Negli ultimi anni e in particolare con l’avvento del centenario della Prima guerra mondiale, sono stati scritti e pubblicati migliaia di libri che hanno come argomento questo importante evento storico. La maggior parte degli storici accademici, ma anche giornalisti o scrittori che mai avevano affrontato l’argomento si sono sentiti in dovere di dare alle stampe il loro contributo alla ricerca e alla storia della Grande Guerra. Spesso però questo contributo non è stato altro che una semplice ed ennesima versione della storia ufficiale della Prima guerra mondiale, che niente di nuovo ha portato alla ricerca se non quello che è comunemente reperibile in qualsiasi libro di storia o per chi è un po’ più dentro all’argomento e fa delle ricerche anche archivistiche, alla documentazione reperibile presso gli archivi storici militari come quello, nel caso del nostro Paese, che si trova a Roma, il tutto arricchito da qualche commento e considerazione personale per cercare di dare unicità al proprio testo.
Abbiamo così avuto decine di libri, e questo vale sia per quanto riguarda l’editoria italiana ma anche inglese e francese e di altri stati ex belligeranti, che si possono catalogare sotto la voce “Storia della Prima guerra mondiale” il cui unico apporto interessante alla ricerca forse può essere la presenza di qualche foto inedita, caso però alquanto raro, visto che già negli anni passati sono stati pubblicati grossi volumi ricchi di immagini del fronte soprattutto di quello occidentale, con foto provenienti da archivi per la maggior parte inglesi, francesi e tedeschi, quindi a meno di riuscire ad avere accesso a qualche fondo fotografico inedito, le foto che girano per questi libri sono sempre le stesse viste e riviste.
Altro genere di libri che possiamo trovare tra gli scaffali dedicati alla Prima guerra mondiale sono quelli che possiamo considerare di “fanta-storia”, argomento che va molto di moda ultimamente, visto che sembra ormai che l’argomento Grande Guerra sia stato sviscerato in tutti i suoi aspetti possibili e immaginabili. Libri di “fanta-storia” si diceva, cioè quelli in cui gli autori affrontano eventi storici reali e battaglie da un punto di vista di ipotesi: "Questa battaglia avrebbe potuto avere un altro esito se… " Oppure: "Siamo sicuri che quest’altra battaglia ha avuto l’esito che ha avuto per questi motivi, o forse sono state altre le motivazioni a far sì che l’esito fosse quello che conosciamo?" ... e ancora: "Certi massacri si potevano evitare o erano voluti dagli stati maggiori per motivi a noi sconosciuti?" e via di questo passo. Spunti a volte anche interessanti, se si vuol passare il tempo, molto spesso argomentazioni di cui possiamo farne decisamente a meno, che niente portano a chi vuole avvicinarsi o affrontare l’argomento in maniera critica e storicamente attendibile.
Altro genere i libri che raccontano della vita al fronte e nelle retrovie basandosi e riportando brani di diari e lettere scritte dai soldati. Durante la Grande Guerra nel solo fronte italo-austriaco furono scritte quasi 4 miliardi di lettere, per fortuna molte giunte fino ai giorni nostri. Quindi possiamo dire che il materiale da cui partire non manca, e infatti, in occasione di questo centenario, molti nipoti di soldati che hanno partecipato alla Grande Guerra e che in qualche maniera sono venuti in possesso delle lettere scritte dai propri nonni in trincea, per ricordare il loro sacrificio, hanno pubblicato, quasi sempre a proprie spese, libretti che raccolgono queste importanti testimonianze di vita vissuta. Interessanti senz’altro per i propri familiari ma a volte anche per i ricercatori che magari in esse ritrovano particolari su zone ed eventi che magari la storiografia ufficiale non ha approfondito se non dimenticato del tutto.
Nella stessa categoria possiamo includere anche tutti quei libri che son stati scritti, da qualche cittadino appassionato o quantomeno volenteroso, per ricordare i soldati caduti e non del proprio paese. Anche se a volte questo genere di pubblicazioni non riportano niente più che le schede dei caduti, qualche foto personale, la foto del monumento al centro del paese, e nel migliore dei casi qualche storia che aiuti a identificare e a inquadrare meglio la vita di questi uomini in guerra e prima di partire per il fronte, questo genere di pubblicazioni possono essere quantomeno apprezzate per l’onestà di intenti e per il lavoro di ricerca svolto dagli autori quasi sempre a loro spese e nel loro tempo libero. Ciò non toglie che a volte questi testi sono anche interessanti per comprendere come si viveva in un paese italiano agli inizi del secolo. Normalmente questo genere di pubblicazioni mancano completamente per i grandi centri urbani, vuoi per il gran numero di caduti, vuoi per le difficoltà di reperire documentazione in proposito. Molto più semplici gli iter da seguire nei piccoli comuni italiani per questo tipo di ricerche.
Lasciando da parte tutta questa miriade di pubblicazioni, spesso anche per ammissione degli stessi autori, di livello amatoriale, e considerando solo quelle dei “professionisti” della storiografia, nonostante le centinaia di libri pubblicati in questi ultimi vent’anni anni, molti anche di un notevole spessore storico e letterario, quando qualcuno chiede un suggerimento su quale titolo può essere utile per avvicinarsi all’argomento Grande Guerra, le indicazioni vanno sempre verso quelli che possiamo considerare come le pietre miliari della storiografia del primo conflitto mondiale. Solo per restare nell’ambito del fronte italiano per esempio: Trincee, confidenze di un fante di Carlo Salsa; Diario di un imboscato di Attilio Frescura, Viva Caporetto! La rivolta dei Santi Maledetti di Curzio Malaparte; La Guerra in Ampezzo e Cadore e la Guerra in Comelico di Antonio Berti per quanto riguarda autori italiani, ma anche 1916-1918 La Grande Guerra sul Pasubio di ViKtor Schemfil o Guerra sulle Alpi di Fritz Weber per citare autori austriaci.
Poi un discorso a parte, restando sui “classici”, è doveroso farlo per due autori e ricercatori che hanno fatto scuola per molti di quelli che da anni sono appassionati di questo argomento: Walther Schaumann e Gianni Pieropan.
Schaumann fu il primo assieme a Pieropan, quest’ultimo per quanto riguarda il fronte degli Altopiani, tra gli autori “moderni” ad affrontare la storia e soprattutto la memoria della Grande Guerra senza la retorica che aveva contraddistinto fino ad allora le celebrazioni delle associazioni d’arma nate quasi tutte negli anni Venti, e i testi del ventennio, con lo solo scopo di far conoscere, a chi avesse voluto percorrere le trincee del fronte italo-austriaco, quello che quattro anni di battaglie, sacrifici, sofferenze, morte avevano indelebilmente lasciato sul territorio, raccontandone, non solo lo stato attuale, il modo di raggiungere e percorrere questi luoghi, ma anche quello che lì era successo, senza retorica e come diceva Schaumman per “...unire quello che la guerra aveva diviso”.
Credo che quelli della mia generazione o quantomeno quelli che si sono appassionati a questo argomento negli stessi miei anni (ormai ne sono passati quasi una trentina), possano, non senza una punta di orgoglio ma ovviamente con i dovuti limiti, considerarsi “figli” di questi due grandi personaggi.