Il successo riscosso da La Terra Buona, grazie a un processo di crowdfunding a passaparola quasi senza precedenti, ci ha dato modo di scambiare qualche parola con il regista Emanuele Caruso, per scoprire com’è nata l’idea di una pellicola così inaspettata e toccante e quali progetti ci attendono in futuro.
Vorrei innanzitutto chiederle se è stato difficile ‘unire’ storie diverse durante la stesura della sceneggiatura de La Terra Buona?
Alfred Hitchcock diceva che un film è tre cose: “sceneggiatura, sceneggiatura, sceneggiatura”. Io penso che molto dipenda anche dagli attori, ma concordo con la tesi di fondo. Non esiste un buon film senza una buona sceneggiatura. Ci abbiamo lavorato un anno e mezzo nei ritagli di tempo, in quanto non c’era il budget per seguirla con più costanza. Quindi sì: non è stato così semplice.
Cosa vi ha attratto verso la storia di Padre de Piccoli? Pensa che La Terra Buona possa avere un’influenza sul futuro destino della sua biblioteca?
Ho conosciuto Padre Sergio quando era ancora in vita. Era un uomo con un’energia particolare. Contagiosa e allo stesso tempo riservata. Non ti sentivi giudicato da lui, ma semplicemente accolto. L’idea di un film che raccontasse anche la sua storia ha iniziato a fermentarmi dentro fin dal primo incontro. Credo che La Terra Buon abbia messo un riflettore sul futuro della biblioteca: se sarà sufficiente a salvarla però, non lo so. Sono sempre più colpito dalla cecità delle istituzioni. Ogni volta pare di essere arrivati al fondo eppure si trova sempre il mondo per riuscire a scavare ancora un po’. Sarà un vero dramma se andrà perso quel polo culturale, quel sogno, quell’odore di buono a cui Padre Sergio ha lavorato tutta la vita e che ci ha lasciato in eredità.
Il successo de La Terra Buona pare inarrestabile, grazie al passaparola. Come ci si sente ad essere al centro di un crowdfunding di proporzioni così vaste?
Ho sempre l’idea di non aver fatto abbastanza e che avrei potuto fare meglio. Il film è andato molto bene ed è ancora al cinema in questi mesi e lo sarà almeno fino a settembre, eppure anche se abbiamo speso ben oltre le nostre energie fisiche e soprattutto mentali per realizzare questo film, mi dico che avrei potuto fare meglio e dare qualcosa in più, anche se non so come. Certo è vero che tutto questo passaparola è un miracolo di cui non mi aspettavo la portata.
Nell’introdurre la pellicola, parla di un lavoro durato quattro anni. Può dirci quali sono state le differenze sostanziali - nella loro genesi ma, anche, nel loro risultato - tra La Terra Buona e E fu sera e fu mattina?
In realtà i due film hanno visto un percorso produttivo simile. Entrambi sono figli di due progetti in cui nessuno credeva in Italia e che sono stati portati alla fine e sul grande schermo con tanto, direi troppo, sacrificio e con un dispendio di energie mentali che spesso ha sorpassato il limite. La vera grande differenza fra i due è stato il budget di realizzazione che ci ha permesso di fare un vero e proprio salto di qualità. 70.000 Euro per il primo contro 195.000 Euro per il secondo.
Possiamo già chiederle qualche anticipazione sui temi che le piacerebbe trattare nei suoi futuri lavori?
Ho tre idee in mente. Quest’estate dovrei iniziare a lavorare su una delle tre. Quello che è certo è che la mia esperienza di “cinema al limite” è finita qui. Da adesso in poi o si trovano dei budget consoni che ci permettano di lavorare senza l’acqua alla gola e senza rimetterci il senno, oppure basta pazzie del genere.