sono subito messi al lavoro per comprendere ed eliminare le cause del problema. Tuttavia, le prove condotte sia nello spazio che a terra non sono riuscite a trovare la causa dell’inconsueto surriscaldamento dei propulsori, che originava la perdita di isolamento e il successivo blocco delle linee di alimentazione.

Sebbene dopo l’aggancio l’avaria non si sia più ripresentata (su quattro dei cinque propulsori), convincendo la Boeing che il rientro era possibile in piena sicurezza, la NASA ha preferito non rischiare. Ovviamente, il punto di vista di Boeing era l’opposto. D'altronde, i progettisti, conoscendo a fondo il loro veicolo spaziale, avevano analizzato con attenzione tutti i rischi, ma essendo parte in causa, l’Agenzia ha stabilito che, obiettivamente, la Boeing non poteva essere in grado di fare le stesse valutazioni di rischio che fa la NASA. La Starliner, quindi, è rientrata automaticamente il 7 settembre, atterrando senza alcun problema presso il White Sands Space Harbor nel deserto del New Mexico.

Sebbene dopo il suo atterraggio la NASA abbia confermato che il volo certificava comunque l’astronave come “idonea all’equipaggio”, le ripercussioni economiche e operative per la Boeing sono state rilevanti. Dopo questo volo il programma prevedeva di realizzare la prima missione operativa a febbraio 2025, lancio che ora è stato spostato a settembre dello stesso anno, e che ha costretto la NASA ad anticipare le missioni alla ISS Crew-10 e Crew-11 di SpaceX.

Un rinvio che, come ha confermato la stessa Boeing, costerà 120 milioni di dollari di costi aggiuntivi, tutti a carico dell’azienda, che si andranno a sommare all’elevato passivo già accumulato per questo progetto, di oltre 1,8 miliardi di dollari. Questo perché il contratto della NASA con Boeing, così come quello con SpaceX, è a costo fisso, il che vuol dire che ogni spesa non prevista o aggiuntiva rispetto al contratto iniziale, è a totale carico dell’azienda, in questo caso di Boeing.

I contratti a costi fissi per la realizzazione di due astronavi traghetto risalgono al 2014, nell’ambito del Commercial Crew Transportation Capability, e sono stati assegnati dalla NASA a SpaceX e Boeing, uscite vittoriose dalla selezione in cinque fasi partita nel 2010, che aveva visto confrontarsi sei aziende americane.

Sebbene gli accordi prevedessero la consegna delle astronavi entro il 2017, ritardi hanno afflitto entrambe le aziende, con la differenza che SpaceX è riuscita a qualificare la sua Crew Dragon come “idonea all’equipaggio” nel 2020, con solo tre anni di ritardo, mentre Boeing ha dovuto affrontare una lunga serie di difficoltà tecniche che, nonostante l’ottenimento del nulla osta operativo da parte della NASA, dovranno essere completamente eliminate prima del volo operativo del 2025.

Questo ritardo comporterà per la Boeing un enorme spesa aggiuntiva, che potrebbe diventare ben più grande dei 120 milioni dichiarati, ma che, soprattutto, causerà ulteriori danni alla sua immagine, una situazione impensabile per una grande azienda dal passato glorioso come la Boeing che, oltretutto, è la casa costruttrice dell’aereo spia spaziale X37B, che rappresenta per l'USSF (United States Space Force) una piattaforma privilegiata per condurre test orbitali con cui sviluppare nuove tecnologie per la difesa, con applicazioni nel campo della ricognizione e della sorveglianza.