La materia oscura o più comunemente “massa mancante” costituisce, nella cosmologia contemporanea, quella materia non direttamente osservabile, in grado di manifestarsi esclusivamente attraverso i suoi effetti in quanto priva di radiazioni luminose.
Materia Oscura di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, presentato alla 63esima edizione del Festival di Berlino e nelle sale milanesi in occasione del Filmmaker Festival (28 Novembre- 8 dicembre 2013), si accosta con grande coerenza e raffinatezza a questa definizione in quanto documentario silenzioso, mai esplicito, la cui potenza risiede nella sua struttura complessiva, solida ed equilibrata.
Sulla scia del riuscitissimo Il castello (2011) e dei precedenti I promessi sposi (2007) e Grandi speranze (2009), la coppia di registi riafferma la propria capacità e l’invidiabile eleganza nel condurre importanti indagini sui meccanismi che articolano il potere. La particolarità e la forza dell’opera risiedono in una formula documentaristica inconsueta e ambiziosa, nella quale la parola viene paradossalmente esclusa e la ricerca del consenso e dell’empatia viene condotta attraverso le interessanti soluzioni formali.
Le immagini realizzate dall’Esercito Italiano in occasione delle innumerevoli esercitazioni presso il Poligono di Salto di Quirra (Sardegna) - ora nelle mani della magistratura - costituiscono il repertorio di partenza sul quale i registi intessono la ricerca. Uno sguardo più neutrale a sempre vigile si addentra poi nella quotidianità del luogo, in un paesaggio a ridosso del mare abitato prevalentemente da allevatori, pastori e animali, le vittime meno silenziose.
Ogni immagine è fondamentale ai fini della narrazione e si fa veicolo di una riflessione che trascende la singola vicenda per aprire uno spiraglio entro il quale intravedere la materia oscura. Le piccole tracce di una brutalità umana che gradualmente perde il suo contatto con il mondo reale - sconfinando nella virtualità fuorviante in cui perfino la guerra assume i caratteri di un videogioco - vengono raccolte in questo documentario come tasselli di un mosaico complesso; la costellazione dei singoli eventi, piccoli e apparentemente fragili, come il topolino sul quale si catalizza ipnoticamente l’attenzione a metà del film, esigono un riguardo e una premura inconsueti, paterni.
Materia Oscura concede al pubblico l’opportunità di interagire e contribuire molto intimamente alla definizione di una denuncia che in virtù dell’universalità delle immagini si apre a un’intellegibilità rara. D’Anolfi e Parenti confermano la loro ammirabile sensibilità, capace di tradurre una complessa analisi politica in un ventaglio poetico di immagini significanti.