I manifesti navali, che ancora oggi evocano la nostalgia dei viaggi per mare e dei porti brulicanti di vita, sono dei quadri, delle finestre aperte sul mare, scriveva tempo fa il giornalista e scrittore di viaggi Olivier Frébourg: “Per tutta la mia vita ho vissuto circondato da manifesti navali. Appesi in studio o in camera, gli ospiti hanno sempre pensato fossero muti, frammenti malinconici dei transatlantici di una volta. Eppure queste opere museografiche, ma animate, terribilmente viventi, escono dal loro torpore quando mi soffermo davanti a loro”.
I primi manifesti comparvero nell’Ottocento con la nascita delle grandi compagnie di navigazione, trasformandosi, durante la Belle Époque, in genere artistico a sé destinato ad attrarre viaggiatori amanti del lusso e dello charme da richiamare a suon di stucchi e arredi d’alta classe, mentre altri manifesti ritraggono i transatlantici con i fumaioli in piena attività, segno di quella, febbrile, delle caldaie fino a diventare più vivaci e cosmopoliti. Su un manifesto della Norddeutscher Lloyd del 1903 si vede ad esempio il Kaiser Wilhelm II con i quattro fumaioli e la grande prua, uniche scritte quella della compagnia e del porto di immatricolazione. Tempo dopo, su un manifesto della stessa compagnia, accanto allo scafo nero del Wilhelm der Grosse, compariranno, sotto un cielo blu, la Statua della Libertà, un tempio asiatico e Costantinopoli.
A fare la gioia di artisti e cartellonisti sarà anche il Mediterraneo con manifesti dai colori sgargianti ricchi di palme e aranci, e, dopo l’apertura del Canale di Suez, l’Oriente. Ritraggono gli indigeni mentre accolgono le navi al loro arrivo nei porti o indicano la rotta verso l’Africa, l’Oceano Indiano, i mari orientali, l’Australia, i manifesti, invece, dell’epoca delle esposizioni coloniali. Dopo la Prima guerra mondiale lo stile dei manifesti si adeguerà ai cambiamenti nel trasporto marittimo. Le navi ora sono più moderne, lontane dallo stile del transatlantico albergo classico. Si viaggia a ritmo di jazz, scriveva Olivier Frébourg.
Negli anni Trenta i transatlantici brillano di luce, come il Queen Mary, raffigurato mentre naviga di notte con le sue settemila lampadine accese. Le compagnie ormai fanno scalo in tutti i continenti. Le navi raggiungono l’Italia, la Grecia, l’Asia, l’Africa, il Mediterraneo, il Mar di Cina, il Pacifico. I manifesti che promuovono i viaggi verso l’India o l’Egitto abbondano di immagini di elefanti e cammelli. L’esotismo coloniale del viaggio sarà ben presto un ricordo. Negli anni Sessanta, con il boom dei viaggi aerei, e negli anni Settanta, con la crisi petrolifera, il manifesto navale conosce infatti il suo declino. Tramontata l’era dei transatlantici, oggi le rotte sono attraversate da navi crociera, sempre più città galleggianti destinate a vere e proprie vacanze fatte di scali giornalieri, svaghi e divertimenti. È ormai lontana una certa filosofia della vita di bordo e del viaggio per mare, che, grazie alla collezione Cadringher, è ora possibile ammirare in tutta la sua bellezza.
La storia dei viaggi per mare attraverso i manifesti delle tante compagnie navali che dall’Ottocento al Novecento hanno percorso le rotte mediterranee e transatlantiche trasportando viaggiatori d’alta classe, funzionari coloniali, militari, emigranti, turisti, commercianti, è quella raccontata da Anne Wealleans, storica del design, e Gabriele Cadringher, cui si deve la preziosa collezione, in Manifesti navali di Jaca Book.