Fu con estrema riluttanza che mi resi conto di come la figura non fosse più utile ai miei scopi. Venne un momento in cui nessuno di noi riusciva a utilizzare la figura senza mutilarla.
Questa citazione di Mark Rothko è particolarmente esemplificativa di una tendenza dell'arte contemporanea che ha offerto molteplici spunti di riflessione su alcuni precetti cari alla psicanalisi come quello di pulsione, sublimazione e rimozione. Nella loro opera L'informe, Rosalind Krauss e Yve-Alain Bois riflettono sull'ideologia dell'informe come distante dalla canalizzazione forzata in un'unica stagione artistica cronologicamente circoscritta. Per i due teorici, l'informe è un paradigma della contemporaneità che determina uno scontro dialettico particolarmente critico e tensivo con le categorie dell'arte moderna dal Quattrocento in poi.
Una di queste categorie è il concetto di forma: la tesi è che sia proprio la nozione di forma a sostenere la concezione idealistica della bellezza che l'arte contemporanea cerca di surclassare. I fondamenti di questa congettura giacciono in ciò che Erwin Panofsky ha identificato come forma simbolica della modernità, ovverosia la prospettiva albertiana con tutto il retaggio culturale che essa presuppone: l'antropocentrismo, la padronanza rappresentativa dell'Io, la geometria analitica euclidea, il concetto di "buona forma" e di armonia nella rappresentazione. Lo sviluppo di un pensiero antipositivista, da Nietzsche a Bataille, ha fornito terreno fertile a un concetto di bellezza anti-idealistica che nell'ideologia dell'informe si concretizza a pieno. Per Krauss e Bois, però, l'informe non nasce dallo sviluppo filogenetico di questo tipo di pensiero, bensì costituisce un carattere latente della creazione estetica sub specie aeternitatis: la forma ricopre e occlude il carattere informe dell'oggetto, applicandovi una censura che ripropone un vero e proprio meccanismo di rimozione che agisce analogamente al Super-Io della seconda topica freudiana. L'informe è ciò che mette in rilievo il carattere fratturato e disgregato dell'immagine, è una vera e propria trasgressione dell'idea di Gestalt.
Questa indagine estetica bassomaterialistica attuata dall'antiforma altro non rappresenta che un tentativo di rovesciamento della sublimazione: fondere arte e vita (probabilmente l'idea centrale di tutta l'arte del Novecento) risponde al tentativo di raggiungere il reale senza mediazione alcuna. Liberare l'eteros di cui parla Bataille vuol dire liberare le pulsioni, affrancare l'oggetto dal feticismo della forma e, dunque, da ogni ideale estetico che non sia quello scatologico. È proprio la crisi postmoderna degli ideali, quel "crepuscolo degli Idoli" di cui ha parlato Nietzsche, a far sì che le sperimentazioni artistiche volgano lo sguardo oltre l'estetica. Il reale non è più circoscrivibile in uno sterile idealismo formale. Il culto del deforme e dell'abietto prendono il sopravvento e si concretizzano in una critica nichilista che nega categoricamente l'arte come esperienza simbolica.
Esistono quattro vertici tramite cui l'informe si ordina e si classifica. Il primo è quello dell'orizzontalità, in quanto Freud sosteneva che nell'essere umano il raggiungimento della condizione di homo erectus abbia determinato la rimozione delle pulsioni animali. L'acquisizione di una postura verticale avrebbe, infatti, soppresso il carattere libidico e sessuale del corpo scindendolo dalle sue pulsioni. Nella contemporaneità un primo anelito di recupero pulsionale è fornito dalla reinterpretazione della spazialità attuata dal cubismo, nelle cui rappresentazioni viene ristabilito un rapporto di paratassi, ovvero di non subordinazione, tra gli elementi. Successivamente, un ritorno esplicito all'orizzontalità verrà concretizzato dall'action painting di Jackson Pollock il quale, posizionando la tela sul pavimento, supera la separazione tra verticalità del campo visivo e campo pulsionale.
Il secondo vertice dell'informe è quello del basso materialismo, ovverosia quello della materia che rifiuta la forma. È semplice comprendere come i protagonisti della stagione informale europea e new dada americana abbiano saputo interpretare questo concetto nel loro recupero della materia contro ogni idealismo estetico. L'informe neutralizza la forma e non propone immagini o rappresentazioni, bensì la loro diretta sovversione. Così facendo si realizza una vera e propria poetica dell'immanenza, quanto mai distante da ogni prospettiva di trascendenza che non manifesti un amore per l'escrementizio e il disgustoso. Il caso di Alberto Burri è certamente rinomato per quanto riguarda il concetto di materismo basso e "sporco". Burri, però, si distanzia non poco dalle idee di Krauss e Bois, negando che i concetti di forma e bellezza possano richiamare esclusivamente l'idealismo apollineo e relegarsi, dunque, all'interno di un'accezione univoca. Burri sostiene di vedere solo la bellezza, indipendentemente dal fatto che essa sia incarnata da un sacco, dal legno o dal ferro. La sua è una riabilitazione della materia che non nega l'idea di bellezza ma le va incontro in quanto riesce a scorgerla oltre l'armonia e la purezza (agalma) e all'interno degli oggetti scarto (palea).
Il terzo e il quarto vertice dell'informe sono rispettivamente quello della pulsazione e quello dell'entropia. Il primo dei due reintroduce la termporalità nel campo visivo, fa spazio all'animalità e all'irruzione del carnale nell'ordine idealistico del visivo, mentre il secondo rappresenta il degrado dell'energia e la tendenza di ogni sistema all'inevitabile deterioramento.
Nel discorso generale sulla teoria dell'informe trova spazio una piccola menzione alla terza e ultima estetica di Lacan. Egli si riferisce ad essa col termine di estetica della lettera, ovverosia l'estetica dell'immagine-segno, la quale trova svariate applicazioni nel contesto dell'espressionismo astratto, del new dada e dell'informale europeo. Nella monumentale antologia Arte dal 1900, Hal Foster e una serie di altri autori (tra cui gli stessi Bois e Krauss) hanno investigato sul concetto di segno autografo a partire dalle neoavanguardie postbelliche. Alcune cifre stilistiche note come il dripping di Pollock, la zip di Barnett Newmann, i tagli di Fontana rappresentano il trionfo dell'estetica della singolarità e la concretizzazione della funzione lettera più che della funzione quadro. La logica dell'hallmark risponde proprio a questa terza estetica lacaniana, concentrandosi sul tratto singolare, irriducibile all'universale, di impronte e segni autografi. Esiste qui una strettissima correlazione tra il segno e il gesto; essi si producono l'un l'altro in uno stesso movimento, presupponendo che il segno non possa mai essere disgiunto dall'atto sul modello dell'haiku giapponese.
Il segno-traccia è tautologico, non rimanda ad altro se non alla propria singolarità. Il fatto che l'opera stessa combaci con l'atto rappresenta un superamento deciso di un certo idealismo filosofico di origine crociana che presuppone l'opera come già presente nella mente dell'artista riducendo il processo artistico ad una oggettivazione secondaria di quell'idea. Nell'orizzonte del segno-traccia non esiste distanza alcuna tra intuizione ed espressione e l'opera non esiste prima dell'atto.