Uno dei più grandi nomi che vengono associati alle Scienze dell'educazione e alla Pedagogia è sicuramente quello di Paulo Freire (Recife, 19 settembre 1921-São Paulo, 2 maggio 1997), pedagogista brasiliano d'influenza cristiana e marxista, stimato per i suoi metodi innovativi. Il suo contributo, nella Pedagogia critica, è stato fondamentale.
Paulo Freire si è soffermato molto sul rapporto tra coscienza ingenua e coscienza critica nell'approccio educativo. La coscienza ingenua è una coscienza fatalista, superstiziosa, che si adatta facilmente alla realtà senza avere però la capacità di trasformarla - che non la domina ma la subisce. In questo senso, noi siamo veri e propri spettatori della realtà e non soggetti attivi. Secondo Freire, questo tipo di educazione porta inevitabilmente la società a uno stato di alienazione. La coscienza critica è una coscienza problematizzante che mette in discussione tutto e quindi problematizza i contenuti attraverso il dialogo, considerato uno strumento chiave per la comprensione reciproca (il docente dialoga con lo studente, senza mai dimenticare qual è il suo ruolo). L'educazione di tipo “bancario”, da lui contestata, aveva allontanato docente e studente. Il presupposto da cui parte Freire è che solo attraverso l'analisi critica dei problemi si possono ottenere dei risultati.
Per Freire, l'alfabetizzazione dei popoli oppressi, gli “ultimi”, era il primo obiettivo da raggiunere. Il popolo non è depositario passivo di cultura ma protagonista attivo del cambiamento in corso. Il popolo deve agire! Nel 1967, viene pubblicato L'Educazione come pratica della libertà e, nel 1968, Pedagogia degli oppressi -che Freire scrive durante il suo esilio in Cile. Sono anni molto difficili per il Brasile che vive sotto regime dittatoriale e, di certo, una figura come quella di Freire non poteva che creare contrasti e ostilità (l'educazione è un'arma che può anche rovesciare le sorti di un paese intero). Premesso che il modello educativo è imprescindibile dalle finalità, fino ad allora l'idea di educazione si era cristallizzata in un rapporto a senso unico tra docente e discente, in cui al centro veniva posto l'insegnamento, inteso come semplice trasmissione di saperi.
Il modello educativo applicato dalla dittatura militare brasiliana era fortemente orientato a una separazione tra parola e azione. L'obiettivo del regime era quello di inculcare idee in grado di piegare le masse, creando l'illusione di “istruire”. Freire scelse di adottare un metodo che partiva dalle parole della comunità. “Mattone”, “acqua”, “casa”, “carestia” erano parole generatrici che, una volta apprese, suscitavano una riflessione. In questo modo, il popolo si abituava a riflettere su ciò che accadeva. La parola “mattone”, ad esempio, la si scopriva mettendola in discussione - in quanto portava a problematizzare la questione sulla casa e, di conseguenza, quella sul lavoro e sui diritti dei lavoratori. Ci si interrogava sui perché e sulle cause in una società di oppressori che diventava sempre più escludente.
“Mattone dopo mattone”, Freire, oltre a rivoluzionare l'idea di educazione, ha contribuito alla rivoluzione della coscienza collettiva.