La scrittura poetica può essere, per i poeti, rifugio oppure sfida intellettuale, può servire ad alleviare il dolore dell’esistenza, “il male di vivere”, o a comprendere più a fondo sé stessi e il mondo; è dunque un (momentaneo) sollievo all'angoscia o può essere (ed anzi è) un campo di ricerca linguistico-filosofica, e perfino teologica.
Nelle due poesie che propongo, Giorgio Caproni e Valerio Magrelli vedono nell’atto di scrivere versi due modi di entrare in contatto con la loro essenza di uomini, l’uno considerandolo un rimedio momentaneo alla solitudine, l’altro ritenendolo parte di un processo di conoscenza. Cominciamo da Caproni:
...perch’io, che nella notte abito solo
anch’io, di notte, strusciando un cerino
sul muro, accendo cauto una candela
bianca nella mia mente - apro una vela
timida nella tenebra, e il pennino
strusciando che mi scricchiola, anch’io scrivo
e riscrivo in silenzio e a lungo il pianto
che mi bagna la mente...(Giorgio Caproni, da Il seme del piangere, Garzanti 1959)
I puntini iniziali sembrano chiamare sottovoce la poesia fuori dall’oscurità. Il cerino strofinato sul muro dà luce alla stanza, e allo stesso tempo dà sollievo all’angoscia della solitudine, al pianto che “bagna la mente” del poeta, come fa il pennino, che scricchiola mentre il poeta scrive versi su un foglio.
Il rimando al Cavalcanti della ballatetta è evidente nell’attacco (‘perch’io non spero di tornar giammai’), nel tema dell’esilio (qui non politico ma tutto esistenziale, e forse 'ontologico') e nello stato d’animo che ingenera nel lettore.
Ma non è il solo richiamo alla poesia italiana del ‘300: l’analogia vela/mente/ingegno del v. 4 risale almeno al Dante del primo canto del Purgatorio:
Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno…
La metafora della scrittura poetica come vela o barca, viene riproposta da Magrelli:
Preferisco venire dal silenzio
per parlare. Preparare la parola
con cura, perché arrivi alla sua sponda
scivolando sommessa come una barca,
mentre la scia del pensiero
ne disegna la curva.
La scrittura è una morte serena:
il mondo diventato luminoso si allarga
e brucia per sempre un suo angolo.(Valerio Magrelli, da Ora serrata retinae, Feltrinelli 1980)
Come per Novalis “la poesia guarisce le ferite inferte dall'intelletto”, così in Magrelli il processo di produzione della parola poetica, (come una molatura che elimina ogni asperità della scrittura) fa emergere “la scia del pensiero” dietro di essa: ogni verso è un passo verso la verità; ma l’atto stesso di penetrare la realtà nella sua essenza (“il mondo diventato luminoso”), ne comporta ineluttabilmente la fine, “una morte serena”. Quell’angolo di mondo che abbiamo compreso è bruciato per sempre.
Per Caproni, invece, il sollievo è solo provvisorio. L’ultimo verso (non a caso il più breve) è una frase incompiuta o non udita, come una voce che va scemando sopraffatta dal pianto, e si chiude con altri puntini sospensivi, che riconsegnano la strofa al silenzio e il poeta al buio della notte e della solitudine.
Giorgio Caproni (Livorno 1912- Roma 1990) visse e studiò a Genova. Nel 1936 pubblicò la sua prima raccolta di poesie. Nel 1938 si trasferì a Roma. Dopo la guerra, collaborò a numerose riviste con articoli, racconti, traduzioni. Vinse diversi premi letterari: con Le Stanze della funicolare nel 1952 (premio Viareggio), nel 1975 con Il muro della terra (premio Gatto e premio Jean Malrieu Etranger, per il miglior libro tradotto in francese), e successivamente con Il franco cacciatore i premi Montale e Feltrinelli. Nel 1986 ottenne i premi Chianciano, Marradi Campana e Pasolini, per la raccolta Il conte di Kevenhuller.
Valerio Magrelli (Roma 1957), traduttore e saggista, insegna Letteratura francese all'Università. Collabora alle pagine culturali di Repubblica. Ha pubblicato Ora serrata retinae (Feltrinelli, 1980), Nature e venature (Mondadori, 1987), Esercizi di tipologia (Mondadori, 1992), raccolte che con altri versi sono poi confluite nel volume Poesie (1980-1992) e altre poesie (Einaudi 1996). Sempre con Einaudi sono uscite le raccolte Didascalie per la lettura di un giornale (1999) e Disturbi del sistema binario (2006), e nel 2014, Il sangue amaro. Nel 2002 l'Accademia Nazionale dei Lincei gli ha attribuito il Premio Feltrinelli per la poesia italiana.