Betty Zola nasce a Biella nell’aprile del ’71. A tredici anni, dopo le scuole dell’obbligo, inizia a lavorare. Il primo posto di lavoro è stato in una fabbrica dove si dividevano le stoffe, in zona c'erano molte fabbriche per il confezionamento di vestiti. Il contatto con la "materia" dunque, sin da subito, ha generato in lei un forte senso di attrazione. Ma è nel 2000 con l'acquisto di un libro di arte e tecnica della cartapesta che si è accesa la scintilla. È stata una rivelazione scoprire quante cose si possono realizzare con la carta. Davvero infiniti possibili utilizzi.
La carta per la giovane è stata una vera e propria rivelazione. Nel corso del tempo, senza rendersene conto, si è ritrovata in casa una collezione sterminata: pigne di ogni genere di carta. Carte da pacchi, carte da uffici, carte carbone, carte usate e nuove. Possiamo definire questo il punto di svolta che ha portato la giovane creativa alla sperimentazione nel vero senso della parola. "Collezionavo ogni tipo di carta, ma non avevo un'idea di cosa farne. Semplicemente la collezionavo. Della carta mi piace tutto: l'odore è la cosa che più adoro, ma è anche forte il piacere tattile e visivo. Andavo a cercarla nei mercatini dell'antiquariato. Già quando avevo 14 anni venivo a Milano a comprare libri alla Fiera di Senigallia. Spendevo somme consistenti (per le mie tasche) per acquistare libri gialli della Longanesi, quelli proibiti, con le pagine ingiallite dal tempo. Li portavano signori anziani in carretti tirati a mano", mi racconta emozionata Betty Zola.
La scelta non si limita all’effetto estetico che questo materiale può offrire, ma va ben oltre; il senso tattile che può avere - vellutato, ruvido, serico - combinato al profumo del vissuto impregnato tra le sue fibre, creano un seducente gioco di sensi, capace di proiettare l'osservatore in scorci di mondi onirici. Da anni Zola lavora con la carta, trattandola in modi diversi e l'uso di svariati tipi di colle rendono la superficie ricettiva sempre in maniera diversa. Nel corso della sua febbricitante sperimentazione ha accostato alla carta anche ferro arrugginito, vecchi legni, stoffe e altri materiali.
L'artista, immersa nella magia antica delle natie colline biellesi, raccoglie nella sua dimora-studio oggetti trovati, alla morte dei quali non si rassegna. Con la carta, materiale prediletto, con garze o seta, con catene o fili contorti di ferro, con legni scheggiati, con i relitti del tempo, costruisce teatrini, scenografie in scatola, messa in scena delle sue visioni e piccoli libri come manoscritti ritrovati. Tinge e manipola i suoi racconti con i toni che la terra produce: nero, ruggine, rosso, grigi e bianchi che mai saranno candidi. La ruggine, proprio la ruggine, per Betty Zola è una metafora, è il passaggio del tempo, come lo sono le rughe su un viso che però conferiscono il "carattere". Gli oggetti a un certo punto si rompono, vengono abbandonati e si arrugginiscono. Non servono più ma lei riesce a trasformare qualcosa di morto e ormai inutilizzato in qualcosa di vivo e vibrante. Una sorta di fata rinchiusa nel suo atelier a far magie di una malinconia struggente.
La svolta decisiva arriva nel 2013 quando conosce Alberto Casiraghy che, oltre ad essere l'editore/creatore di Pulcinoelefante, è poeta, scenografo, artista, musicista e tanto altro ancora, profondo amico della grande Alda Merini. L'atmosfera della della sua casa studio è quella di una fiaba senza tempo e lui, nonostante la sua fama, conserva un carattere umile... l'umiltà che contraddistingue i grandi. Proprio durante una di queste visite, Betty conosce Nicola Frangione, artista sperimentatore e pilastro della performance Italiana, ideatore di Harta: International Performance Art Festival, con il quale nasce una collaborazione per la realizzazione di un video che farà da spalla durante le sue performance il cui tema è “La voce in movimento”. Il video è stato realizzato grazie al genio creativo di Andrea Marinelli, giovane musicista e visual/artist molto apprezzato nel settore.
Carlo Oberti, noto artista bergamasco, è un "incontro" che apre per Betty Zola il circuito dei personaggi del mondo artistico brianzolo, così espone al MiMuMo di Monza, il museo più piccolo del mondo. Attualmente le opere di Betty Zola sono esposte presso la “Piscinacomunale Spaziodarteincopisteria” di Milano che, nonostante il nome, non è assolutamente una piscina ma, un luogo unico, con una storia straordinaria fatta di sodalizi artistici e di amicizie profonde e che ad oggi mantiene inalterato questo senso di calore umano. La mostra, intitolata Days è stata curata da Angela Di Lavore, filosofa, curatrice e professoressa di Media all'Accademia di Belle Arti.
Accedere nel suo spazio incantato è come entrare in un microcosmo, una sorta di ritorno al fantastico mondo di quando si è bambini dove… tutto è possibile.