"Ogni pittore di questo gruppo ha la propria luce; la qualità e la sostanza della luce essendo diversa in ognuno di loro; la coincidenza di poetica non comporta coincidenza di stile o di poesia. Il fascino e la verità della mostra sta proprio in questo, nell'unire intorno a una comune idea, e quasi filosofia, della pittura, artisti molto diversi." Con pochissime righe, il critico Roberto Tassi disegnava e delineava i capisaldi della Metacosa, movimento artistico tutto italiano, venuto alla luce fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. Esponenti del nuovo indirizzo pittorico furono Giuseppe Bartolini, Giuseppe Biagi, Gianfranco Ferroni, Bernardino Luino, Sandro Luporini, Lino Mannocci e Sandro Tonelli.
Leggendo la breve ma ricca descrizione di Tassi è già possibile desumere a primo acchito il carattere totalmente sui generis di tale movimento artistico. La Metacosa si presentava come una corrente i cui rappresentanti – in realtà – non condividevano affatto lo stesso stile pittorico. Un’assurdità, si penserebbe. Ripercorrendo con la mente i principali movimenti della storia dell’arte, è piuttosto facile scovare i tratti comuni di ogni orientamento, elementi capaci di distinguere visivamente una corrente dall’altra. Il Barocco segnato da torsioni, spirali e linee curve, il Romanticismo coi suoi inconfondibili paesaggi sterminati in opposizione alla finitudine dell’uomo. I tocchi ampi e decisi della pittura en plein air dell’Impressionismo, le fantasie floreali e il dinamismo dell’Art Nouveau. L’elenco e gli esempi potrebbero continuare ancora, ciò che occorre notare è il tratto caratteristico tipico di ogni temperie artistica.
Ebbene, questo non accadeva con i rappresentanti della Metacosa, i quali preservavano stili personali, pur facendo parte di un gruppo coerentemente coeso. L’ubi consistam del loro movimento risiedeva nell’avere un’idea comune. In particolare, essi condividevano la stessa poetica, la medesima idea di arte. Le loro opere si ponevano in netto contrasto con l’astrattismo e l’omogeneizzata stravaganza della produzione di quegli anni. Come scritto da Adriano Primo Baldi – intimo amico e collega di Sandro Luporini – gli artisti della Metacosa diedero vita a una “rete di resistenza”.
I componenti di quella rete erano soliti ritrovarsi nello studio sotterraneo di Gianfranco Ferroni, sito in via Bellezza. Era lì, a pochi passi dal Duomo di Milano, che andò consolidandosi la compagine fautrice della nuova corrente. L’invenzione del nome “Metacosa” generò subito ironia tra i più colti estimatori e fruitori d’arte. Eppure, quel termine rappresentava al meglio il concetto che, come anticipato, accomunava i sette pittori. Il rapporto con la cosa rappresentava il fondamento delle loro opere: ciascun autore, anche se latore di uno stile tutto personale, condivideva con gli altri l’ossessione del realismo. Era una sorta di esasperato desiderio di rappresentare il vero, un’ambizione che Luporini giunse a paragonare all’iperrealismo, con una differenza: “l'Io non scompare affatto, ma tende a vivere in una specie di assenza di tempo, o meglio in quell'attimo inquietante ma lucido in cui pare che il tempo si sia fermato”.
L’avventura della Metacosa nella storia dell’arte è stata piuttosto breve, considerando la prolungata durata di numerose altre correnti. Il gruppo tenne la sua prima mostra a Brescia, nel 1797, e fu in quella occasione che ebbe l’opportunità di essere conosciuto dal grande pubblico. A quella esposizione ne seguirono altre in tutta Italia, ma nel giro di pochi anni gli artisti cominciarono a svanire leggeri, probabilmente incompresi. Il gruppo si disgregò lentamente, ciascun pittore intraprese la propria strada. Ognuno di loro continuò esponendo opere in autonomia, qualcuno unendo la pittura ad altre forme d’arte, come Sandro Luporini, divenuto coautore dell’inestimabile patrimonio in musica e prosa del teatro-canzone di Giorgio Gaber.
Le opere della Metacosa sono tornate nuovamente insieme a inizio millennio, grazie all’intervento di Philippe Daverio. Nel 2004, il noto critico e gallerista – fino ad allora estraneo al ruolo di curatore – ha deciso di riunire i dipinti del gruppo di via Bellezza nella mostra intitolata Fenomenologia della Metacosa e allestita nello Spazio Oberdan, a Milano. Oggi, purtroppo, i nomi degli artisti del movimento nato sul finire degli anni Settanta risuonano quasi anonimi, perdendosi nel vuoto. Tuttavia, se avrete occasione di ritrovare e ammirare i dipinti della Metacosa, potrete affermare con certezza il pieno raggiungimento dell’obiettivo dei sette artisti. “Guardare la cosa come se fosse la prima volta che la vediamo: vergine e scevra da ogni pre-giudizio. Questo era il nostro tentativo”.