Il primo Novecento, come noto, fu un’epoca ricca di eventi e stravolgimenti di carattere storico e sociale, che interessarono tutto il globo. Emerge fra tutti la Grande Guerra, primo conflitto bellico in grado di coinvolgere un importante numero di Stati, ridisegnando i confini geopolitici del vecchio continente.
Agli albori di questo secolo – cruciale per lo sviluppo dell’odierno assetto economico e sociale – l’Europa non fu solo protagonista di scontri armati, ma si rivelò pure scena principale di una nuova e fremente corrente che interessò numerosi ambiti della sfera culturale. Questo movimento è passato alla storia col nome di Futurismo ed ebbe le proprie origini proprio qui, in Italia, per mano di Filippo Tommaso Marinetti. Lo scrittore originario di Alessandria d’Egitto stilò un vero decalogo, composto da undici punti che illustravano le linee guida entro cui orientarsi in questa nuova corrente culturale. Tuttavia, il Futurismo iniziò a produrre un’eco internazionale solo grazie alla pubblicazione del Manifesto sul quotidiano francese Le Figaro. Infatti, dalla redazione del celebre giornale parigino le idee alla base dell’avanguardia italiana poterono diffondersi in tutto il mondo, influenzando analoghi movimenti sorti sia Europa (Francia e Russia) che oltre oceano, in Asia e Stati Uniti d’America.
Il Futurismo si collocava in un periodo di forte evoluzione tecnologica. Radio, aeroplani, cineprese, catene di montaggio: l’innovazione spingeva verso la velocità e l’efficienza. Il progresso scientifico mirava ad accorciare le distanze fra persone e continenti, mentre il progresso industriale accelerava i tempi di produzione. Il movimento di Marinetti si innestava come un ingranaggio in questa macchina dell’evoluzione tecnologica, condividendone gli elementi fondanti. Non a caso, nel Manifesto del Futurismo si evince il trionfo della velocità, del dinamismo e dell’energia, con esplicito invito dei Futuristi all’azione.
Come anticipato, i nuovi ideali interessarono la cultura a trecentosessanta gradi, avendo una forte ascendenza sulla letteratura e sulle arti. In poesia si incontrano le opere di celebri autori come lo stesso Marinetti, Aldo Palazzeschi e Salvatore Quasimodo, che aderì al movimento in giovane età. Particolarmente noti sono anche i contributi in ambito pittorico, scultoreo e architettonico, provenienti da artisti del calibro di Giacomo Balla e Umberto Boccioni. Quanti di voi hanno notato, sul retro della moneta dei venti centesimi, la riproduzione della scultura futurista del Boccioni? Ebbene, nella cultura di massa il Futurismo è facilmente ricordato grazie alle produzioni artistiche e letterarie dei grandi nomi appena menzionati. In pochi, però, sono a conoscenza della notevole influenza che il movimento ebbe anche in campo musicale. Infatti, ispirato da Marinetti, un giovane pittore veneto decise di dedicarsi allo studio dei rumori. Il suo nome era Luigi Russolo e il suo lavoro è oggi considerato alla base della noise music. In particolare, Russolo teorizzò l’impiego dei rumori al posto dei suoni armonici nella composizione di una musica.
Spinto dal desiderio di realizzazione di quanto immaginato, Russolo affrontò una nuova metamorfosi professionale e così – dopo il passaggio da pittore a compositore – divenne un inventore. I suoi sforzi furono grandemente ricompensati nel 1913, anno in cui mise a punto i cosiddetti Intonarumori. Si tratta di una grande famiglia di veri e propri strumenti musicali, la cui invenzione rivoluzionò il modo di concepire la musica. Gli strumenti ricalcano tutti lo stesso progetto e sono costituiti da una sorta di cassa in legno, dotata di altoparlante anteriore fatto di metallo o di cartone. All’interno del parallelepipedo sono stipate lastre metalliche, corde e ingranaggi: un meccanismo che, vibrando, produce note. Il suonatore ha pieno controllo dello strumento musicale per mezzo di appositi bottoni e leve, grazie ai quali può glissare le corde e controllare la lunghezza d’onda delle note prodotte.
Luigi Russolo ideò diversi tipi di strumenti, ciascuno dei quali era capace di riprodurre un diverso suono. E infatti, in virtù del suono prodotto, ogni elemento degli Intonarumori era ricondotto all’interno di una determinata categoria. Gli strumenti erano classificati in gruppi, come ad esempio: rombatori, scoppiatori, sibilatori, gorgogliatori, ronzatori e ululatori; ognuno caratterizzato dal proprio genere di rumore. Dopo un periodo di composizione e sperimentazione, Russolo ebbe modo di esibirsi pubblicamente a Modena, dove per la prima volta presentò al pubblico uno scoppiatore. Da quel giorno seguirono numerosi concerti a Genova, Milano e persino Londra. Inoltre, al termine della Prima guerra mondiale, il papà degli Intonarumori presentò ben tre concerti presso il Théatre des Champs-ElysEées di Parigi, nel 1921.