Nel 2008, l’artista statunitense Jeff Koons espose le sue opere di arte contemporanea nella storica reggia di Versailles e due anni dopo, anche Maurizio Cattelan organizzò una mostra a Palazzo Reale, dove l’antico colloquiava con il contemporaneo.
Il dialogo tra due mondi artistici, apparentemente opposti, è divenuto uno dei primari obiettivi di molti curatori e critici d’arte, che sono riusciti a trasformare questa intesa in una pratica ormai consolidata, ben rappresentata nelle sale dell’Ermitage, durante la Biennale europea di Arte contemporanea, Manifesta. Quest’anno, anche la capitale archeologica per eccellenza, Roma, è riuscita a svelare la sua eterna e antica grandezza attraverso le opere di 25 artisti contemporanei, di diversa nazionalità, realizzate nell’area del Palatino. Da sempre considerato un luogo sacro dai Romani per aver dato i natali alla città, quando Augusto decise di trasferirvi la sua dimora nel lontano 44 a.C., il colle Palatino si trasformò in una sontuosa dimora regale e quasi tutti gli imperatori andarono ad abitare lì.
Passeggiando oggi tra lo Stadio Palatino, il peristilio inferiore della Domus Augustana e le arcate Severiane, si possono ancora percepire la grandezza e la magnificenza di questa zona, respirando però un’aria nuova, moderna, contemporanea: “Il tema è quello di ridare vita attraverso il gesto degli artisti a luoghi in cui la vita se ne è andata da tempo e che sono percepiti da chi li visita come luoghi in cui il tempo ha avuto una soluzione di continuità. Per riannodare il senso di una percezione vitale da parte di chi li visita è necessario un gesto che solo gli artisti possono restituire. Un punto d’incontro tra passato e contemporaneo che offre l’installazione” - il soprintendente Francesco Prosperetti motiva così la nascita di questo progetto, che ha preso il via il 28 giugno e sarà fruibile fino al 29 ottobre.
Artisti del calibro di Marina Abramovic, Gilbert and George, Mario Schifano, Maurizio Cattelan e Joseph Kosuth animano l’area del Palatino con sculture, fotografie, dipinti e opere su carte. Il curatore, Alberto Fiz, descrive questa mostra come un lungo progetto dove anche la componente architettonica, parte integrante della città, riesce ad alimentare e rendere viva la storia antica che ci circonda. Camminare tra le rovine osservando queste installazioni offre allo spettatore degli spunti interessanti per riflettere: l’opera di Thorsten Kirkoff, che colloca scatole di frutta e sacchi di iuta stampati con immagini di migranti sotto le costruzioni in laterizio dell’esedra, è una riflessione sulla condizione umana; lo specchio-zerbino calpestabile di Cattelan, collocato nel tunnel che collega lo stadio all’ovale di Teodorico, vuole essere una provocazione ad esprimere un diverso punto di vista.
Tra le creazioni architettoniche, notevole la lupa smunta di Ugo La Pietra, qui rivisitata nella sua impossibilità ad allattare e il tempio greco-romano di Gianni Pettena. L’articolazione di questo percorso, con opere tutte site specific, ripercorre svariate tematiche, tra le quali spiccano il genere artistico, privilegiato dai Romani, il “ritratto” e la rappresentazione delle “mani”, in vari modi disegnate, dipinte, scolpite e fotografate”. Un dialogo continuo quindi tra arte antica e contemporanea, che non poteva non evocare anche la percezione ottica e illusionistica dell’arte cinetica, servendosi dei Rotoreliefs di Duchamp, ossia cartoncini serigrafati, anticipatori dell’Optical Art.
I visitatori potranno percepire anche un’opposizione a livello emotivo, che riflette quella figurativa: se da una parte i luoghi archeologici invocheranno un senso di mistero e solitudine, dall’altra, le opere contemporanee, tra navicelle spaziali, rinoceronti, abitazioni storte e specchi, esporranno lo spettatore a una riflessione “ironica”, che contaminerà la propria percezione. Questa è stata in origine anche l’idea dell’architetto Tullio Leggeri, che ha curato il progetto di allestimento, selezionando le opere dalla sua collezione, proveniente dal museo ALT, Arte Lavoro e Territorio: spazio non profit dove sono raccolte opere provenienti dalle collezioni private. “È in questo connubio tra due realtà apparentemente diverse come il mondo della costruzione e quello delle installazioni d’arte, che emergono numerosi tratti in comune”.