Buck viene rapito è condotto tra i geli dei ghiacci in Alaska, qui diventa un cane da slitta all’epoca della ricerca dell’oro. Vive duramente tra uomini malvagi e semplici avventurieri. Fino a quando è tratto in salvo da John Thornton per mezzo del quale, riscopre nuovamente l’amore per gli esseri umani. Giorno dopo giorno la sua voce interiore si manifesta sempre più forte e prepotente da cui il dilemma: è una bestia addomesticata dall’uomo o un lupo selvaggio della foresta? Quei sogni che lo invadono ogni notte, sono le memorie ataviche del suo passato primitivo? Se dovesse scegliere tra una vita con Thornton e una vita preistorica nella foresta, cosa sceglierebbe?
Bizzarro...
Quando ho finito di leggere il romanzo, ho avuto un istante di razionalizzazione. In che senso mi chiederai tu! Nel senso che ho trasformato tutte le parole della storia, in nitide figure degne del miglior film di Kubrick: come un ponte che permette di attraversare incolume le sponde di un fiume in un nesso che collega innumerevoli fili invisibili; come le analogie tra le parole e le figure in una diretta a velocità in differita.
Concludendo...
Il richiamo della foresta è il libretto d’istruzioni di Jack, un testamento a tutti gli effetti, un’autobiografia vera e propria. Perché dico questo? Per due semplici ragioni: le due lettere dei nomi dei principali protagonisti del libro, Bu(ck) e Thornt(on) sono le stesse dell’autore, Ja(ck) Lond(on). Che i due protagonisti del romanzo siano le due persone esistenti in Ja(ck) Lond(on)? Il razionale è Thornton: il nobile essere umano; il London. L’istintivo è Buck: il lupo selvatico; il Jack. Jack London è stato un cercatore d’oro: proprio come Thornton. Jack London mangiava carne e pesce crudi: proprio come Buck. Nell’intera opera si descrive il mondo, attraverso la voce narrante di Buck e molto di rado ci sono conversazioni tra esseri umani, il che potrebbe significare due cose:
1- Jack guardava il mondo come lo guardava Buck;
2- Jack aveva le stesse necessità di Thornton.
In altre parole: Buck guardava Thornton; Thornton guardava Buck; ed entrambi guardavano (ovvero erano) Jack London. Erano gli specchi che riflettevano l’essere completo di Jack London. La stramba teoria spiegherebbe anche perché, alla fine lui decide di suicidarsi con un’iniezione letale di droghe. In Jack coesistevano due diversi caratteri: l’animale (il suo nome) e l’essere umano (il suo cognome). Il nome l’aveva appreso fin da piccolo nella sua infanzia violenta; il cognome, invece, l’aveva appreso nella sua maturità in Alaska. Con gli anni l’essere umano dentro di lui (cioè il debole) muore per l’abuso delle droghe e dell’alcol, rimane solo l’animale (cioè il forte) che da solo diventa debole: il sistema collassa, perde equilibrio e Jack si suicida.
Infatti...
Sono parecchi i passi notevoli, ma i migliori sono senz’altro quelli nei quali, si avverte la confluenza tra la vita vissuta da Jack London e la storia narrata nell’opera. Quali sono queste confluenze? Presto detto: tra il 1885/89 - quando Jack aveva 9/13 anni - acquistò una barchetta con cui esplorò in lungo e in largo la baia di San Francisco, sfogando la smisurata passione per il mare...
Pagina 27:
l’amore per l’acqua era per lui, come per tutte le razze allenate al freddo, un tonico e una protezione per la salute.
Nel 1890 - quando Jack aveva 14 anni - si diede alla piccola delinquenza e si fece coinvolgere in violente risse...
Pagina 32-33:
Buck sembrava davvero un demonio dagli occhi rossi [...] con il pelo ritto, la bocca schiumante, [...] Si scagliò contro l’uomo con i suoi sessantatré chili di furia, [...] Ma a mezz’aria, proprio quando le sue mascelle stavano per chiudersi sull’uomo, ricevette un colpo che frenò il suo slancio e gli fece serrare i denti con uno scatto doloroso. [...] Non era stato mai colpito con un bastone in vita sua e non capiva”.
Pagina 50:
Buck azzannò alla gola un avversario con la bocca schiumante e fu investito da uno spruzzo di sangue quando gli affondò i denti nella giugulare. [...] Mentre si avventava contro un altro si sentì addentare alla gola da Spitz che l’attaccava di fianco, a tradimento.
Da Il richiamo della foresta, traduzione di Laura Felici, introduzione di Mario Picchi, Newton Compton Editori, Live Deluxe, 2014, edizione integrale.
Continua l’8 febbraio...