Vussia Cuscenza (Narciso Records) è il nuovo album di Gabriella Lucia Grasso, personalità molto importante nel più acuto concetto di world-music, che in questo suo terzo lavoro, ha compiuto una circumnavigazione intorno ai sentimenti e all’identità femminile, partendo dalla Sicilia e dalla sua musicalissima lingua per arrivare diritta in Argentina, in mirabile osmosi fra strumenti tradizionali e derive elettriche. “La coscienza -ribadisce la Grasso - è il grado di parentela più vicino che possediamo, ma non sempre ne veniamo a capo. Per questo gli ho dato del Voi: è un tono che ristabilisce la giusta distanza con la speranza di potere avere una relazione pienamente soddisfacente con questa entità che io immagino come una signora dall’aspetto austero, anche severo se vogliamo, con la quale di tanto in tanto, soprattutto in macchina mi faccio una chiacchierata. Questo album ha avuto una gestazione lunga, di circa otto anni, un periodo che ci siamo presi per rispettare il vero senso della musica, che a volte necessita di essere distillato senza alcuna fretta”.
Pare una sorta di taccuino personale intorno alle emozioni e all’amore in varie sfaccettature…
Mi trovi d’accordo. Ci sono andata a fondo con il mio “cavalier servente”, ovvero l’ottimo chitarrista Dennis Marino. Questo disco racconta un po’ la mia storia a tutto tondo su uno dei nostri atteggiamenti fondamentali: l’amore non è solo il tema centrale di questo disco, ma in generale di tutta la vita che procede sempre in senso dritto, punta verso Nord, non è mai obliqua, non si volta indietro. E se questa evoluzione venisse intesa come ricostruzione, evoluzione o miglioramento allora può ridimensionare anche il senso degli eventi più negativi o duri. Per questo non lo considero come il classico disco che parla d’amore in senso di relazioni, al contrario è tutta la nostra vita ad averne un bisogno spasmodico.
Quali affinità hai trovato in questo lungo viaggio fra la Sicilia e l’Argentina?
Come sappiamo dalla storia è stato soprattutto il nostro Sud a fornire dei numeri importanti nei flussi migratori che hanno unito questi due territori geograficamente così distanti. Tradizione e sentimento uniscono questi luoghi con le loro splendide melodie e armonie immediatamente riconoscibili, che alludono sempre all’amore: un concetto che muove ogni aspetto della nostra esistenza. Ho avuto inoltre l’onore di duettare in Quanti voti con Lidia Borda, probabilmente la migliore voce associata al tango contemporaneo.
Mi ha colpito anche la cover, con un abbraccio tenero con delle varianti anche nel resto del booklet…
Si tratta di abbracci nelle varie desinenze: dalla protezione assimilabile al ventre materno e al suo contenimento propria dell’immagine centrale, a degli slanci più passionali. Simili in questo alla musica, una magia condivisa e straordinariamente abile nel tratteggiare infinite emozioni, che amplificano il tuo stato d’animo.
Splendida anche Don Pippuzzu, ornata dalla presenza di Carmen Consoli, com’è stato lavorarci assieme di nuovo?
Soddisfacente da ogni punto di vista. La nostra amicizia si è trasformata in collaborazione artistica con la mia partecipazione al side project tutto al femminile delle Malmaritate, sempre pubblicato dalla sua label. Per lei sono a corto di aggettivi: è una persona di incredibile talento che ha anche studiato applicandosi per migliorare e dare. Ci ha dato carta bianca e ci siamo ritrovate in tutto. Lei inoltre si trovava in gravidanza, uno dei momenti più belli della vita di una donna. Fra di noi si respirava come e più di sempre, una grande sintonia. Sul palco occhieggiamo, ridiamo e ci capiamo al volo. Devo dire che quello in cui mi trovo è davvero un ambiente di lavoro fantastico, dove ognuno aggiunge il suo valore, come fa ad esempio Elena Guerriero, un’altra grande amica.
A proposito di belle amicizie, di recente ti sei trovata sul palco insieme a Tosca…
Una grande esperienza, voce e presenza incredibili. La cosa più bella è che Tiziana si è calata perfettamente nella nostra realtà, con un’alchimia che è ricorrente solo nella musica, sempre capace di sorprenderti con queste empatie istantanee. Ci siamo ripromesse di ripetere questo nostro incontro.
Quali sono stati i tuoi esordi e come hai fissato le figure che inevitabilmente ti hanno influenzato?
Le influenze sono state molteplici fra il timbro inconfondibile di Edith Piaf, il jazz e la lirica. Ma c’è stata anche la musica classica, il teatro, un po' di sano rock, approfondito quando ero più ragazza. Mi sono arresa a una chiamata che mi ha portato a trasferirmi a Milano, poi ho fatto il percorso inverso ritornando in Sicilia, perché il bello della vita è che tutto è in continua evoluzione e che c’è sempre la tua voce interna che ti suggerisce cosa è meglio fare. Nel mio pantheon di influenze ci sono Rosa Balistreri e Ani Di Franco, viscerali e sanguigne nella loro nobile arte.
Cosa ti aspetta nei prossimi mesi?
Voglio portare la mia musica in giro e suonarla dal vivo il più possibile. Contestualmente siamo al lavoro per il secondo album delle Malmaritate, nel più puro spirito di collaborazione e appartenenza.