Una meravigliosa insegnante di lettere delle scuole medie di tanti anni fa riuscì a infiammarci di entusiasmo per i Poemi Omerici, ad appassionarci per le eroiche vicende della guerra combattuta per dieci anni sotto le mura di Troia e, poi, espugnata la città, per le mirabolanti avventure dei ritorni in patria per mare dei greci vincitori. Ritorni sempre irti di insidie create dall’ingovernabilità del mare e dall’avversione degli dei. Agamennone troverà la morte per mano dell’infedele Clitennestra, Aiace Telamonio morirà nel tragico naufragio proprio sulle spiagge di Salamina. Più celebre e appassionate di tutti il lungo viaggio di ritorno di Ulisse, snodato tra avversità e voglia di conoscere uomini e luoghi.
Fu bravissima, la nostra giovane insegnante, anche nel farci aggirare, interpretare e digerire certe asprezze delle traduzioni di Vincenzo Monti e di Ippolito Pindemonte dell’Iliade e dell’Odissea. Gli eroi di quei poemi divennero i nostri eroi, che ritrovavamo, allora, anche nei film spettacolari di quegli anni, che mescolavano spesso disinvoltamente storia antica e fantasia scenica. E come evitare di parteggiare per l’uno per l’altro combattente nei frequenti duelli? Di schierarci ora dalla parte degli Achei ora dalla parte dei Troiani e di vivere con emozione sortite notturne coraggiose e spericolate, scene di combattimento intorno alle porte della città o le numerose trame segrete e gli intrighi?
Ci avvicinammo, così, giovanissimi al mondo degli eroi greci e degli dei dell’Olimpo, alle storie straordinariamente avvincenti di cui era densissimo quell’infinito spazio tra cielo e terra, popolato di semidei, di eroi, di ninfe, di giganti ribelli e di animali mitici, irreali e fiabeschi, talvolta mostruosi. Sulla spinta della lettura e della suggestione dei versi ci sembrò di sbarcare anche noi nei luoghi di quel remoto passato, ritrovandoli, per magia, così com’erano prima che l’offesa del tempo e la follia dell’uomo li devastasse. Ci inoltrammo, così, nel labirintico Palazzo di Cnosso a Creta, ammirandone la sua originaria forma di luogo delle meraviglie e delle sofferenze. Rivivemmo le angosce della prigionia di Dedalo e di Icaro tra quelle insormontabili mura e le vertigini della loro disperata fuga in volo; ci sentimmo partecipi della gloriosa impresa di Teseo contro il mostruoso Minotaruro che v’era nascosto.
Veleggiammo anche noi con Ulisse e i suoi compagni sul mare Egeo e sul Mediterraneo, facendo con loro cabotaggio tra isole meravigliose, popolate di giganti invincibili, di volatili magici dal canto ammaliatore, di ciclopi antropofagi, di mostri marini in agguato tra gli scogli, di maghe capaci di portentosi e pericolosi sortilegi. Con Ulisse sfidammo l’ira implacabile del dio del mare Poseidone. Ci parve di avvertire tra le pagine dei nostri libri la pungente salsedine del mare davanti al tempio di Apollo a Delo e, leggendo i frammenti dei versi di Saffo, di ritrovarci anche noi lungo il mare di Lesbo. Non ci fu impossibile vedere, affascinati dai poeti lirici, perfino la dea cacciatrice Diana e le sue compagne nelle pianure intorno Olimpia.
Da allora la Madre Grecia non ci ha abbandonato mai più nel corso di tutti i nostri percorsi scolastici e formativi, nelle nostre letture, nei nostri viaggi, nelle serate a teatro. Scoprimmo giorno per giorno l’assoluto primato dell’ineguagliata arte classica greca, che attraverso quella romana, dal Rinascimento in poi, ha trasmesso i suoi valori, a tutta l’Europa. E fortissime sono state le emozioni che hanno di volta in volta segnato i nostri continui contatti con la Madre Grecia. Da ragazzini fummo stregati dalla solenne e imponente bellezza dei templi di Paestum, testimoni della irripetibile magnificenza solenne e ieratica dell’architettura dorica. Poi, dopo averci conquistato il cuore e infiammato la fantasia, la Madre Grecia ha occupato stabilmente la nostra mente. Venne, infatti, il momento dell’approccio con la filosofia e non tardammo a renderci conto che tutto il pensiero filosofico dell’occidente, di tutti i tempi, ha sempre avuto le radici, dirette o indirette, in Socrate, in Platone, in Aristotele, nell’Epicureismo, nello Scetticismo, nello Stoicismo che da quella terra ci provengono. Per non dire del teatro che non ha mai smesso di essere di attualità con i suoi intramontabili autori e i suoi personaggi.
Tanti, e tanto grandi, sono gli insegnamenti che la Madre Grecia ha lasciato a noi, distratti e spesso inconsapevoli destinatari della sua eredità, a cominciare dall’esempio della democrazia, la prima al mondo ad essere instaurata, quando tutto intorno se non c’erano regimi ferocemente autoritari, militareschi, teocratici, sanguinari e pirateschi, c’era la barbarie. Sono loro, i padri greci, che ci hanno educato al culto della bellezza e della tolleranza. In Grecia non ci sono stati solo i cosiddetti “dei falsi e bugiardi” della mitologia e dei cicli epici. Ci sono stati mitici spiriti rivoluzionari e ribelli come il titano Prometeo che rubò il fuoco all’Olimpo per donarlo all’uomo, o innovatori come Esiodo che contrappose alla visione epica del mondo omerico la concretezza della vita dei campi, con Le opere e i giorni; in quelle pagine insegnava agli uomini a vivere, a lavorare la terra, ad allevare gli animali, ad assecondare le stagioni e, soprattutto, a liberarsi dell’ingombro pericoloso degli dei.
L’antica Grecia – è noto- era divisa in piccoli stati sempre in contrasto tra di loro. Sanguinaria e lunga fu la Guerra del Peloponneso. Ma erano prontissimi ad unirsi, all’occorrenza, contro il nemico comune nel nome di una koinè spirituale e culturale saldissima. Ed erano greche le straordinarie feste che mettevano insieme prestanza fisica e ingegno, corpo e mente. Pensiamo alle Panatenee, alle Nemee, alle Corinzie, alle Istimiche e, soprattutto, alle Olimpiadi, nate nel 776 avanti Cristo, durante le quali era imposta, per cinque giorni la “pace olimpica”.
Presi dalle nostre piccole beghe abbiamo dimenticato che le radici culturali dell’Europa – quelle che ci richiamano all’unità di intenti, alla tolleranza, ai valori dello spirito e del sapere, alla democrazia vengono da questo lembo di terra proteso nel mare. Lasciarla sola significherebbe rinunciare al nostro essere europei. Non dovremmo dimenticarlo mai, soprattutto noi italiani che nel nostro meridione godiamo ancora della magnificenza intramontabile della Magna Grecia.