Da dove vengo?
Dalla mia infanzia. Appartengo alla mia infanzia come a un paese.(Antoine de Saint-Exupéry)
Con i ricordi si viaggia da fermi e i luoghi che più abbiamo amato ci accompagnano avanti e indietro nella macchina del tempo.
Ricordo la mia città natale, la mia casa dove sono cresciuta.
Ma quella che ho portato con me, ovunque andassi sei tu cara la mia stanzetta da bambina. Sono passate più di 48 lune e mi manchi.
Tre metri per due di felicità e segreti, il letto a castello, la minuscola scrivania, la “cristallera” della nonna che faceva da libreria e l’armadio stile veneziano, dove nella parte bassa tenevo i Topolino che mi comprava papà, insieme ai vestiti che mi cuciva mamma.
Una stanzetta piccola, una porta in legno a doppia anta e uno scalino che mi portava dentro di te a fantasticare. Non lo sapevo ma eri il mio stargate: tra le tue mura, ogni sera avevo appuntamento con l’universo, visibile dai vetri fragili della finestra, tra antenne e tegole sui tetti. Scrivevo di stelle tra gli spazi bianchi degli almanacchi di Paperino e aspettavo che la più brillante, prima o poi, si avvicinasse e mi portasse via.
Sulla scaletta del lettino, la sera, ci salivo felice, perché volevo toccare le stelle e mi addormentavo con quei puntini luminosi dentro gli occhi.
Poco tempo fa ho letto un libro di Italo Calvino che mi ha fatto sussultare.
La sua capacità descrittiva emozionale è stata una catapulta e mi sono ritrovata, con qualche lacrimuccia, dentro la mia stanzetta.
C’era la Luna proprio sopra: e la città mi parve fragile, sospesa come una ragnatela, con tutti i suoi vetrini tintinnanti, i suoi filiformi ricami di luce, sotto quell’escrescenza che gonfiava il cielo.
(Italo Calvino)
Ho imparato a sognare in grande dentro un posto piccolo piccolo.
Dopo qualche anno dormivo nella parte bassa del letto a castello perché ero più cicciottella di mia sorella, ed è lì che ho iniziato a leggere Le mille e una notte.
Lo spazio era poco e i soldi anche, ma io leggevo di tutto.
Dall'Enciclopedia I Quindici, ai libri di papà, di quando era ragazzo, anche se mi dicevano che erano libri per grandi. E così mi innamorai di Hemingway, delle leggende dei Nibelunghi, dei racconti di Edgar Allan Poe e di scrittori italiani che sono diventati i miei amori intramontabili.
La tua casa, essendo il luogo in cui tu leggi, può dirci qual è il posto che i libri hanno nella tua vita, se sono una difesa che tu metti avanti per tenere lontano il mondo di fuori, un sogno in cui sprofondi come in una droga, oppure se sono dei ponti che getti verso il fuori, verso il mondo che ti interessa tanto da volerne moltiplicare e dilatare le dimensioni attraverso i libri.
(Italo Calvino)
Ogni tanto, con le unghiette, grattavo un po’ il muro e lo mangiavo. Non so ancora oggi perché lo facessi. Poi un giorno mamma mi ha scoperta, mi ha sgridata di brutto e non l’ho più fatto.
Di te ho ricordi interi ma il cuore a frammenti, diviso tra la felicità di aver vissuto dentro di te e la tristezza che non accadrà più.
Nel 1973 è venuta ad abitare con noi, Terry, una bambola alta quanto me, il mio piccolo grande amore, la canzone che mamma cantava sempre; l’anno dopo la Befana mi ha portato un banco scuola. Ci andavamo sedute io e Terry in quella piccola scrivania che diventava anche lavagna con il pallottoliere rosso e bianco. L’aprivo, lo chiudevo e lo sistemavo nell’ intercapedine tra l’armadio e il muro.
Facevo i compiti e poi giocavamo. Io ero la maestra e Terry l’alunna. A quel tempo giocare era naturale e non pensavo a quanto i giocattoli salvassero dalle sofferenze anche da grandi. A quell’età non pensi ai dolori.
Ero una ragazzina intelligente ma poco pratica, malgrado la libertà che avevo conquistato. Forse per questo non valutai bene la situazione né intuii il genere di ferite che avevo. La prima cosa a cui pensai fu un giocattolo dai bei colori che avevo comprato quel giorno e che portavo con me. Volevo cercarlo, come se quel che era successo non avesse conseguenze assai più gravi.
(Frida Kahlo)
Cara la mia stanzetta, non ti dimenticherò finché luna nera non ci separi. Guardando quelle pareti piccole piccole, come in un film, scorrevano le immagini dei miei primi batticuore da bambina di scuola media, per il compagnetto di classe.
In quella stanza, in cui aspettavo che la stella più splendente scendesse per portarmi via, oggi ho capito che era stato l’universo intero a scendere, ogni sera, prendermi per mano, e in quel posto piccolo piccolo, immenso immenso di amore, portarmi verso la mia crescita, nutrendo fantasia e immaginazione per non essere mai sola.
C’era una volta una bambina che parlava con le stelle, e leggeva favole in una casetta piccola. La bambina è cresciuta, continua a parlare con le stelle e a leggere favole.
Ha fili argentati tra i capelli e la pelle segnata dal tempo, non ha mai smesso di sognare e fantasticare. Aggiorna la sua lista dei desideri e scrive di vite.
Quelle degli altri ma anche un po’ della sua.
Ti voglio bene mio posto piccolo piccolo.
Ti dedico la mia felicità, quella che non comprendevo da piccola e alla quale adesso non rinuncio più, pur continuando a non comprendere che ogni attimo è felice se il pensiero si arena su un ricordo d’amore e l'orizzonte è una linea che bacia terra e cielo e noi siamo in mezzo a loro.
Nella nostra infanzia c’è sempre un momento in cui una porta si apre e lascia entrare l’avvenire.
(Graham Greene)