Tra le piante aromatiche più comuni e più usate da Greci e Romani sia in ambito culinario che nella cosmetica, l’alloro riveste certamente un posto di primo piano. Teofrasto, allievo di Aristotele e a capo del Liceo alla morte del maestro nel 322 a.C., nel suo scritto Sugli odori rilevava che il profumo di alloro, detto daphninon, era certamente quello più a buon mercato. Con ciò il filosofo non intendeva dire che fosse il meno pregiato, ma solamente che, in una panorama di prodotto costosi tra i quali si distinguevano i profumi egiziani e il famosissimo Megalleion composto tra l’altro dalla costosa e rara mirra stakte, il daphninon aveva un prezzo contenuto dal momento che era ricavato dalle foglie di una pianta assai comune in tutti i paesi del Mediterraneo.
La nascita dell’alloro è legata, come del resto quella di tante altre piante aromatiche – dal narciso, alla mirra, all’incenso – alla vicenda di metamorfosi di una bellissima ragazza di nome Dafne, vicenda che Ovidio racconta in questi termini.
Dafne, esaurite le forze impallidì e, sfinita per la fatica della veloce fuga e guardando le acque del Peneo, invoca: «O Terra spalancati oppure distruggi con una metamorfosi la mia bella figura che è causa del mio danno! Padre, dammi aiuto – aggiunge – se voi fiumi avete potere divino! Cancella trasformandolo il bel sembiante per cui piacqui tanto!». Aveva appena finito di pregare, che un pesante torpore invade il suo corpo. Il petto delicato viene avvolto da una sottile corteccia, i capelli si mutano in foglie, le braccia in rami, i piedi, poco prima così veloci, si fissano in radici inerti, il volto in una cima d’albero: le rimane soltanto la bellezza. Pur così Febo continua ad amarla e, poggiando la destra sul tronco, sente che ancora il petto batte sotto la fresca corteccia. Allora, intrecciando le sue braccia ai rami come se fossero le membra di lei, bacia il legno: ma il legno si sottrae a quei baci. A lei il dio: «Poiché non puoi essere mia coniuge – disse – sarai di certo il mio albero. La mia chioma, la mia cetra, la mia faretra, o alloro, si orneranno di te. Tu incoronerai i generali lieti per la vittoria, quando un coro festante intonerà il canto del trionfo e il Campidoglio vedrà lunghi cortei. Tu medesima, come una custode fedelissima, sarai appesa alle porte della reggia di Augusto e guarderai la quercia che sta nel mezzo e, come il mio capo giovanile è pieno di capelli intonsi, anche tu avrai in eterno l’onore delle foglie sempreverdi». Apollo così finì di dire: l’alloro con i suoi rami formatisi da poco dà il suo assenso e sembrò che muovesse la cima come se fosse il capo.
Ancora una volta, dunque, la vicenda di una amore negato che trova il suo epilogo nella nascita di una pianta aromatica.
Maggiori informazioni sul tema trattato con fonti e bibliografia relativa in:
G. Squillace, Il profumo nel mondo antico, Firenze, Olschki, 2010.
G. Squillace, I giardini di Saffo. Profumi e aromi nella Grecia antica, Roma, Carocci, 2014.
G. Squillace, Le lacrime di Mirra. Miti e luoghi dei profumi nel mondo antico, Bologna, Il Mulino, 2015.
G. Squillace, I balsami di Afrodite. Medici, malattie e farmaci nel mondo antico, San Sepolcro, Aboca Museum, 2015