Nel primo pomeriggio il sergente Guillot parcheggiò l’auto della gendarmerie accanto alla strada che saliva alla casa: il capitano imboccò da solo il viale sterrato, non prima di aver ordinato a Chapuis di non muoversi e di chiamare via radio rinforzi in caso di emergenza. Mentre camminava notò che le sue lucide scarpe d’ordinanza si ricoprivano di fango argilloso e questa cosa non gli piacque per niente.
Continuando a salire, sbuffando per il dislivello e il terreno scivoloso, vide in lontananza sulla cima della collina due figure e quello che effettivamente pareva un piccolo orso, un animale col pelo lungo e scuro, che però, dopo aver notato la presenza dello sconosciuto si era messo ad abbaiare insistentemente, al che Chapuis tirò un sospiro di sollievo, almeno quell’incognita si era risolta bene!
Quando fu più vicino notò che una delle due figure, un uomo di corporatura robusta, era a torso nudo e indossava un grande cappello di paglia che gli ombreggiava il volto. Da lassù lo salutava con ampi gesti della mano destra. Chapuis, temendo di perdere autorevolezza, gli rispose alzando brevemente il braccio. Accanto a lui vide che c’era una donna dai lunghi capelli scuri che stava dando da mangiare a delle galline. Ormai solo una decina di metri lo separavano dalla coppia, quando all’improvviso la situazione precipitò. Il cane nero scattò in avanti abbaiando furiosamente mentre da un vicino recinto spuntò un grosso maiale maculato e peloso che, alla vista del gendarme, si diresse con decisione verso di lui. Chapuis si sentì in trappola.
Era dai tempi di Marsiglia, quando da recluta andava a fare le ronde notturne giù al porto, che non si sentiva così minacciato. Fuggire, lo diceva sempre il loro addestratore Fabius, è inutile, controproducente, per cui decise di rimanere immobile. Prontamente l’uomo col cappello emise un fischio acuto e prolungato: i due animali frenarono bruscamente e fecero dietro front. Chapuis udì anche una risata aperta, e in quel momento si sentì così ridicolo che gli parve che anche le galline con il loro pigolio si facessero beffe di lui.
“Non abbia paura! Sono inoffensivi. Difendono solo la loro casa! Venga avanti con fiducia!- gli urlò Thierry ridacchiando – a cosa devo il piacere di questa visita?” aggiunse.
“Sono Chapuis, il capitano Chapuis della gendarmeria locale. Lei chi è?” disse con il cuore in gola per la fatica e i postumi da spavento.
“Thierry Galinier, ma mi chiami pure Thierry. E questa è la mia compagna Isabelle. Poi ci sono Jordi – disse indicando il cane - e Jerôme - indicando il maiale. Il resto della famiglia è in giro per i boschi. Mi dica, cosa posso fare per lei? Oggi sono molto impegnato e...”. “ In paese girano voci che lei tiene certi comportamenti...” “Senta, caro generale Chapuis, se vuole farsi un giro in casa faccia pure, io oggi ho da fare. Oggi è un giorno speciale, si festeggia Jerôme e mi scusi ma non posso proprio darle retta!”lo interruppe Thierry”.
E cominciò a chiamare il maiale con fischi e pernacchie. Chapuis, colto di sorpresa dalla reazione dell’uomo, rimase senza parole e sorprendendosi di sé stesso seguì mansueto Thierry che nel frattempo si era avviato verso la casa. In effetti non gli era dispiaciuto quel “Generale Chapuis”, suonava bene, in fondo era tempo che arrivasse una promozione dopo tutti quegli anni di onorato servizio!
“Vede, caro Chapuis, qui da noi si produce il miglior prosciutto di Francia. Certo non dovrei dirlo io, ma sicuramente lo dirà lei dopo averlo assaggiato. Le piace il prosciutto crudo?” chiese Thierry.
“Certamente!” disse Chapuis in uno slancio di entusiasmo “Mio padre aveva la Charcuterie de La Ville e quindi posso vantare una certa esperienza. Avevamo anche degli ottimi prosciutti italiani...”
“Vabbè, vabbè, quelli sono prodotti ordinari, a volte veramente mediocri. Qui invece stiamo parlando di qualcosa di straordinario. Sentirà caro Chapuis, sentirà lei stesso”- aggiunse Thierry e aprì un grosso portone dipinto di verde scuro.
Entrarono in una piccola stanza, il soffitto era fatto di travi sbiancate di calce e in bella vista, appese, c’erano quattro grosse cosce di maiale ricoperte di pepe ed erbe aromatiche. La stanza era completamente spoglia a parte un piccolo tavolo di legno tarlato sul quale erano allineati alcuni grossi coltelli. Thierry ne afferrò uno e con un gesto velocissimo staccò dal soffitto un prosciutto e lo appoggiò sul tavolo iniziando ad armeggiare con il coltello. “Ecco – disse solennemente- assaggi, lei da oggi non sarà più lo stesso!”
E gli allungò una sottile fetta di prosciutto, il bordo di grasso bianco più largo del normale - notò subito con leggero disappunto Chapuis - e con un gesto rapido della mano la mise in bocca. Chiuse gli occhi.
Mai in tutta la sua vita aveva assaggiato qualcosa di così intenso, delicato e saporito insieme. La parte grassa, dolcissima si scioglieva perfettamente sotto la lingua, come burro, rilasciando una sequenza di aromi straordinariamente armonizzati: sapore di noci, di castagne, di mandorle... Mentre il gusto si espandeva, giunsero le tonalità più forti e salate della polpa che rivelarono gradualmente un corposo retrogusto di erbe aromatiche. Chapuis, con gli occhi chiusi, se ne stava lì in piedi, in estasi totale, e gli sfuggì un “ancora, ancora...”.
Thierry prendendogli la mano come avrebbe fatto con un bambino o forse con un cieco, lo indirizzò al tavolo e da lì al piatto sul quale aveva messo altro prosciutto appena tagliato. Ogni volta si ripeteva la magia, ritornava quel gusto miracoloso, rinasceva dal nulla la stessa musica riproponendo un’infinità di immagini e di sensazioni. “Ma questo prosciutto è veramente straordinario, io non ho mai assaggiato nulla di simile in tutta la mia vita, è incredibile la ricchezza e la varietà di gusti che produce, così deliziosi e persistenti. Sig. Thierry lei ha fatto qualcosa di veramente grandioso. Ma come ha fatto? Qual è il suo segreto?” chiese in crescente stato di eccitazione.
“Il segreto è l’Amore, caro generale, nient’altro” replicò solenne Thierry. “L’Amore? Ma cosa c’entra l’amore con i prosciutti?” ribatté Chapuis sempre più confuso.
“L’Amore è tutto. Io amo i miei maiali, li tratto bene, li allevo in libertà e prima di abbatterli li tratto ancora meglio, alimentandoli per una settimana con frutta fresca, noci, fichi secchi, a volte anche cioccolato. “Cioccolato?!” chiese Chapuis incuriosito.
“Sì, ne sono ghiotti!” disse Thierry sorridente.
“Ma lei mi sembra crudele, prima li coccola, li tratta da umani e poi li colpisce a tradimento...” disse improvvisamente Chapuis in un impeto polemico.
“Ehi! Niente lezioni qui! Crudele e ipocrita è lei e tutti quelli come lei che mangiano prosciutto mediocre facendo finta di non sapere quello che succede dietro le quinte della produzione industriale. Ha mai incrociato un camion che trasporta maiali in autostrada? Ha visto i loro sguardi? E poi si è mai chiesto cos’è tutto questo andirivieni di bestiame attraverso l’Europa per non dire dei mangimi arricchiti con scarti di produzione, anabolizzanti, antibiotici? Si è mai chiesto se tutto questo è necessario veramente? È questo il suo modello perfetto?” esclamò Thierry col viso imporporato.
La loro conversazione terminò lì. Thierry fece il gesto di uscire e Chapuis indietreggiò fino alla porta senza voltarsi, come si fa in chiesa. Ed era quasi sul punto di inchinarsi spontaneamente di fronte ai prosciutti appesi ma poi si trattenne, e uscì. Dopo aver ringraziato e salutato ridiscese la collina a passi lunghi. Si sentiva alquanto confuso. Quando raggiunse l’auto trovò l’agente Guillot placidamente addormentato e la cosa, stranamente, lo lasciò indifferente.
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