Non amo la parola “rivoluzione”, oggi abusata, ma se si deve parlare di un totale ribaltamento di linguaggio, di espressione, di gestione di un codice iconografico, di una totale invenzione di campi semantici, allora Giovanni Bellini la compie questa rivoluzione, pochi anni prima di Leonardo e parallelamente a Leonardo, con la sua meravigliosa Madonna Greca, oggi alla Pinacoteca di Brera.
“Greca” non solo perché riprende l’indicazione in lettere greche dell’intitolazione a Maria Madre di Dio, né solo perché dipinge quello che l’icona struttura (il bordo quadrangolare, segnale del Sepolcro) ma ancor di più perché accoglie la tipologia bizantina della Madonna della tenerezza, detta di Kazan e di Vladimir, con la sua tipica malinconia cristologica, prefigurante la Croce già dall’infanzia del Signore.
Accogliendo questo codice Bellini lo interiorizza, lo spiritualizza, lo trasmuta come un sapiente alchimista in un qualcosa di assolutamente nuovo, fluido, introiettante, e compie questo prodigio di innovazione restando dentro il canone e la spiritualità del Cristianesimo orientale. Ecco l’Opus: dall’icona al ritratto, dall’assoluto dell’oro all’assoluto del nero. Mai inversione fu più fertile e totale. E Tenebris Lux!
Una rivoluzione compiuta però senza gridare ma propugnata nella somma delicata grazia che è uno dei carismi di questo divino artista. Un Opus che appare congiunzione di sole e di luna, di occidente e di oriente, dell’auralità di Platone con la precisione di Aristotele. Un’unità/unicità organica come solo Leonardo saprà anch’egli compiere. La stessa intensità contemplativa, centripeta, autofocalizzante, magnetica, propria delle icone orientali compenetrata dalla fluidità dei moti naturali e spirituali delle profondità agostiniane dell’animo umano. Forma formante. Scena mundi sub speciae aeternitatis. Ktema es aei.
Bellini rompe il ghiaccio e pochi anni dopo la corrente non si fermerà più fino a Caravaggio. Lo dimostra un altro Giovanni, come Maineri, la cui testa del Battista decollato di Brera è già pop, recita dell’esibizione, visione dell’esserci performante, still life oggettuale-umano retto dall’immensità semplice del nero, splendore del vuoto adimensionale, il tutto a gloria trionfale della seduzione dell’esser visto. Una goccia di sangue brillante lentamente scivola sospesa in un teatro assoluto dell’animo lungo il bordo interno di un Graal minimalista che è il vero protagonista dell’opera. Geometria, anatomia ellittica e leonardiana di vene, arterie e colonna vertebrale, graduazione di neri e di grigi in un contrappunto semplice di forme universali, curve. Quadratura del cerchio. Cerchiatura del quadro.