Era lei che faceva tutto e il re non muoveva paglia senza che lei lo sapesse.
Questo scriverà il memorialista francese Pierre de L’Estoile di Caterina de’ Medici, che fu regina consorte di Francia, dal 1547 al 1559, come sposa di Enrico II di Francia, e reggente dal 1559, nota con il nome di “la regina madre”. Ebbe un ruolo importantissimo nella storia politica francese di questi anni; anni molto complicati peraltro, in quanto la Francia era dilaniata dalle guerre di religione tra gli ugonotti e i cristiani.
Nipote del grande Lorenzo il Magnifico, era l’unica figlia di Lorenzo II de’ Medici e di Madeleine de la Tour d’Auvergne: nelle sue vene quindi scorreva sia sangue francese che italiano. Purtroppo, visto che entrambi i genitori morirono pochi giorni dopo della sua nascita, Caterina trascorse la sua infanzia tra un convento e l’altro, potendo però contare su un importante protettore: Giulio de’ Medici, ovvero Papa Clemente VII. E fu proprio lui a combinare il matrimonio tra Caterina e Enrico di Valois, il secondogenito del re di Francia Francesco I.
Era il 1533 e Caterina aveva quattordici anni quando lasciò il suo convento di Firenze per raggiungere la Francia, e con lei si dice che partirono circa sessanta navi: oltre le sue ricchezze e il suo corredo, portava con sé anche sarti, ricamatrici, gioiellieri, l’astronomo di fiducia e un gran numero di cuochi, pasticceri e sommelier, scelti tra i migliori di Firenze. Si dice che lei rimase subito colpita dal futuro marito, un ragazzo di bell’aspetto anche se cupo e malinconico, mentre lui rimase totalmente indifferente alla “duchessina”, come veniva chiamata Caterina, e questa sua freddezza durò per sempre. Certo, tutte le fonti sono concordi nel dire che non era affatto bella: bassa, minuta e un po’ goffa, solo gli occhi vivaci e attenti erano capaci di catturare l’attenzione.
Era però intelligente, volitiva e abituata a contare sulle sue sole risorse, e per questo si adoperò subito per guadagnarsi la benevolenza della sua nuova famiglia, che ottenne infatti molto presto: Francesco I, conquistato dall’attaccamento che le mostrava la nuora e dalle sue capacità intellettive, le concesse infatti di entrare a far parte della stretta cerchia di favoriti, la “petite bande”, che lo seguiva ovunque. Il grande cruccio di Caterina era però quello di non riuscire a farsi amare da un marito che lei amava invece moltissimo; un marito che invece aveva occhi per una sola donna, Diane de Poitiers, chiamata “la grande Siniscalca” e che aveva circa vent’anni più di lui. Questa donna è passata alla storia per il suo fascino irresistibile: scrive di lei Marguerite Yourcenar “la sua bellezza era così assoluta, così inalterabile, da occultare la personalità stessa di colei che ne era dotata”.
Caterina fu costretta ad accettare l’amante del marito, visto anche che per i primi nove anni di matrimonio non riuscì ad avere figli, e quindi su di lei incombeva l’accusa di sterilità e la minaccia del ripudio. Minaccia che era sempre più presente da quando, dopo la morte dell’erede al trono Francesco, Enrico, il secondogenito, diventava delfino ed era quindi destinato ad essere il futuro re di Francia: a questo punto, avere un erede sarebbe stato fondamentale. Quando finalmente, con un susseguirsi di maternità ravvicinate, Caterina diede alla luce dieci figli (dei quali solo sette sopravvissero) la situazione per lei migliorò notevolmente, se non altro perché non doveva più avere paura del ripudio. E la situazione migliorò ancora quando, nel 1559, il marito Enrico morì a causa di una ferita riportata durante una battuta di caccia: dopo ventisette anni di obbediente sottomissione, Caterina capì che era venuto il momento di uscire dall’ombra e prendere rapidamente in mano le redini del potere.
Iniziò a vestirsi sempre di nero come colore del lutto, capendo che in questo momento tutta la sua autorità derivava dal fatto di essere vedova e madre: mise al primo posto la devozione al marito scomparso e alla sua famiglia e la totale dedizione all’educazione dei suoi figli e ai loro interessi. E nelle lunghe lotte tra cattolici e protestanti che funestarono una buona parte del suo regno, Caterina fu una sostenitrice della tolleranza perseguendo sempre due soli obiettivi: salvare la corona dei suoi figli e la pace religiosa della Francia. E per molto tempo riuscì in questo, grazie alla sua grande capacità di persuasione, unita a un notevole acume psicologico e a un’arte consumata della dissimulazione. Queste doti facevano di lei una straordinaria mediatrice e un’abilissima diplomatica, in grado di rilanciare il dialogo anche nelle situazione più estreme.
Un elemento importante della strategia della regina madre per creare un clima propizio alla sua politica di pacificazione fu il ruolo centrale da lei attribuito alla vita di corte e al suo cerimoniale. Il suo regno fu un susseguirsi di feste, banchetti, concerti, giostre; Caterina mostrava così di attenersi all’esempio di Francesco I, il quale riteneva che “per vivere in pace con i francesi e assicurarsi il loro affetto erano necessarie due cose: tenerli allegri e impegnati in onesti esercizi… perché, se non fanno la guerra, i francesi si trovano occupazioni più pericolose”.
Sono passati alla storia soprattutto i banchetti da lei organizzati: del resto, era una buongustaia e portò in Francia molti alimenti di origine italiana, tra cui l’olio d’oliva, e soprattutto l’uso di un oggetto che a Firenze era già diffuso, mentre in Francia era ancora sconosciuto: la forchetta (i francesi infatti mangiavano ancora con le mani). Inoltre, fu lei a diffondere l’uso delle mutande presso le dame della corte francese in quanto, amando molto cavalcare, questo era un indumento essenziale.
Purtroppo, la politica di pacificazione voluta da Caterina non riuscì completamente: e infatti durante la sua reggenza, precisamente nella notte tra il 23 e il 24 agosto 1572, si assistette a uno degli episodi più sanguinosi della storia moderna, ovvero “la strage di San Bartolomeo”, con il massacro di tantissimi ugonotti presenti a Parigi e nei dintorni. Nella sola città di Parigi, furono uccise più di duemila persone, senza risparmiare donne e bambini. Non è ancora chiaro il ruolo di Caterina in questa vicenda: se all’inizio sembrò che fosse stata la prima a volere la strage, la recente storiografia ha invece di molto rivisto questa posizione, dicendo che lei fu costretta a ratificare decisioni già prese da altri. È innegabile che però questa fu per lei una vera sconfitta: anche se non l’aveva voluta, non era stata però nemmeno capace di misurarne l’atrocità e le conseguenze.
Certo è che, a partire da quel momento, nei confronti di Caterina fu emesso un verdetto di consapevolezza senza appello, e da quel momento non sarebbe stato più possibile per lei sottrarsi alla sua “leggenda nera”. Di lei è stato detto tutto: che fosse una donna malvagia disposta a ricorrere ai mezzi più estremi per conservare il potere, che fosse oltremodo superstiziosa e usasse spesso veleni e pozioni magiche. Fu accusata persino di essere una donna lussuriosa circondata da schiere di amanti: proprio lei che per tutta la vita amò e fu fedele a un solo uomo, suo marito. Forse le ragioni di tutte queste maldicenze sono state ben spiegate dal suo biografo Jean Orieux, che scrisse “i francesi non volevano obbedire ad una donna, e per giunta ad una donna straniera”.
In realtà, nonostante Caterina portasse in sé tutte le contraddizioni del suo tempo, ovvero quel Rinascimento tanto svafillante ma nello stesso tempo pieno di lotte e intrighi, è innegabile che lei agì sempre e soltanto per il bene della Francia e della sua famiglia. Caterina morì nel 1589 ; dopo la sua morte Enrico IV riprese la politica di tolleranza e di pacificazione da lei portata avanti, rendendo così omaggio al genio della grande regina fiorentina che, pur tra mille difficoltà, aveva permesso alla monarchia francese di superare una delle prove più difficili della sua storia.