Étoile della Scala, dove si è formata e ha percorso il suo curriculum, Oriella Dorella ha calcato le scene dei più prestigiosi teatri mondiali, interpretando ruoli della tradizione classica e della danza contemporanea. Ha collaborato con il Piccolo Teatro di Milano e ha portato il balletto classico sugli schermi televisivi. Direttrice artistica del Balletto di Milano, si sta dedicando alla formazione di nuove leve del balletto.
Oriella, ci racconti un po' di lei...
Nasco da genitori giovanissimi, quasi tra i banchi di scuola, mio padre non aveva ancora fatto il servizio militare, è stato bellissimo avere genitori così. Ho goduto di una bella infanzia con un intenso ricordo della campagna della bassa padana, luogo di origine di mia madre. Nella sua casa padronale, in mezzo ad animali domestici, cavalli, caprette, porcellini d’India, rammento una grande aia che è stata il mio primo palcoscenico. Rubavo i vestiti di seta delle zie e nella mia fantasia – perché non avevo mai visto un balletto - usavo gli zoccoli dello zio per stare sulle punte …con conseguenti disastri alle ginocchia: quella è stata la mia prima “danza libera”. Poi, un giorno, lessi sul giornale di papà che avevano aperto le iscrizioni alla scuole del Teatro alla Scala. Mi presentai con i genitori, ma le iscrizioni erano state appena chiuse … mi salvò la simpatia del portiere che, vedendomi disperata, accolse la domanda con riserva. Sono dell’idea che la forza della vita è la luce, che è come qualcosa che è dentro di te. Ognuno di noi ha la sua luce, bisogna cogliere il suo raggio che ci indica la strada che dobbiamo percorrere e ci dà l’energia per perseguirla. La luce che era dentro di me fin da piccola si accendeva per il ballo e questa illuminazione mi ha dato la volontà e la forza di superare tutti gli ostacoli".
Che ricordi ha degli anni di scuola di ballo?
Gli anni della scuola sono stati bellissimi, la Scala, praticamente, era la mia casa, perché, non solo imparavo il ballo, ma anche frequentavo la scuola privata interna, dalle medie in avanti. Allora, fra l’altro, la scuola era completamente gratuita ed eravamo fornite di tutto l’abbigliamento necessario. A 10 anni, purtroppo, i miei genitori si separarono e io sono andata a vivere da mia nonna in Piazza della Repubblica, ma il mio microcosmo e la mia famiglia allargata è stata la Scala. Lì sono nate le prime amicizie, i primi amori, i sogni, le delusioni e, soprattutto, mi sono formata in quella disciplina ferrea indispensabile per riuscire in un ambito così impegnativo. Sono solita dire che lì mi sono formata come ballerina, ma anche come “marine”, pronta a ogni sacrificio. La scuola era aperta ma estremamente selettiva, non erano permesse distrazioni o esitazioni. Ricordo che alla vigilia di un Fidelio, dove dovevo ballare la tarantella, avevo 39 di febbre e mio padre chiese alla direttrice se poteva dispensarmi. Lei mi fece fare qualche esercizio alla sbarra e, visto che non ero svenuta, mi indicò il palcoscenico …
Chissà che favolosi incontri e scoperte …
Intanto, devo dire che alla Scala c’erano altoparlanti dappertutto, perfino nelle toilettes, e allora sentivamo, ad esempio, tutte le prove e così ho cominciato a formarmi un orecchio supercritico: facevo con le mie compagne le scommesse su chi stesse dirigendo l’orchestra … e chi vinceva si guadagnava un soldino. Lì ho fatto tutto il mio itinerario artistico: sono entrata nel corpo di ballo, poi solista, prima ballerina e alla fine “étoile”. Erano anni meravigliosi, nel montacarichi che portava sul ballatoio del palcoscenico ricordo di aver incontrato, tra gli altri, Carreras, Domingo, Pavarotti, Strehler, Nureyev … Margot Fonteyn, Merle Park, Alicia Alonso, Liliana Cosi, Luciana Novaro.
Una vita piena di entusiasmo, ma forse anche di privazioni …
La mattina, quando mi svegliavo, il mio primo desiderio era proprio andare alla Scala, anche se vacanze e fine settimana, zero, giorno di riposo il mercoledì … cosa fai il mercoledì? Il mio primo stipendio fu una piacevole sorpresa, però quei soldini mi servivano perché nel frattempo ero andata in Russia per gli scambi culturali e a 16 anni ero pronta a vivere da sola, e pur avendo alle spalle una famiglia meravigliosa, mi sentivo autonoma, mi sentivo “libera”. Per un paio di anni ho vissuto in un “residence” e per mantenermi ho cominciato anche a posare come fotomodella, con gran fatica. Finivo lo spettacolo la sera e subito dopo venivano a prendermi per le foto, poi, alla mattina alle 9 ero già alla sbarra … il mondo dell’immagine mi ha permesso di conoscere registi come Damiani e Zeffirelli, che mi proposero delle parti nei loro film, ma la Scala non mi diede il permesso.
Ci parli della sua carriera …
Posso dirmi pienamente soddisfatta della mia carriera, anche perché davanti a me avevo dei mostri sacri: Fracci, Cosi, Savignano, Razzi, Guillem. Ad esempio, ricordo che, con la regia di Zeffirelli, avevo ballato un Lago dei Cigni, dove interpretavo il cigno bianco mentre il cigno nero erano la Fracci o la Ferri … Ma riconosco di avere avuto anche qualche colpo di fortuna, come quando, a vent’anni, ancora solista, arrivata in ritardo alla presentazione del corpo di ballo per Dafni e Cloe, fui notata dal coreografo Skibin, che m’inserì nel cast e mi spianò la strada a diventare prima ballerina. Altra occasione è stata quella che mi ha permesso di entrare in TV. Gianni Boncompagni avrebbe voluto fare della figlia una nuova Carrà, ma Barbara era carina, sapeva cantare, però le mancava il ballo, glielo fecero notare, e allora sbottò: “Va bene, allora voglio una prima ballerina!”, la critica Vittoria Ottolenghi mi segnalò e così cominciò la mia carriera alla Rai, non sempre ben vista dai puristi. Ma nei miei spettacoli c’erano fior di coreografi, costumisti e ballerini e poi, perché privare un pubblico più ampio di un ballo ad alto livello? Infine, penso che balletto classico, danza moderna, danza di carattere, danza di strada e break dance possano integrarsi: questo è il futuro.
Oriella Dorella interprete …
Mi considero un’interprete ad ampio raggio, senza preclusioni, felice nel calarmi in multiformi personalità. Citerei i miei ruoli ne La Strada, La bisbetica domata, Giselle, le diverse Giulietta, ma voglio ricordare anche la mia collaborazione triennale con il Piccolo Teatro”, Strehler e Iancu nella Gabbianella (che ho proposto io stessa e di cui ho scritto il libretto), in Peter Pan e nel Piccolo principe.
Oggi ha trasfuso la sua personalità artistica e la sua esperienza nell’insegnamento …
Ho sempre considerato basilare l’insegnamento, è vero che bisogna avere un fisico “baciato da dio”, sensibilità e intelligenza, ma poi è il maestro che plasma il corpo e dà forma all’interprete. Io sono stata e sono quella che sono perché ho avuto grandi insegnanti e ripetitori. Oggi mi sembra che questo aspetto sia sottovalutato e non ci si renda conto che un cattivo insegnante può rovinarti per sempre, per questo ci vorrebbe più attenzione e più selezione. Io come maestra sono molto esigente e rigorosa, prima di tutto con me stessa, e poi con gli allievi, anche perché vorrei che fossero preparati per uno sbocco professionale soddisfacente. A questo proposito vorrei sottolineare che manca, oggi, un vero balletto italiano, con una sua caratterizzazione che lo faccia distinguere e diffondere a livello internazionale. Un’idea potrebbe essere unire la danza al melodramma di tradizione italiana e io ho sempre l’idea, sogno, di realizzare un’opera sulle donne e la mafia, a cui ho lavorato un anno e che avevo proposto a Battiato, che l’ha accolta con entusiasmo, ma poi non ha avuto il tempo di collaborare.
E l’Oriella fuori dal teatro?
Pur avendo goduto, fin dall’adolescenza, di una vita libera da condizionamenti e in cui ho potuto realizzare il mio sogno di ballerina, ritengo di aver maturato una struttura morale che mi ha poi sempre orientato nelle mie altre scelte di vita, anche nei momenti di crisi e scoramento. La mia vita privata, infatti, è stata molto dura e per “sopravvivere” ho dovuto sfoderare la mia esperienza di “ballerina-marine”. Il mio desiderio di maternità ha trovato una felicissima realizzazione nell’adozione di due piccoli brasiliani, Moises e Marcos, oggi quasi trentenni. Tanta gioia, ma anche tanta fatica perché ho dovuto tirali su praticamente da sola e contemporaneamente assistere i miei genitori ammalati e qui mi ha sorretto il mio forte senso del dovere, anzi, se dovessi tornare indietro farei lo stesso e di più.
Ha parlato di maternità e accudimento con una profonda sensibilità femminile, come vede la donna, oggi?
La donna, oggi, se vuole, può essere veramente libera, non c’è più un modello dominante: può essere una single soddisfatta, ragazza madre o formare una coppia affiatata, realizzarsi nel lavoro o nella maternità, insomma essere se stessa. La donna può essere fiera di queste conquiste e se potesse trasfondere questa fierezza nel sociale il mondo potrebbe cambiare. Da sempre ho lottato per l’emancipazione e i diritti delle donne, ricordo i miei sit-in con Pannella e i radicali per divorzio e aborto, e oggi collaboro ad associazioni per l’adozione a distanza e al telefono azzurro per bambini con madri carcerate; ecco, le donne, oggi, non devono mai abbassare la guardia e lasciarsi irretire da stereotipi che banalizzino la loro immagine e il loro corpo.
È stata Lady Milano: qual è il suo rapporto con la città?
Sono molto orgogliosa di essere stata Lady Milano, perché amo moltissimo questa città che mi ha dato tanto, la adoro perché c’è tutto, il dinamismo della “city” e l’opportunità della grande cultura, i grattacieli avveniristici e gli angoli nascosti, con quei cancelli e quelle porte che si aprono su misteriosi cortili interni. E poi Milano, che negli ultimi anni è diventata sempre più radiosa e accogliente, ha scoperto la luce, l’illuminazione, che la rende un’affascinante “bella di notte” e che ti fa scoprire vie, monumenti, palazzi in un alone di mistero. Ho scelto di abitare in via Broletto, nel cuore pulsante della città e quando ho dovuto ristrutturare il mio appartamento, mi sono fatta disporre la camera da letto, in modo che, comodamente sdraiata, potessi ammirare la Torre del Filarete del Castello e le mille luci che la costellano di sera … uno spettacolo che non stanca mai di meravigliare … Grazie Milano!