Guillermo Del Toro torna dietro alla macchina da presa e realizza un film capace di comunicare con semplicità fino a che punto siamo arrivati a rinnegare valori importanti quale l’amore, fondamento di tutte le religioni. Parlo di religioni perché il “mostro” acquatico, che in realtà non ha nulla di mostruoso, è venerato come una divinità dalle popolazioni tribali prima di essere catturato dagli americani.
Effettivamente, nel contesto che ci si para innanzi, solo la protagonista Elisa (Sally Hawkins) e il suddetto mostro sono capaci di compiere un vero miracolo, che è l’amore, in un mondo dove è presente a dosi quasi impercettibili, anche perché Del Toro non ha voluto appesantire la storia. Nei contesti realmente importanti l'amore è assente: ad esempio fra l’omosessuale vicino di casa di Elisa (Richard Jenkins) e il grafico dell’azienda per cui vorrebbe lavorare; tra Zelda (Octavia Spencer) e suo marito che quasi non si parlano più; fino alla sfera politica, tra America e Russia, dove un tenente dell’URSS afferma che non è importante fare scoperte e studiare ma è importante che gli americani non facciano scoperte e non studino.
In questo corollario di solitudine che tutto sommato è il mondo in cui viviamo, Del Toro è capace di dare vita a una creatura di un habitat completamente diverso dal nostro e di rendere possibile l’amore, addirittura sul piano fisico, tra una donna e questa creatura, nel completo paradosso, perché entrambi sembrano incapaci di comunicare; Elisa è sordomuta e il mostro emette solo suoni e rumori. Questo a indicare che quando si hanno mente e cuore aperto, proprio come li ha Elisa, non ci si lascia spaventare da ciò che appare alieno.
Questo film ci fa riflettere sulle attuali condizioni geopolitiche (lo scontro tra super potenze quali America e Russia), sui conflitti familiari, i conflitti sul lavoro, la paura del diverso e la solitudine che sembra non lasciare spazio a possibili incontri sentimentali: tutti temi molto attuali in una società che è all’apice del suo potenziale per quanto riguarda le tecnologie ma che è anche ai minimi storici in quanto a umanità. Del Toro vuole anche celebrare il mito del cinema, inserendo il tutto in un contesto vintage, in cui la sala cinematografica è glorificata dalla presenza di un “mostro” che scopriremo essere molto più di quello che il suo torturatore vuol farci credere. Mostro che ricorda i B-Movie del tempo passato, come il Mostro della palude, seguendo un filone cinematografico sicuramente caro a Del Toro. Serve che il cinema torni a incantare in maniera semplice e fantasiosa, che comunichi in modo efficace come faceva il cinema muto di The Crowd e che sappia recuperare le atmosfere in bianco e nero tipiche del cinema degli anni '50.