Fabio Castelli è un grande esperto e collezionista di fotografia e, nel 2011, ha lanciato, Mia Fair una nuova fiera a Milano, dedicata al mondo delle immagini con una formula del tutto innovativa che, dopo soli due anni, guardando ai numeri (nel 2012 sono state registrate 20 mila presenze di visitatori, 211 mostre personali di fotografi e 268 espositori), si rivela vincente.
Alla vigilia della terza edizione di questo evento che si svolgerà dal 10 al 12 maggio, al Superstudio Più, Fabio Castelli racconta in dettaglio l’ideazione e l’impegnativo work in progress della sua manifestazione.
Mariateresa Cerretelli per WSI: Come è nata l'idea di MIA? E qual è il suo format?
Fabio Castelli: Il progetto è nato dalla mia passione per la fotografia cui sono arrivato attraverso quella per la grafica, iniziata moltissimi anni fa e, in particolare, quando fui colpito dall'intreccio che legava, nell'Ottocento, la pratica del cliché-verre alla fotografia: come avveniva per le prime lastre fotografiche così il cliché-verre era sostanzialmente un disegno su un vetro traslucido che, esposto alla luce, si trasmetteva su una carta fotosensibile, successivamente sviluppata e fissata.
Così iniziai a formare una raccolta scoprendo un mondo nuovo, per l'Italia, nel campo del collezionismo d'arte. Si sa che la fotografia sta ancora scontando un grave ritardo nel nostro Paese, sia dal punto di vista dell'accettazione culturale che da quello del mercato. Adesso finalmente le cose sono cambiate e da questa esigenza è nato il MIA: occorre mettere in campo tutte le energie necessarie per allineare la cultura e il mercato della fotografia agli standard dei Paesi Occidentali più avanzati. Una delle caratteristiche principali di questo evento è nella scelta di invitare, tramite un ristretto gruppo di selezionatori costituiti da noti critici e curatori, le gallerie in chiave monografica, presentando cioè un solo autore: questo metodo consente di evitare l'effetto "mercatone" dove ogni galleria presenta un po' di tutto. Quindi uno stand per ogni autore e per ogni autore un catalogo nel quale sono riprodotte tutte le immagini delle opere presentate nello stand con il testo critico e la biografia dell'autore stesso. I visitatori hanno la possibilità di poter raccogliere i cataloghi degli autori che li hanno colpiti tornando a casa con una memoria molto esaustiva di tutto ciò che hanno potuto ammirare in Fiera. Un altro aspetto fondamentale è la presenza di un importante numero di espositori nell'ambito dell'editoria, quella che noi chiamiamo la "piccola grande editoria", un settore che produce anche i libri di autore a tiratura limitata. È molto importante anche l’ampio spazio che si dà a molte iniziative culturali.
MC: Più di 20 mila visitatori nel 2012 e una sempre maggior attenzione dei media, del collezionismo e degli operatori del settore. Qual è la formula vincente?
FC: L'ottima risposta di operatori e di pubblico secondo me è dovuta al fatto che l'evento si pone non solo come una fiera tradizionale ma come un'occasione d’incontro e confronto su molti piani: l'interscambio tra artisti, galleristi e collezionisti; la possibilità per un pubblico non solo specializzato ma anche più generico di vedere concretamente le opere di decine e decine di artisti e di assistere alle tante iniziative culturali che costellano la manifestazione, dalle conferenze alle presentazioni di libri, agli eventi speciali, alla presenza di stand specializzati come l'editoria o i laboratori.
Il fruitore dell'evento, in definitiva, sia esso semplice amatore o raffinato intenditore, si rende conto direttamente della complessità e del fascino del linguaggio fotografico che finalmente anche in Italia ha preso il posto e il ruolo che merita nel mercato dell'arte, superando le divisioni tra una fotografia tradizionale, riconoscibile nei grandi autori, storicizzati e legati maggiormente a una fotografia di impronta realistica e documentaria, e una fotografia di artisti che si servono dello specifico linguaggio per realizzare opere più concettuali, simboliche e antirealistiche.
MC: Quali sono gli accorgimenti e le novità di quest'anno che rendono più appetibile a tutti il MIA?
FC: Ogni anno ci sforziamo di migliorare e arricchire l'offerta. Questa edizione vede in campo alcune novità tra cui la prima edizione del premio Tempo ritrovato, dedicata agli archivi da salvare; la presenza di espositori a supporto dell’attività dei collezionisti tra i quali laboratori di restauro, di stampa, di cornici e quanto occorre per una produzione di altissimo livello museale e un broker assicurativo specializzato; una sezione dedicata al rapporto tra artisti e i loro stampatori.
Agli artisti invece proponiamo l’iniziativa denominata Codice MIA, una lettura portfolio del tutto innovativa perché gli artisti selezionati potranno sottoporre i loro lavori, con colloqui individuali, a un panel di esperti internazionali di collezionisti e curatori, quindi direttamente a contatto con il mercato dell'arte, che potranno loro aprire nuove opportunità al di fuori dell’Italia. Inoltre gli artisti selezionati per Codice MIA concorreranno all’assegnazione di uno stand gratuito nell’edizione del 2014.
MC: Le gallerie che espongono al MIA sono soddisfatte? Hanno registrato nell'edizione del 2012 delle buone vendite anche in questo momento di crisi?
FC: Direi di sì, altrimenti non si spiegherebbe non solo la conferma del progetto iniziale ma il suo progressivo allargamento e arricchimento. Quando realizzammo la prima edizione, nel 2011, nessuno poteva essere sicuro del successo dell'iniziativa, soprattutto tenendo conto che siamo partiti, e stiamo continuando, in un periodo di gravissima crisi economica. Nonostante questo le vendite di opere delle edizioni precedenti si sono mantenute quando poteva essere offerto un buon rapporto qualità-prezzo, su livelli apprezzabilissimi. I fatti ci hanno dato quindi ragione, probabilmente perché abbiamo saputo cogliere un’esigenza reale che pervade il mondo della fotografia e il mercato dell'arte.
MC: MIA è anche una vetrina per valorizzare la fotografia italiana nel mondo? E, se è così, può citare qualche riscontro o giudizio positivo che arriva dalle realtà estere?
FC: Sicuramente la presenza di molte gallerie straniere e soprattutto di visitatori e operatori stranieri ci conforta sulle possibilità di far conoscere sempre più i nostri autori all'estero, dove effettivamente sono molto penalizzati proprio per i motivi cui accennavo nell’apertura di questa intervista.
Inoltre l'interesse internazionale sull'evento sta assumendo molte forme nuove e qui approfitto per anticipare una notizia che verrà ufficializzata durante la manifestazione e cioè che MIA Fair, con l'identico format, sarà proposto in futuro in Asia, precisamente a Singapore, con una presenza percentuale pressoché pari di gallerie asiatiche e occidentali, europee e americane.
MC: MIA Fair vuole essere un polo completo d'informazione costante per un collezionismo consapevole?
FC: La diversificazione descritta prima a proposito di come è strutturata la manifestazione e cioè la presenza di tanti “moduli di conoscenza” che si offrono ai fruitori dell'evento tendono a dare appunto una panoramica completa di cosa e come collezionare e gli strumenti offerti sono davvero tanti e diversi: dalla visone delle opere dei grandi nomi a quelle dei giovani esordienti; dalla fotografia vintage alla più moderna tecnica di presentazione come i video digitali o i light-box; dall'editoria specializzata che offre una panoramica di quanto si pubblica sull'argomento ai laboratori specializzati che fanno vedere e spiegano come avviene il processo di produzione; dalle conferenze più generali di riflessioni sullo statuto della fotografia a quelle più specifiche come, per esempio, gli ambiti e le possibilità del collezionismo fotografico. Si è cercato, in altri termini, di tastare le reali esigenze di chi, per i motivi più diversi, si occupa di questo mondo e stiamo cercando di fornire risposte adeguate.