Probabilmente se guardate fuori dalla finestra, o misurate lo spessore dei vostri calzini in questo momento, vi sembrerà impossibile che stia per parlarvi di estate alle porte. Scrivo nel primo giorno di giugno, e mi aspetto che i miei vicini di casa a minuti scalpellino sculture di ghiaccio in giardino, mentre le rose, inopinatamente fiorite nella truffa di finta primavera, tireranno le cuoia. Dicevo: forse vi sembrerà strano, ma sta arrivando l’estate, e con lei, l’immancabile voglia di costruirsi una playlist da ascoltare sulla spiaggia, nel parco mentre si fa jogging, in macchina mentre si va a prendere il fresco in collina, oppure per i più ortodossi, davanti a un impianto hi-fi con l’aria condizionata a palla.
La cosa riguarda anche me. Cioè, togliendo dalla lista il jogging, ovviamente. Ci sono momenti dell’anno in cui decido di guardarmi indietro, di fare l’appello tra i miei numerosissimi acquisti musicali (passo alla grande i cinquanta da gennaio a maggio) e, pescando da quelli che ho preferito, masterizzo un cd, copio una directory sulla chiave usb per la macchina o compongo una playlist su iTunes e Spotify. Una raccolta che mi duri almeno fino a settembre.
Di solito viene fuori un misto tra i pezzi usciti nei primi mesi dell’anno, scelti ovviamente tra i dischi che ho comprato o che conosco, e qualche superstite di modernariato discografico che mi resta attaccato alle mani mentre vago tra un mercatino e l’altro, da un negozio di vinili all’altro, da un’offerta speciale su internet all’altra.
Parlando degli album duemilatredici, per me non c’è gara: il più importante finora è quello di David Bowie, The Next Day. Non solo perché a firmarlo è Lui, e nemmeno perché dopo anni di quasi-sparizione, nessuno se lo aspettava così in forma. Il fatto è che c’è una qualità assoluta e praticamente costante. Alla fine scelgo Love is Lost, ma potrei inserire Stars are never sleeping, così come Dirty Boys, per citarne tre molto diverse fra loro.
L’affare dell’anno fin qui l’ho fatto alla fiera dell’antiquariato di Lucca, quando in uno scatolone pieno di robaccia ho trovato una copia in vinile di Songs in the key of life di Stevie Wonder. Quello di I just called to say I love you, esatto, solo molto meglio. Il disco è uno di quelli che non possono mancare in collezione, e trovarmelo in ottime condizioni, con il libretto di 24 pagine intatto e una richiesta di 5 euro, mi ha suscitato un’emozione quasi proibita. Tanto che per molti minuti sono stato tentato dal tornare al banco e dire al venditore: “Guarda, 5 euro sono pochi, te ne do 10”. Poi ho visto mia moglie che si avvicinava pericolosamente a una bacheca di stilografiche d’epoca, e l’emergenza ha soffocato le buone intenzioni. Lo so, quando ascolterete Pastime Paradise penserete: “Oh, ma questa la conosco”. E vi assicuro che non è la sola lungo questi solchi.
Ultimamente il mio discaio di riferimento, a Lucca, mi ha consigliato un vinile di Keaton Henson, Birthdays. Ammetto che il cantautore mi era del tutto sconosciuto, e che mi sono fatto convincere ascoltando in negozio un paio di brani. Beh, alla fine mi ci sono fissato. Il disco è quanto di più scarno vi possiate immaginare, e anche di lento e rarefatto. Se considerate questi aggettivi necessariamente un difetto, passate oltre. Altrimenti immaginatevi una voce a metà strada tra Antony Hegarty e Jeff Buckley, e una musica fatta di particelle elementari, per rubacchiare una definizione alla letteratura. Non so quanto dureranno nei miei ascolti seriali, ma fino all’autunno (quello vero) ci arrivano di sicuro. Cominciando da Lying to you.
E’ possibile oggi come oggi, costruirsi una colonna sonora per l’estate e non metterci i Daft Punk? Penso di no. Intendiamoci, non è il mio genere preferito, e l’hype generato da mesi è al limite dell’insostenibile, ma come si fa a non apprezzare una serie di pezzi sfolgoranti, leggeri, intelligenti, zeppi di idee, e un’ostinata voglia di mettere su qualche chilo, in termini musicali? Presto il disco Random Access Memories sarà travolto dai remix che lo faranno ballare più che ascoltare. Intanto partite dal tormentone Get Lucky.
Un paio di pezzi italiani alla fine cerco di infilarceli sempre nelle mie playlist da spiaggia. Tranquilli, niente Canzone del sole o Rimmel, resto sul qui e ora, con due produzioni diverse tra loro: l’elegante raccolta di soundtracks (per cortometraggi) dei Sursumcorda e il secondo album di unePassante, la siciliana trapiantata a Firenze che ha movimentato la primavera dell’etichetta al femminile Annathegranny, con il suo No Drama da cui si pesca per forza il singolo pop X-man.
Di John Grant, avverto subito, mi era piaciuto di più il disco d’esordio, Queen of Denmark. La mia impressione è che in Pale Green Ghost abbia voluto infilare un po’ troppa elettronica, azzeccando però i momenti migliori nei pezzi lasciati terreno di conquista della sua voce incontenibile e della sua capacità di scrivere melodie romantiche, mettendoci a contrasto testi tra il drammatico e l’acido. GMF (che, tradotto, sarebbe una specie di “Gran figlio di…”) è praticamente un inno.
Non mi dilungo a illustrarvi ogni singolo titolo della compilation: per qualcosa vi toccherà usare Google o Wikipedia. Mi limito a dirvi che Eric Burdon ha sfornato un disco di blues bello da non crederci, e che tra i nomi più brutti mai dati a un progetto musicale, subito dietro alla pianista austriaca Soap&Skin, metto Phosphorescent. Eppure nonostante l’autolesionismo denominativo, finisce nel mio listone grazie agli sprazzi magici dell’ultimo Muchacho. Per esempio la lunga e trasognata The Quotidian Beasts, ma se preferite il ritmo unz-unz potete tranquillamente scegliere Ride on/Right on, e non rimarrete delusi. In fondo, ripensandoci, un minimo di unz-unz, in estate, ci vuole.
Canzoni per l’estate:
1. Love is Lost (David Bowie)
2. Pastime Paradise (Stevie Wonder)
3. Lying to You (Keaton Henson)
4. Red Floyd (Sursumcorda)
5. GMF (John Grant w. Sinehead O’ Connor)
6. Get Lucky (Daft Punk)
7. Xman (unePassante)
8. Plastic Cup (Low)
9. Peace of Mind (Mikal Cronin)
10. Jubilee Street (Nick Cave & The Bad Seeds)
11. Devil & Jesus (Eric Burdon)
12. Ride on/Right on (Phosphorescent)