Plurima Mundi nasce nel 2004 per volontà di Massimiliano Monopoli, violinista di estrazione classica, docente al Conservatorio di Taranto, studioso appassionato di progressive rock. Il gruppo nasce con l’obiettivo di valorizzare la sperimentazione e la contaminazione da parte di ognuno dei musicisti coinvolti, secondo il proprio bagaglio di esperienze e conoscenze: nasce così un’idea progressive al crocevia tra elementi classici, spinte rock, melodie mediterranee e varie influenze, dalla fusion alla composizione per il cinema.
Li abbiamo incontrati per la prima volta nel 2009, con un debutto già molto ispirato: Atto I. Dopo otto anni, Plurima Mundi torna con Percorsi. Cosa è accaduto in questa lunga pausa di tempo?
Massimiliano Monopoli: Prendendo spunto dal titolo, è trascorso un lungo periodo di tempo in cui sono accadute diverse cose: da vicende personali a riflessioni infine l’effettiva ripresa del gruppo, soprattutto live, che è cominciata nel 2013. Da allora ho buttato giù un po’ di idee in modo quasi sequenziale, nel senso che, quando un brano era finito, si testava dal vivo e poi si cominciava con altro. È stato un percorso che, con il passare degli anni, ha definito delle coordinate da seguire e nonostante qualche avvicendamento e cavalli di ritorno, non ha influito più di tanto sul risultato finale di cui, personalmente, sono soddisfatto così come gli altri elementi del gruppo.
Percorsi è un disco di grandi novità. La prima è quella umana: Plurima Mundi ha un nuovo organico, con musicisti di diversa età ed esperienza, ma accomunati tutti da una notevole musicalità.
Mi piace molto il sound prodotto da questa formazione che si è “fortificata” con l’andare del tempo. Della prima siamo rimasti io (violino elettrico, compositore dei brani), Grazia Maremonti (voce) e Massimo Bozza (basso). Nel 2014 è arrivato Silvio Silvestre alla chitarra, seguito da Lorenzo Semeraro al piano. Questo è il gruppo di persone che suonano insieme da qualche anno a cui, nel 2016, si è aggiunto Gianmarco Franchini alla batteria. Spero che questa formazione possa durare nel tempo sino al prossimo lavoro, che sicuramente sarà realizzato non facendo passare altri otto anni!
La seconda novità di Percorsi è il coinvolgimento di una scrittrice: i testi infatti sono opera di Maria Giuseppina Pagnotta. Come mai questa scelta?
Una bella coincidenza, una conoscenza inaspettata. Conobbi Maria Giuseppina nel 2012 quando stavo cominciando a pensare alla realizzazione di qualcosa di nuovo. Già dal primo incontro, leggendo alcuni suoi scritti, mi sentii “riflesso” in quello che aveva realizzato e mi piaceva molto la semplicità con cui raccontava il suo mondo, il suo modo di vedere ogni cosa. È stato spontaneo e naturale chiederle di scrivere i testi dei pezzi che avevo in mente. Abbiamo lavorato molto bene, con grande entusiasmo e posso dire che il suo lavoro ha dato “la parola giusta” ai brani che stavo componendo.
Ai tempi d’oro del progressive, la partecipazione di figure ad hoc per i testi (pensiamo a Pete Sinfield) indicava una grande attenzione al dato testuale e letterario. Quali sono i contenuti di Percorsi?
Considero Percorsi un lavoro molto personale, nel senso che ogni brano ha una sua storia riguardante qualcosa di realmente accaduto. Ci sono i momenti della pura creatività musicale senza “chiudersi” in uno stile definito, basta ascoltare Eurasia che apre l’album. E mi vedrai… per te è una specie di dialogo, quasi spirituale, con una persona che purtroppo non c’è più, con cui verso la fine si dà un appuntamento quando… sarà il momento giusto per rivedersi. L. …tu per sempre è il racconto di una storia d’amore finita con una grande delusione, un brano scritto e realizzato musicalmente in soli tre giorni. Male Interiore (la mia età) è una sorta di riflessione finale, senza imporre nessuna risposta o conclusione bensì lasciando liberi gli ascoltatori di dare una personale interpretazione. In fondo sono cose che possono accadere a chiunque, quindi ognuno può dire la sua. La bonus track finale è la single version di L. …tu per sempre, quasi un concentrato del brano immaginato come un esperimento e gioco allo stesso tempo.
La terza novità è che si tratta di un disco molto suonato: in buona sostanza un live in studio!
Mi è sempre piaciuto realizzare un lavoro in modo live, senza sovraincisioni e aggiunte varie, proprio per cercare di rendere i brani più immediati. La voce è stata incisa qualche giorno dopo per ovvi motivi tecnici. Facemmo così con Atto I anche se in quella occasione incidemmo in un piccolo teatro mentre questa volta in sala di incisione. Abbiamo inciso nello studio di Giuseppe Di Gioia, che ha svolto un eccellente lavoro alla consolle: è stato molto bello vedere il suo spontaneo coinvolgimento durante l’intero lavoro. Percorsi gli è piaciuto immediatamente, già dalla sera di quel 28 agosto in cui avevamo appena finito di incidere.
Col senno di poi, osservando le cose in maniera anche distaccata, che differenze trovate tra Atto I e Percorsi?
Sono due lavori realizzati in periodi differenti, soprattutto pensati in modo diverso. Atto I è stato un lavoro più “semplice” nella sua complessità di miscelare vari stili. Fu divertente suonarlo ed inciderlo. Percorsi è un lavoro più “cerebrale”, potrebbe sembrare più irrequieto, con tinte più scure e sonorità più consistenti. Per esempio mi è piaciuto diversificare il suono del violino elettrico con un effetto di wah wah chiuso, che in alcuni momenti fa una specie di seconda voce di tappeto allo splendido timbro vocale di Grazia, mentre in altri frangenti rende il tutto in modo molto più umano e misterioso. Comunque la differenza fra i brani dei due lavori la si percepisce molto dal vivo… basta venire a sentirci!
Plurima Mundi ha da sempre una peculiarità: unisce il linguaggio rock con i percorsi accademici dei singoli membri. Un connubio popular-classico che prende il meglio da entrambe le aree, vero?
Indubbiamente il fatto che quasi tutti proveniamo da studi classici ci ha dato la possibilità di poter sviluppare i brani in modo quasi sinfonico, almeno dal punto di vista degli arrangiamenti. Ma non vogliamo passare per presuntuosi né vogliamo ostentare qualcosa, chi ci conosce sa che andiamo in direzioni opposte. Infatti durante la composizione ho cercato di far prevalere l’aspetto melodico, anche strumentalmente parlando. Perciò si sono evitati soli fini a se stessi a favore di un fraseggio in cui i singoli strumenti, compresa la voce, potessero esprimersi in modo più semplice e diretto. Anche l’intro di chitarra in Male interiore ha il suo significato, sembra voler risvegliare lentamente la mente da uno stato di oblio. Se si ha la voglia e pazienza di non fermarsi al primo ascolto, sarà possibile scoprire queste caratteristiche insieme al reale significato dei testi di Maria Giuseppina Pagnotta.
Plurima Mundi:
Massimiliano Monopoli: violino
Grazia Maremonti: voce
Massimo Bozza: basso
Silvio Silvestre: chitarra
Gianmarco Franchini: batteria
Lorenzo Semeraro: pianoforte