Il mondo dello sport è fatto di vittorie e sconfitte, imprese eroiche che vengono tramandate dagli albi d’oro di generazione in generazione. Dagli spalti delle arene, ai monitor delle tv e dei computer, milioni di persone entrano in contatto con le gesta dei loro sportivi preferiti. C’è poi qualcuno che si spinge oltre e cerca un modo per rendere indelebile la traccia delle emozioni che vengono regalate dai propri idoli: l’autografo. Intervistiamo oggi Mauro Lauretano, assicuratore laziale e di hobby collezionista d’autografi.
Com’è nato il tuo hobby?
In realtà è nato per caso grazie all’autografo di Albertino che mi fece avere mio fratello, che viveva a Milano, sapendo quanto fossi fan della trasmissione Deejay Time. Un bellissimo regalo, davvero. Ne fui esaltato, mi sentii come parte di una cosa che fino ad allora mi era apparsa invece così distante. Decisi quindi che i prossimi me li sarei procurati da solo. E il primo fu quello di Gazza Gascoigne.
Da quanti anni collezioni autografi?
Il primo autografo arrivò quando avevo 15 anni, oggi ne ho 38. Ben 23 anni!
Quanti autografi hai raccolto finora?
All’incirca 1600, scarabocchio più, scarabocchio meno…
Perché l’autografo è meglio di un selfie?
Beh, innanzitutto, dal mio punto di vista, perché non avrei mai potuto collezionare finora tanti selfie. Quando iniziai la mia “carriera” si usavano ancora solo le macchine fotografiche e tutt’al più potevi provare l’autoscatto sperando che entrambe le persone finissero dentro l’obiettivo senza la testa tagliata… L’autografo era decisamente più in voga, un modo per andare sul sicuro. Poi l’autografo lo puoi toccare, è tangibile, e questo ti dà più la certezza di averlo con te rispetto all’impermanente e immateriale scatto digitale. Ma anche l’autografo non è eterno e per preservarlo devi fare attenzione che la carta non invecchi troppo e l’inchiostro non sbiadisca.
Qual è il “pezzo più pregiato”?
Tre nomi per quanto mi riguarda: Bruce Springsteen, Ronaldo il Fenomeno e Jennifer Aniston.
Gli autografi e la fama di che te li ha rilasciati per te vanno di pari passo? Oppure ci sono autografi a cui sei particolarmente affezionato, ma che ti hanno regalato personaggi, diciamo così, non ti primissimo piano?
Questa domanda coglie un aspetto importante della psicologia profonda del cacciatore di autografi, che cerca di far proprio un immaginario. C’è un immaginario collettivo, fatto di personaggi ammirati da tutti, e uno più privato, composto di personaggi che solleticano soprattutto la nostra fantasia. Gli autografi di stelle come Schumacher, Baggio, Vasco Rossi, Morrissey, Cameron Diaz e altri che sono riuscito a collezionare ovviamente suscitano l’ammirazione degli altri (e anche il mio orgoglio, sia chiaro). Ma, per esempio, personalmente sono molto orgoglioso negli anni di aver collezionato gli autografi di tutti gli attori de I ragazzi della Terza C, un telefilm che vedevo quando ero bambino e mi piaceva molto. Dal punto di vista sportivo, mi è particolarmente caro l’autografo di Michele Coppolillo, un ciclista che andava in fuga sempre, generoso come nessun altro. Nel mondo del calcio quello di Carlo Mazzone, uomo d’altri tempi, che non ha l’appeal degli attuali personaggi mediatici ma è un uomo di esperienza, lealtà e grande cuore.
Che cosa provi quando la tua richiesta viene rifiutata?
Le sensazioni sono molto cambiate col trascorrere degli anni, col pari passo della mia crescita anche come persona. All’inizio ovviamente ci rimanevo malissimo, prendendola sul personale, mentre poi ho capito che i personaggi famosi fanno una vita così stressante, sommersi da mille stimoli e sempre tirati da una parte e dall’altra, e quindi ci sta che in un determinato momento possano non essere disponibili. Poi per me la caccia all’autografo è anche un’avventura in sé, in giro per il mondo, e quindi anche se non riesco sempre a giungere alla meta mi godo comunque il viaggio, anche in senso metaforico.
A quale autografo stai “lavorando” attualmente?
Attualmente sono concentrato sul No Filter Tour dei Rolling Stones, il mio obiettivo è quello di riuscire a mettere insieme gli autografi di più membri della band possibile. In Italia, a Firenze, ho “sfiorato” Mick Jagger ma non se ne è fatto niente. Comunque il tour ha ancora diverse date da regalare. Per quanto riguarda lo sport… beh, fra pochi mesi ci sono i Mondiali di calcio in Russia. Il grande obiettivo rimane Cristiano Ronaldo, anch’egli purtroppo solo avvicinato durante l’ultima Confederations Cup, sempre in Russia. A volte si va a segno e a volte no, ma ciò che importa è non perdersi d’animo e riprovarci. Fino alla fine.