Bob Dylan è il più grande autore di tutti i tempi nella musica rock e dintorni. Siamo d’accordo su questo? No? Beh, avete torto, molto semplice.
Dopo questa premessa democratica, passiamo a parlare dell’attualità: Dylan sarà in tour in Italia nel mese di aprile (Roma, Firenze, Mantova, Milano, Genova, Jesolo, Verona) e io lo vedrò al Mandela Forum di Firenze sabato 7 aprile. E nonostante quanto appena detto circa la sua grandezza, quella serata, e anche le altre, rischia di avere la percentuale di delusi più alta che si sia mai registrata a un concerto, o quasi. Colpa di Bob Dylan? Mica tanto, è che ai suoi live, bisognerebbe andarci con una serie di istruzioni per l’uso: queste.
1) Prima di tutto, Dylan non farà nessuna delle canzoni che avete in mente, e che considerate le vostre preferite. In realtà potrebbe farne un paio, ma tranquilli: le avrà talmente cambiate che non le riconoscerete. E qui scatta il primo malinteso: non è vero, come dicono molti, che odia il pubblico e le stravolge per farlo scontento e non fargliele cantare in coro. Semmai è vero il contrario: rispetta il pubblico, rispetta se stesso e non è disposto a portare in giro lo stesso spettacolo, le stesse canzoni e le stesse versioni giorno dopo giorno, anno dopo anno, decennio dopo decennio. Ma non è una novità: l’ha sempre fatto, e quando dico sempre intendo sempre, fin dall’inizio. Basta che ascoltiate una qualunque delle versioni alternative dei suoi pezzi degli anni Sessanta uscite nella Bootleg Series e registrate lo stesso giorno di quelle che avete sempre conosciuto: vi sembreranno canzoni totalmente diverse. Si racconta che una volta, dopo che Daniel Lanois gli aveva chiesto di rifare un brano appena cantato, Bob si voltò verso il bassista e gli disse “Da quanto mi conosci? Quante volte mi hai sentito cantare? Migliaia, giusto? E mi hai mai sentito cantare una canzone nello stesso modo?”. No, non lo aveva sentito, perché non è mai successo.
2) Riguardo al fatto che Dylan non compone la scaletta con una serie di classici conosciutissimi, la cosa si può guardare in due modi. Da un lato, è innegabile che una serata, - che so - con *Like a Rolling Stone, Visions of Johanna, Tangled up in blue, Simple twist of fate, Blowin’ in the wind, The times they are a-changin’, Girl from the north country, Hurricane, All along the watchtower, Changing of the guards, I want you, It’s all over now baby blue, Love minus zero no limits, Man in the long black coat , Love sick *e magari un’altra decina sarebbe un sogno che si realizza per milioni di persone. E però anche qui, cercate di capire: Dylan si ostina a ritenere arte la sua intera produzione, compresi i dischi più recenti, comprese le cover à la Sinatra. Se avesse fatto concerti con la mia scaletta, avrebbe riempito stadi per decenni, invece che palasport e teatri. Gli sarebbe convenuto, e questo smentisce anche la diceria che “Ormai lo fa solo per i soldi”. Fate uno sforzo e apprezzate la coerenza di uno che non organizza tour commemorativi e prova semplicemente a suonare quello che gli va, di volta in volta, come fa dal 1964.
Passiamo alla performance.
3) Dylan non suonerà la chitarra. È quasi certo, anche se non si può escludere che la imbracci per una canzone o due, suonandola probabilmente malissimo. Anche qui, fatevene una ragione, ha problemi di artrite, si è affezionato a quell’organetto davanti al quale sta seduto, e del resto alla sua età seduti si sta più comodi (anche alla mia, peraltro). Suona di spalle, o di tre quarti? Sì, è così, ma non è questa gran bellezza da vedere, quindi il danno è limitato.
4) Dylan canta male, non ha voce, gracchia come un corvo dopo una fucilata. È molto probabile che in alcuni momenti penserete questo: nel corso degli anni la voce di Bob si è consumata, si è fatta sempre più nasale, ma per contro chi lo ha ascoltato negli ultimi mesi assicura che sta cantando meglio di quanto abbia fatto da diversi anni a questa parte. E del resto c’erano concerti e perfino dischi cantati male già decenni fa. Nei concerti di Dylan non bisogna aspettarsi una qualità costante (che non c’è stata nemmeno nella carriera di Dylan), una serata di divertimento dall’inizio alla fine, invece bisogna sperare in quei lampi di bellezza assoluta che di solito arrivano e illuminano la scena senza avvertimento, nel bel mezzo di una canzone, facendoti pensare: eccolo, Dylan stasera è qui, nello stesso posto in cui sono io.
5) Infine un superclassico: Dylan è uno stronzo, non saluta, non parla con il pubblico, non si scioglie mai. E questo (a parte lo stronzo) è tutto vero. Quasi sicuramente non dirà una singola parola che non sia scritta nei testi delle sue canzoni. Al massimo potrebbe fare come a Lucca tre anni fa, dicendo solo: “Facciamo una pausa, a dopo”. E qui mi chiedo: ma non sono le sue canzoni la cosa più importante? Ci tenete davvero che vi racconti una storiella, faccia il burlone, metta in scena una gag uguale a quella della sera prima, e di quella prima ancora? Perché lo sapete, vero, che quando ai concerti il vostro cantante del cuore improvvisa una storiella, in realtà l’hanno già sentita migliaia di persone prima di voi? Non c’è niente di male, tra l’altro: quello che vi viene offerto a un concerto è uno spettacolo allestito da professionisti, non una serata con un amico che condivide le sue emozioni con voi perché gli siete simpatici. Dylan non vi prende in giro: quello che vi offre è la sua musica, e le parole che ha scritto e che vanno insieme alle note. Nient’altro.
Fino a qualche anno fa non ci sarebbe stato bisogno che io scrivessi queste istruzioni. Ai concerti di Bob Dylan c’erano gli appassionati della sua musica, e un po’ di curiosi che volevano sentirlo per la prima volta. Qualcuno alla fine storceva la bocca, ma i più si sentivano beati. La situazione però è cambiata dopo la vittoria del Nobel per la letteratura: i biglietti in posti buoni per Firenze sono finiti il primo giorno, e credo che il sold out sia arrivato il giorno dopo. Anni fa, in quello stesso palazzo, per riempire (senza riuscirci del tutto) le tribune, Bob dovette dividere la serata con Mark Knopfler. Ecco perché dico che ci sarà una percentuale altissima di delusi, perché ci sarà molta gente che si aspetta qualcosa di completamente diverso da quello che avrà, magari qualcosa di simile alla scaletta spaziale che ho inventato io. Se avete letto con attenzione questo pezzo, non sarete tra quelli.
Invece se per caso dovesse davvero fare quella scaletta, per la prima volta nella sua vita, guardate in quarta fila, a sinistra del palco: vedrete un po’ di agitazione, e poi due persone vestite di arancione che portano via in barella uno spettatore svenuto, sopraffatto dall’emozione.
Ecco, quello sono io.